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LA FONDAZIONE CAPONNETTO RINGRAZIA IL COLONNELLO ZULIANI PER L'OTTIMO LAVORO SVOLTO

Il 10 agosto 2016 il Colonnello dell’Arma dei Carabinieri dott. Roberto Zuliani, lascia il servizio attivo.
Sintesi estrema degli incarichi più significativi in materia di lotta al crimine organizzato
Friulano di nascita, nel 1986, da giovane Ufficiale, viene assegnato in qualità di Comandante al Nucleo Operativo Radiomobile, Compagnia Carabinieri di Ancona, dove rimane fino ad aprile 1988.
Successivamente venne trasferito al reparto Operativo Carabinieri di Milano in qualità di Ufficiale Comandante della 1^ Sezione, dove rimase fino al 1992 impegnato a pieno titolo nelle investigazioni che portarono all’avvio dell’inchiesta meglio conosciuta come “Mani Pulite”. Era il pomeriggio di lunedì 17 febbraio 1992. Tutto partì con l’arresto del presidente del Pio Albergo Trivulzio, Mario Chiesa; l’uomo venne fermato dopo aver incassato una tangente da 7 milioni dall'imprenditore Luca Magni titolare di un'impresa di pulizie. «Questi soldi sono miei» urlò Chiesa. «No, ingegnere, questi soldi sono nostri», replicò ZULIANI. Tangentopoli inizia da qui. «Tutto parte da una denuncia di un’associazione degli artigiani, avevo contatti col responsabile. Io mi occupavo di racket, estorsioni, sequestri», ricorda Zuliani. L’imprenditore esasperato era Luca Magni, titolare della Ilpi di Monza, un’impresa di pulizie che aveva contratti col Trivulzio. Il 14 febbraio Magni racconta così tutto ai carabinieri di via Moscova e Zuliani riferisce al magistrato con cui lavora: quel magistrato era Antonio Di Pietro.
Il trasferimento arrivò per ZULIANI  in quello stesso anno; ottenne il Comando della Compagnia Carabinieri di Lamezia Terme (CZ) e vi rimase fino al 1996, allorquando tornò a Milano per essere assegnato al Reparto Operativo Speciale – Sez. Anticrimine.
Venne trasferito ancora nel 1998 per assumere l’incarico di Comandante della 1^ Sezione del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Roma, dove rimase fino al 2002.
Dal 2002 e fino al 2005 fu incaricato dal Comando Generale dell’Arma di svolgere le funzioni di consulente e di Ufficiale superiore di collegamento dell’Arma presso la Commissione Parlamentare Antimafia.
Dal febbraio 2005 al settembre 2008 fu trasferito allo Stato Maggiore della Difesa – Reparto Informazioni e Sicurezza, per assumere l’incarico di capo della Sezione “Terrorismo e Criminalità Organizzata”, Ufficio Analisi Minaccia Asimmetrica.
Dal 2008 al 2010 è stato Comandante Provinciale dei Carabinieri a Gorizia ma nel 2010 ritorna nuovamente a coadiuvare le attività antimafia e viene posto quale Comandante Provinciale dei Carabinieri a Caltanissetta, dove rimane sino al 2013.
Dal settembre 2013 assunse l’incarico di Capo del Centro Operativo della Direzione Investigativa Antimafia di Padova e della dipendente Sezione Operativa di Trieste.
Tre anni vissuti troppo velocemente per i suoi uomini, ma che hanno contribuito a rinsaldare il legame con le autorità territoriali e con la magistratura del Triveneto. Grande conoscitore delle dinamiche trasformiste delle associazioni mafiose, ha improntato la sua direzione operativa insistendo sulla professionalità di un ufficio investigativo come la D.I.A. che si pone come modello all’avanguardia di analisi e di intervento nel contrasto alle mafie. Occuparsi di mafia nel Triveneto  significa riconoscerne il trasformismo e la capacità di adattamento ai singoli territori, pur se funzionale resta l’apporto dell’associazione rispetto al nucleo originario. “Qui la criminalità organizzata agisce da tempo in maniera più felpata: non si renderà mai protagonista di estorsioni violente, incendi o sparatorie perché darebbero troppo nell’occhio. No, nel Veneto e più generale al Nord la criminalità organizzata agisce accostandosi a imprenditori ed esercenti facendo capire quali sono le regole». Un metodo «sommerso», molto più difficile da far emergere e soprattutto che trova molta reticenza ad essere denunciato: «Mancano le denunce e il nostro lavoro dunque è più complicato – ammette Zuliani – ma non per questo va abbassata la guardia. Anzi».(intervista tratta da Il Mattino di Padova del 2 febbraio 2016)
La Fondazione Caponnetto ringrazia il Col. ZULIANI per il grande contributo offerto come uomo delle istituzioni a questo Paese ed è certa che la professionalità maturata in apparati investigativi così importanti nella lotta al crimine organizzato, la passione, la tenacia da friulano doc, insieme alla capacità di incoraggiare e sorridere, non saranno dimenticate; perché, come ammetteva il giudice Caponnetto, questo Paese ha più di ieri un disperato bisogno di rinnovare la propria memoria storica, non con il semplice racconto di eroi, ma attraverso una ricerca corale di giustizia sociale e di  grande passione civile.


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