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Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-08909
Atto n. 4-08909
Pubblicato il 23 marzo 2018, nella seduta n. 1 della 18ª legislatura
LUMIA - Al Ministro dell'interno. -
Premesso che, a quanto risulta all'interrogante:
Ignazio Cutrò è un testimone di giustizia che ha denunciato in modo chiaro e netto la presenza mafiosa nel proprio territorio. L'attività processuale, successiva alla sua denuncia, sta a dimostrare il concreto contributo che ha saputo offrire alla giustizia ed il coraggio avuto nel rompere il muro di omertà, in un contesto locale ad alto rischio con una presenza mafiosa che mai aveva subito l'onta della denuncia;
Ignazio Cutrò è stato un testimone antesignano dell'opzione, contenuta nella legge di riforma approvata di recente in Parlamento (disegno di legge n. 2740 del 21 dicembre 2017), di consentire ai testimoni di giustizia di rimanere nel proprio territorio dimostrando così che la scelta di legalità non arretra e, al contrario, si radica in quegli stessi territori dominati dalla presenza mafiosa, facendo così in modo che siano piuttosto gli stessi boss mafiosi a sentirsi estranei al loro contesto abituale: affaristico, politico, familistico;
prima dell'approvazione della riforma antimafia, quest'opzione era priva di copertura normativa e rimaneva carente della necessaria esperienza e capacità organizzativa dello Stato di supportare i testimoni, che avevano optato di rimanere nel proprio territorio;
da ciò sono scaturite spesso incomprensioni, divergenze e contrasti, anche giudiziari, che innanzitutto non fanno bene agli stessi testimoni, che vengono esposti ad ulteriori difficoltà, rispetto a quelle già subite quotidianamente, sino al punto di stremarli fisicamente e psicologicamente e far loro perdere quella carica motivazionale decisiva che li ha portati a denunciare e a diffondere positivamente i valori di legalità agli altri cittadini, che ancora vivono nella paura o sono ancora avvolti nel contesto omertoso;
anche per lo stesso Stato, i conflitti con i testimoni diventano deleteri e fanno diminuire quella funzione di tutoraggio e protezione che in modo solenne lo Stato dichiara, quando incita alla scelta di denunciare. Al di là del merito delle controversie, il conflitto, nei suoi effetti sociali, rischia di diventare a "somma zero" e la lotta alla mafia di subire una considerevole battuta d'arresto;
Ignazio Cutrò è stato anche una guida per l'associazione "Testimoni di giustizia". Cutrò ed altri coraggiosi testimoni infatti si sono fatti carico di capire i limiti legislativi della normativa vigente e hanno sollecitato le istituzioni ad intervenire con un programma di riforme adeguato per superare i limiti incontrati lungo gli anni di applicazione della legge. Si è arrivati così ad un testo di riforma che li ha visti protagonisti di un lavoro che prima la Commissione parlamentare antimafia e successivamente il Parlamento hanno saputo tradurre in un sistema normativo che ha trovato un consenso unanime tra le istituzioni e tra gli stessi testimoni;
oggi Cutrò si trova a soccombere in una delle controversie con lo Stato su un punto delicato come la protezione personale propria e della propria famiglia, al punto tale che lo stesso Cutrò dichiara: "Prendo atto che il ricorso da me presentato al Tar Lazio contro la revoca, da parte della Commissione Centrale, delle speciali misure di protezione adottate nei miei confronti e della mia famiglia è stato rigettato. Continuerò a testimoniare gli ideali di giustizia e proseguirò il mio impegno contro le mafie ed a sostegno dei testimoni di giustizia nonostante lo Stato oggi abbia unilateralmente voltato le spalle a me, mia moglie ed i miei figli. Le ragioni della mancata proroga delle speciali misure di protezione non stanno nel venir meno del rischio di pericolo di vita né tantomeno a causa delle mie proteste. Nulla di tutto ciò! Io sono ritenuto colpevole di avere dato voce a chi, con coraggio civile, aveva affidato la propria stessa vita allo Stato ed in cambio aveva ricevuto da esso solo sofferenza e isolamento. Alquanto ridicola poi l'affermazione che la famiglia Cutrò non è esposta ad alcun concreto pericolo di vita. Forse una passeggiata per Bivona aiuterebbe la Commissione Centrale a schiarirsi meglio le idee. Sulla mia persona e sulla mia famiglia viene riversato aspro rancore per non essere scesa a più 'miti consigli' da parte di chi nelle Istituzioni mi chiedeva di farmi da parte o nella migliore delle ipotesi di farmi i fatti miei. Ora la mia vita, la mia stessa vita e quella di mia moglie Giuseppina e dei miei due amati figli, Giuseppe e Veronica, sono nelle vostre mani e in quelle di chi nelle Istituzioni credono che lo Stato debba fare la sua parte, nella lotta contro le mafie, fino in fondo senza se e senza ma. Io ho fatto tutto il possibile: non ho ceduto alle estorsioni, ho testimoniato nei processi, sono stato promotore con la mia Associazione di ben tre leggi sui testimoni di giustizia e di altrettante inchieste sui testimoni da parte della Commissione Parlamentare Antimafia. Oggi alzo le mani, non in segno di resa, ma per chiedere a ciascuno di voi di alzare alta la vostra indignazione";
alla luce della nuova normativa che immette nel rapporto tra Stato e testimone una particolare cultura di dialogo e di cooperazione in grado di camminare insieme e che richiede di eliminare alla radice le principali incomprensioni che spesso sfociano in devastanti conflitti,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo intenda rivedere le posizioni dei cosiddetti testimoni storici, tra cui Ignazio Cutrò, al fine di sanare i conflitti e di trovare le necessarie intese, aprendo così una stagione di dialogo e cooperazione in grado di dimostrare che lo Stato non abbandona i testimoni, ma li protegge e li supporta al meglio nel lungo e complicato percorso della denuncia e soprattutto durante la successiva e difficile vita quotidiana.
Comando Provinciale di Lucca - Vagli Sotto (LU), 14/08/2024 10:44 Tutto è partito da una denuncia presentata la fine dello scorso anno presso il comando Stazione Carabinieri di Camporgiano dal competente ufficio ENEL Distribuzione s.p.a. che aveva lamentato nel comune di Vagli Sotto, la sottrazione di 15 chilometri del prezioso conduttore in rame che componeva la linea elettrica in alta tensione denominata “Gorfigliano”, al momento inoperante, che si dilunga parallelamente alla Strada Provinciale 50. Da quel momento erano partite le indagini dei militari che hanno dovuto eseguire minuziosi accertamenti, resi più complicati dal fatto che il furto, probabilmente consumatosi in momenti diversi, era avvenuto diverso tempo prima rispetto alla presentazione della denuncia. Dai sopralluoghi era emerso che i presunti autori avevano di fatto sfilato i cavi, del peso di circa 10 tonnellate e valore commerciale aggirante sui 40.000 euro, caricandoli poi su un camion della società per la quale s