FOCUS
FONDAZIONE CAPONNETTO SU CHI E PERCHE' VUOLE UCCIDERE PAOLO BORROMETI
a cura di Salvatore Calleri (e di tutto il gruppo della Fondazione Caponnetto)
CHI
VUOLE UCCIDERE PAOLO BORROMETI
Recentemente
è stato, grazie al lavoro della DDA di Catania diretta dal Proc.
Zuccaro, che non smetterò mai di ringraziare per questo, sventato un
attentato al giornalista Paolo Borrometi.
La
solidarietà è stata tanta. L'attenzione mediatica su Paolo pure...
Ma è mancata una vera e propria analisi su chi era stato incaricato
di fare l'attentato e soprattutto sulla loro forza e diffusione sul
territorio italiano e non solo.
E'
quasi apparso che la questione di uccidere Borrometi fosse locale, ad
opera di cosche minori.
In
particolare sono stati commessi 3 errori gravi di valutazione.
Errore
n°1 - la mafia moderna non spara più.
La
mafia moderna ha sempre mantenuto attivo il braccio armato oltre al
braccio economico. La mafia moderna è internazionale e si confronta
con gruppi narcos ed attualmente esistono delle guerre di mafia
transnazionali.
L'attentato
ad Antoci e l'autobomba di Limbadi poi dimostrano la presenza dei
gruppi armati sempre pronti ad agire.
Errore
n° 2 - la mafia siciliana è palermocentrica.
L'asse
delle cosche siciliane da tempo è spostato su Catania-Agrigento che
rappresentano il modello vincente.
Errore
n°3 - l'esser caduti nel tranello della delegittimazione di chi
combatte la mafia.
Da
tempo, cosa nostra in primis, è in atto una campagna di
delegittimazione e molti big della lotta alla mafia sono rimasti
impietriti e tiepidi oltre che speranzosi che le polemiche non
toccassero a loro. Strategia micidiale che ha portato la mafia a
riemergere in modo forte.
TRASCRIZIONE
INTERCETTAZIONI ATTESTANTE IL MANCATO ATTENTATO A BORROMETI
“Ancora,
le intercettazioni evidenziavano la condivisione di propositi
criminali tra VIZZINI Giuseppe e GIULIANO Salvatore nonché il comune
interesse alla difesa della 'reputazione' .
Così
al progr. 197 del 8.1.2018, a VIZZINI Giuseppe che ingiuriava il
giornalista d'inchiesta Borrometi del giornale online 'La Spia', il
GIULIANO consigliava di farlo ammazzare (Vizzini G. 'Stu lurdu',
Giuliano S.: 'Lo so,
ma questo, ma che cazzo di p.i. È, ma perchè non si ammazza, ma
fallo ammazzare, ma che cazzo ti interessa'). Al
progr. 291 del 20.2.2018 VIZZINI Giuseppe alludeva minacciosamente
sempre al Borrometi, accumandosi come suo obiettivo polemico insieme
ai GIULIANO ('indagati, VIZZINI Simone, perché trovato in
possesso di una tuta! Dopo due mesi! E va bene (sospira)! Ormai siete
a servizio di BORROMETI! E mi denunciassero! Siete a picciotti di
BORROMETI, BORROMETI! Siete a picciotti, tutti, di BORROMETI! Dice,
come? Tranquillo! BORROMETI, ormai, viene qua e vi dice cosa dovete
fare!
PICCA
N'AVI (poco ne ha). Ti devi solo vergognare! E deninciami, e ma
suchi! Vedi che ti ho minacciato di morte, che ma suchi!' 'Eh, logico
tanto! Non lo capiamo, che...! Ormai siamo attaccati, da un
giornalista... P.I... droga, estorsione, mafia, clan, quello,
l'altro...i GIULIANO hanno perso...! Ma chi sono questi GIULIANO?
Loro lavorano'). Ancora, al
prog. 345 del 20.2.2018 VIZZINI Giuseppe commentava con i figli le
parole di Salvatore GIULIANO il quale forte dei suoi legami con i
Cappello di Catania, per eliminare lo scomodo giornalista stava per
organizzare un'eclatante azione omicidaria (VIZZINI. G: '…
se sballa.. se sballa.. che deve succedere picciotti (si
riferisce a Salvatore GIULIANO) ! Cosa deve succedere!
Succederà l'inferno! Ma non per i ...P.I..! Mentre già lo so!...
P.I., casa affittata a Pozzallo, P.I., quindici giorni, via, mattanza
per tutti e se ne vanno;
'scendono..
scendono.. scendono una deci... una decina (abbaia
il cane)... una cinquina..
cinque o sei catanesi, macchine rubate, una casa in campagna, uno
qua, uno qua... la sera appena si fanno trovare, escono..dobbiamo
colpire a quello! Bum, a terra! Devi colpire a questo, bum a terra! E
qua c'è u iocufocu (fuoco di artificio)! Come c'era negli anni 90,
in cui non si poteva camminare neanche a piedi; VIZZINI
Simone: così si dovrebbe
fare!; VIZZINI
Giuseppe: mi disse: lo sai che
ti dico Peppe? Ogni tanto un morticeddu (fonico), vedi che serve! Per
dare una calmata a tutti! Un morticeddu, sai così... P.I... un
morticeddu, c'è bisogno... così si darebbero una calmata tutti gli
sbarbatelli, tutti mafiosi, malati di mafia! Un murticeddu...)”.
CHI
SONO I CLAN GIULIANO E CLAN CAPPELLO
Dopo
la suddetta intercettazione vediamo chi è il CLAN GIULIANO di
Pachino che si rivolge al CLAN CAPPELLO.
Il
CLAN GIULIANO e la sua forza sono ben esemplificate nel rapporto del
1° sem 2017 della DIA che dice:
“...nei
territori di Cassibile e Pachino operano rispettivamente il clan
LINGUANTI (rappresentante in quella fascia di territorio di una
filiazione del clan TRIGILA) ed il clan GIULIANO (fortemente legato
ai già citati CAPPELLO), di cui si colgono segnali di
riorganizzazione. Proprio nei confronti di un elemento di spicco dei
CAPPELLO, imprenditore siracusano operante nel movimento terra e nel
trasporto merci, nel mese di giugno la D.I.A. di Catania ha
confiscato beni per oltre 1,3 milioni di euro, su provvedimento del
Tribunale di Siracusa. Anche nella provincia in esame, il traffico e
lo spaccio di stupefacenti rimangono settori essenziali nelle
strategie dei clan aretusei, al punto da polarizzare gli interessi di
più gruppi criminali. Emblematica, al riguardo, è l’operazione
“Aretusea”, conclusa nel mese di aprile dalla Polizia di Stato e
dall’Arma dei Carabinieri, che ha fatto luce su come tre sodalizi,
capeggiati da elementi di spicco del clan URSO-BOTTARO-ATTANASIO,
abbiano operato in stretta collaborazione, per monopolizzare le
piazze di spaccio del capoluogo. Da segnalare, ancora, i consistenti
rinvenimenti di sostanze stupefacenti sulla costiera siracusana,
prospiciente alla fascia jonica”.
Il
ruolo forte della mafia a Pachino si evince pure molto bene nella
interrogazione presentata recentemente dall'ex sen. Giuseppe Lumia:
“Atto
n. 4-08911
Pubblicato il 23 marzo 2018, nella seduta n. 1 della 18ª legislatura
LUMIA- Al Ministro dell'interno. -
Pubblicato il 23 marzo 2018, nella seduta n. 1 della 18ª legislatura
LUMIA- Al Ministro dell'interno. -
Premesso
che, secondo quanto risulta all'interrogante:
nella
famosa ed operosa cittadina di Pachino (Siracusa) l'interrogante
segnala da tempo un'emergenza per una seria recrudescenza criminale e
mafiosa, ultimamente balzata agli onori delle cronache per le
inchieste giornalistiche del giornalista Paolo Borrometi, sulla
testata on line "LaSpia" ed anche per la
bomba carta fatta esplodere sotto l'auto dell'avvocato Adriana
Quattropani che, per decisione del giudice per la procedura
fallimentare di Siracusa, stava effettuando l'immissione in possesso
di un distributore di benzina al legittimo proprietario;
già
nel corso del 2016 l'interrogante aveva presentato un atto di
sindacato ispettivo (4-06329) per segnalare che nel territorio di
Pachino opera Salvatore Giuliano (detto Turi sdentato), già
condannato ai sensi dell'articolo 416-bis del codice penale e
con precedenti per traffico di sostanze stupefacenti, estorsioni ed
usura, oggi nuovamente a processo per le minacce di morte e tentata
violenza privata aggravata dal metodo mafioso nei confronti del
giornalista Paolo Borrometi;
il
25 maggio 2014 (con turno di ballottaggio il 9 giugno) si sono svolte
le elezioni amministrative e, come ha affermato il prefetto di
Siracusa, dottor Gradone, con giusta nota (protocollo n. 3132, del 3
marzo 2015) alla Commissione d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e
sulle altre associazioni criminali, anche straniere, della quale
l'interrogante fa parte e ripresa dal giornalista Borrometi, si
precisa: "proprio nell'anno in corso si è avuto modo di
verificare un tentativo di infiltrazione dei sodalizi mafiosi
nell'apparato amministrativo nel Comune di Pachino. Si è in
particolare accertato il tentativo, non riuscito, da parte di
Salvatore Giuliano, personaggio di spicco della criminalità
organizzata locale, recentemente scarcerato, di fare eleggere un
Sindaco a lui gradito. Tale progetto era, evidentemente, finalizzato
ad ottenere favori dall'amministrazione comunale, quali
l'aggiudicazione d'appalti, commesse a trattativa privata, posti di
lavoro ed altre attività";
nel
comprensorio di Pachino insistono due importanti mercati: quello
ittico (a Portopalo) e quello ortofrutticolo (con particolare
riferimento al pomodoro ciliegino conosciuto e di alta qualità che
prende il nome dal posto, e alla gestione della "campagna delle
angurie"). Settori nei quali, ancora oggi, i produttori agricoli
sarebbero soffocati dall'imposizione di due tipi di estorsione: il 3
per cento sulla produzione e l'obbligo di rivolgersi a ditte di
autotrasporti "amiche" (ci sarebbe direttamente
l'interessamento del capo clan Trigila);
a
Pachino, addirittura membro del consorzio locale (come risulta dalle
inchieste giornalistiche di Borrometi), insiste un'azienda agricola,
la "Fenice Srl", che risulta intestata a Gabriele Giuliano
(figlio del capomafia Salvatore) ed a Simone Vizzini (figlio di
Giuseppe Vizzini). Tale società venne realizzata nel settembre 2013,
poche settimane dopo l'uscita dalla galera del capomafia Salvatore
Giuliano. Essa servirebbe anche per realizzare alcune estorsioni
indirette ai concorrenti produttori agricoli;
lo
stesso Salvatore Giuliano sovrintenderebbe alle estorsioni nel
comprensorio di Pachino, arrivando fino alla vicina città di
Rosolini, con l'aiuto di diversi altri personaggi del luogo, quali i
fratelli Giuseppe, Claudio e Giovanni Aprile oltre a Giovanni
Tuminello, Davide Russo, Benedetto Cannata (già coinvolti e
condannati nel processo "Nemesi" che prese l'abbrivio
dall'omonima operazione di pubblica sicurezza) e Giuseppe Vizzini
(meglio conosciuto con il soprannome di Peppi Marcuotto);
a
Pachino insiste ancora oggi un vero e proprio sistema relativo alla
gestione illegale dei videopoker che frutterebbero migliaia di
euro al clan. Proprio per volere di Pinuccio Trigila la
gestione sarebbe passata di mano, da Gaetano Liuzzo Scorpo a
Salvatore Collura (prima del suo arresto). Sarebbe sempre il
capomafia Pinuccio Trigila a comandare che una parte degli ingenti
guadagni (400 euro al mese), vadano direttamente alla moglie
Nunziatina Bianca e ad Angela, la figlia;
secondo
gli elementi informativi a disposizione dell'interrogante, due
consiglieri comunali, Salvatore Spataro e Massimo Agricola, risultano
nelle citate informazioni che la Prefettura di Siracusa inviò alla
Commissione antimafia, come "sostenuti del capomafia Salvatore
Giuliano" e candidati a sostegno del candidato sindaco che venne
sconfitto nel corso delle elezioni amministrative del 2014
dall'attuale primo cittadino, Roberto Bruno;
a
causa di un cambio di maggioranza, pratica a giudizio
dell'interrogante discutibile, ma molto in uso nelle amministrazioni
locali, oggi i due consiglieri eletti nelle file dell'opposizione
Spataro e Agricola sarebbero ripetutamente in maggioranza e
determinanti (come durante il voto sulla delibera del piano di
riequilibrio del Comune) per gli atti dell'attuale Giunta;
i
due consiglieri sarebbero a processo (insieme al capomafia Salvatore
Giuliano ed all'ex sindaco, Paolo Bonaiuto) per il reato di
concussione in concorso,
si
chiede di sapere:
quali
iniziative di competenza il Ministro in indirizzo intenda
intraprendere per sostenere la Direzione distrettuale antimafia di
Catania e la Procura di Siracusa nell'azione di repressione della
mafia e dell'illegalità, volta a monitorare i boss scarcerati
e l'attività criminale di corruzione e collusione intrapresa
nuovamente nel territorio e colpita da indagini giudiziarie;
quali
iniziative intenda intraprendere per verificare la regolarità delle
elezioni amministrative del 2014 e vigilare sullo stato dell'apparato
amministrativo;
quali
iniziative intenda intraprendere per supportare e tutelare dalle
continue e gravissime minacce di morte il coraggioso giornalista
Paolo Borrometi;
quali
iniziative intenda intraprendere per favorire e sollecitare la
capacità di denuncia degli operatori economici, allo scopo di
liberarli dalla pressione estorsiva della criminalità organizzata di
stampo mafioso locale”.
In
relazione alla forza del clan CAPPELLO e dei suoi interessi è molto
importante la recente operazione della DIA di Catania del 28.11.2017:
“PROCURA
DISTRETTUALE DELLA REPUBBLICA
Catania
COMUNICATO
STAMPA
Nelle
prime ore della mattinata odierna, a conclusione di una complessa e
articolata attività di indagine, protrattasi per circa diciotto
mesi, coordinata dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia -
diretta dal Procuratore della Repubblica dr. Carmelo Zuccaro - e
dipanatasi mediante l’utilizzo di servizi tecnici, supportati anche
da servizi di pedinamento con osservazione personale e dei luoghi di
incontro, è stata data esecuzione, da parte di personale della
Direzione Investigativa Antimafia di Catania, diretta dal 1°
Dirigente della P.S. dr. Renato Panvino, supportato dai Centri
Operativi di Reggio Calabria, Palermo, Caltanissetta e dalle Sezioni
Operative di Messina, Trapani e Agrigento, nonché dal II Reparto di
Roma, ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. di
Catania nei confronti di elementi di spicco dei clan “Cappello” e
“Laudani” di Catania, nonché di imprenditori e funzionari
amministrativi del Comune di Trecastagni, responsabili dei
procedimenti di affidamento dei servizi di raccolta dei rifiuti.
In
particolare, i provvedimenti cautelari sono stati disposti nei
confronti dei seguenti soggetti:
ASTUTO
Gabriele Antonio Maria, nato a Catania il 21.12.1962, responsabile
dell’ufficio Tecnico del Comune di Trecastagni, con l’imputazione
di turbata libertà di scelta del contraente aggravata, corruzione;
BRIGANTI
Rodolfo, nato a Venaria Reale (TO) il 5.8.1959, attuale
rappresentante legale della SENESI S.p.A., con l’imputazione di
corruzione;
CARAMBIA
Salvatore, inteso “Turi ‘u Turcu”, nato a Catania il
12.10.1966, pregiudicato, con l’imputazione di associazione di tipo
mafioso;
CUTULI
Alfio, nato ad Aci Catena il 19.12.1963, giornalista presso
l’emittente televisiva REI CANALE 103, con l’imputazione di
corruzione;
GAROZZO
Pietro, inteso “Piero”, nato a Catania l’1.07.1969,
pregiudicato, con l’imputazione di associazione di tipo mafioso;
GRASSO
Giuseppe, nato a Catania il 12.6.1976, pregiudicato, con
l’imputazione di associazione di tipo mafioso;
GUGLIELMINO
Vincenzo, nato a Catania il 13.06.1954, amministratore della E.F.
SERVIZI ECOLOGICI S.r.l, con l’imputazione di associazione di tipo
mafioso, turbata libertà di scelta del contraente aggravata,
corruzione;
MAUCERI
Alessandro, nato a Catania il 25.03.1976, con l’imputazione di
turbata libertà di scelta del contraente aggravata, corruzione;
PAPASERIO
Vincenzo, nato a Catania il 17.03.1973, pregiudicato, con
l’imputazione di associazione di tipo mafioso;
PAPPALARDO
Lucio, nato ad Aci Catena il 22.04.1977, con l’imputazione di
associazione di tipo mafioso;
PIANA
Angelo, nato a Catania il 10.05.1971, con l’imputazione di turbata
libertà di scelta del contraente aggravata, corruzione;
SANTORO
Fabio, nato a Catania il 31.8.1991, pregiudicato, con l’imputazione
di associazione di tipo mafioso;
SANTORO
Luca, nato a Catania il 31.8.1991, con l’imputazione di
associazione di tipo mafioso;
SCALIA
Raffaele, inteso “Ele”, nato a Catania il 28.01.1958,
pregiudicato, con l’imputazione di associazione di tipo mafioso;
SCUDERI
Davide Agatino, nato a Catania il 4.11.1974, pregiudicato, con
l’imputazione di associazione di tipo mafioso;
SGARLATO
Domenico, nato a Catania il 06.12.1956, all’epoca dei fatti
dirigente dell’Ufficio Tecnico Lavori pubblici – Servizi
ambientali e manutentivi del Comune di Trecastagni, con l’imputazione
di turbata libertà di scelta del contraente aggravata, corruzione.
Nell’ambito
del medesimo provvedimento viene contestata alle società E.F.
Servizi Ecologici S.r.l. e SENESI spa anche la responsabilità
dell’ente ex.art.5, comma I D.Lgs. 231/2001, per i reati commessi
nel suo interesse o a suo vantaggio da persone appartenenti alla sua
struttura organizzativa (in posizione di vertice o sottoposte alla
direzione o vigilanza di queste).
L’attività
investigativa, culminata con gli odierni arresti e convenzionalmente
denominata “GÒRGONI”, è scaturita da una mirata indagine
avviata dal Centro Operativo D.I.A. di Catania sotto il coordinamento
della Direzione Distrettuale Antimafia etnea, al fine di accertare
l’esistenza di legami tra la criminalità organizzata, funzionari
della Pubblica Amministrazione e imprese operanti nel lucroso e
redditizio settore della raccolta di rifiuti solidi urbani.
In
particolare, in seguito all’emissione nel 2015 di un provvedimento
di interdittiva antimafia, decretato dalla Prefettura di Catania nei
confronti della E.F. Servizi Ecologici S.r.l. di Misterbianco,
l’Autorità Giudiziaria delegava la D.I.A. di Catania a compiere
accertamenti per verificare se la società stesse gestendo appalti
pubblici nei comuni ricadenti nella giurisdizione.
L’analisi
della copiosa documentazione amministrativa acquisita, corroborata da
servizi di riscontro sul territorio, non solo consentiva di rilevare
irregolarità formali nello svolgimento dei procedimenti
amministrativi per l’affidamento del servizio di raccolta dei
rifiuti nei comuni di Aci Catena e Misterbianco, ma anche di
certificare i rapporti con la criminalità organizzata etnea da parte
dell’Amministratore Unico della società E.F. Servizi Ecologici
S.r.l., vincitrice delle gare d’appalto, GUGLIELMINO Vincenzo.
Proprio
quest’ultimo costituisce, tra tutti, senza dubbio l’indagato che
meglio rappresenta la spregiudicatezza con la quale certi
imprenditori si rapportano con la criminalità organizzata.
Dalle
intercettazioni svolte, infatti, emerge chiaramente come lo stesso,
lungi dal subire le prevaricazioni dei clan mafiosi operanti nei
territori ove si svolge la sua attività di impresa, si rapporta in
modo paritario agli esponenti più rappresentativi dei clan mafiosi
catanesi, in particolare appartenenti al clan Cappello e al clan
Laudani, considerandoli al pari di qualunque altro interlocutore
commerciale dal quale acquistare servizi.
Le
risultanze investigative hanno documentato, come sottolineato dal
G.I.P., la sua intraneità al clan Cappello, al quale regolarmente e
periodicamente il GUGLIELMINO eroga sostanziose somme di denaro
(quasi fosse da considerare un costo di esercizio dell’impresa) in
cambio, da un lato, del più tradizionale dei “servizi” offerti,
vale a dire la protezione da eventuali danneggiamenti ai mezzi di
esercizio della propria impresa perpetrati da clan rivali sul
territorio, dall’altro del sostegno, rafforzato dalle tipiche
modalità mafiose di intimidazione e
soggezione, per l’affermazione e il mantenimento del monopolio
delle sue imprese sul territorio, come anche per l’ulteriore
ampliamento dei propri affari e, di conseguenza, dei propri introiti
attraverso l’aggiudicazione di nuovi appalti.
Numerose,
infatti, sono state le conversazioni captate, dalle quali si evince
il rapporto diretto con uno degli attuali esponenti di vertice del
clan Cappello, SALVO Salvatore Massimiliano (in atto detenuto poiché
tratto in arresto nell’ambito di altra operazione di polizia
giudiziaria) il quale veniva incontrato più volte all’interno di
un garage, gestito dall’accolito e odierno arrestato PAPASERIO
Vincenzo, dove riceveva anche cadenzate dazioni di denaro a sostegno
del clan.
SALVO
Salvatore Massimiliano, figlio e fratello, rispettivamente, dei noti
SALVO Giuseppe, inteso “Pippo ‘u carruzzieri” e SALVO Giovanni
Piero, inteso “Giampiero” – elementi di vertice del clan,
entrambi detenuti dovendo scontare la pena dell’ergastolo -, si
palesava quale responsabile della gestione delle attività criminali
del clan condotte sul territorio urbano di Catania, nonché, come
acclarato dalle risultanze dei servizi tecnici, reggente del medesimo
clan, per investitura diretta, proveniente dal carcere, da parte del
boss Salvatore CAPPELLO.
Le
approfondite indagini svolte dalla D.I.A. permettevano di disvelare
gli accordi criminali per la gestione degli appalti relativi
all’affidamento dei servizi di raccolta dei rifiuti, considerato
florido settore di investimento criminale per tutti i clan mafiosi, i
quali, per non perdere i sicuri e notevoli vantaggi derivanti
dall’aggiudicazione del servizio a imprese “amiche” (in termini
di entrate finanziarie e di esercizio del potere mafioso e controllo
del territorio) addivenivano a patti criminali di spartizione,
gestiti in maniera non conflittuale, in una
sorta di pax mafiosa, al fine di evitare che scontri cruenti
potessero attirare l’attenzione degli organi investigativi
determinando lo svolgimento di nuove indagini sul loro conto.
In
tale contesto si spiega, pertanto, quanto documentato nel corso delle
investigazioni in merito all’appalto per l’aggiudicazione del
servizio di raccolta dei rifiuti nel Comune di Acicatena, in
particolare riguardo alla trattativa intavolata tra SALVO Salvatore
Massimiliano (per il clan “Cappello”) e PAPPALARDO Lucio
(rappresentante di vertice del clan “Laudani”), con il contributo
del GAROZZO Pietro (per la cura degli aspetti amministrativi), per
risolvere il conflitto sull’aggiudicazione del servizio.
Nello
specifico, i predetti clan erano chiamati a dirimere la controversia
di natura economica tra l’imprenditore GUGLIELMINO e il Sindaco pro
tempore MAESANO Ascenzio (già sottoposto a fermo di indiziato di
delitto su provvedimento di questa A.G. nel mese di ottobre 2016, il
quale ha già riportato sentenza di condanna per tali fatti, e in
stretti rapporti proprio con il PAPPALARDO), il quale in seguito
avrebbe raggiunto un accordo di analoga natura per favorire BRIGANTI
Rodolfo, rappresentante legale della SENESI spa, società subentrata
proprio alla E.F. Servizi Ecologici S.r.l. del GUGLIELMINO.
E’
di solare evidenza, in tale circostanza, come il GUGLIELMINO abbia
cercato di sfruttare il vantaggio ottenuto con il sostegno fornito al
clan Cappello, per la risoluzione delle difficoltà riscontrate nella
procedura di appalto. Al medesimo scopo ma su un altro fronte, è
stato evidenziato anche l’altro strumento utilizzato dallo stesso
per ben oleare gli ingranaggi della macchina
amministrativo-burocratica e garantire i propri affari, vale a dire
la corruzione di funzionari amministrativi comunali, che agevolassero
l’aggiudicazione dell’appalto,
suggerendo financo i dati e le informazioni precisi per poter
corrispondere ai requisiti di aggiudicazione.
La
spregiudicatezza del GUGLIELMINO traspare senza ambiguità, inoltre,
allorquando esige l’intervento del clan per risolvere il problema
sorto con ZUPPARDO Paolo, reo di averlo minacciato e malmenato perché
accusato di essere il responsabile del suo arresto qualche anno
prima, nonché in occasione di una serie di danneggiamenti
incendiari, per la precisione avvenuti in data 15.06.2016, 20.06.2016
e 21.07.2016 ai danni di alcuni autocompattatori parcheggiati in un
deposito di sua pertinenza in territorio di Avola, che hanno
provocato allarme sociale tra la popolazione dei comuni di Avola e
Siracusa. In entrambe le circostanze, il GUGLIELMINO rivendica il
diritto che gli venga data soddisfazione delle offese ricevute
(pretendendo addirittura l’invio di un commando militare punitivo
contro lo ZUPPARDO) e garantita protezione contro i clan locali (che
evidentemente provavano ad affermare la propria forza sul territorio)
forte della sua appartenenza alla cosca, arrivando egli stesso a
minacciare di rivolgersi a clan rivali (nello specifico il clan
Trigila, operante nel siracusano) qualora il clan Cappello non si
fosse dimostrato in grado di risolvere le due faccende.
Per
quanto riguarda CUTULI Alfio è emerso come lo stesso si prestasse a
fare da mediatore tra BRIGANTI Rodolfo, rappresentante legale della
Senesi S.p.A. con il quale sussisteva uno stretto legame, e il
sindaco pro tempore di Aci Catena, MAESANO Ascenzio, al quale faceva
pervenire somme imprecisate di denaro ricevute proprio dal BRIGANTI,
per sostenere la sua futura campagna elettorale, in cambio di un
intervento che il MAESANO avrebbe dovuto dispiegare in suo favore,
mediante l’abuso dei poteri connessi alla funzione esercitata, per
ottenere l’annullamento delle sanzioni irrogate dal comune alla
SENESI nell’esecuzione dell’appalto.
L’attività
investigativa è stata caratterizzata anche da un’indagine
patrimoniale mirata a colpire le ricchezze accumulate dagli
imprenditori collusi, tanto da individuare imprese e rilevanti
patrimoni societari e immobiliari che, benché formalmente intestati
a congiunti, erano riconducibili ad alcuni indagati, ed evidenziare
forti profili sperequativi tra i redditi dichiarati e il patrimonio
posseduto da GUGLIELMINO Vincenzo, MAUCERI Alessandro, PAPPALARDO
Lucio e PIANA Angelo, tali da fondare la presunzione di un’illecita
acquisizione patrimoniale derivante dalle attività delittuose
connesse all’organico dei predetti nella citata organizzazione
delinquenziale.
E’
stato, altresì, emesso da questa A.G. un decreto di sequestro
preventivo in via d’urgenza ai fini della confisca, che ha
interessato società, immobili, terreni, automezzi e disponibilità
finanziarie per un valore complessivo stimato di circa 30.000.000,00
Euro.
In
accoglimento della richiesta di questo ufficio, il G.I.P. ha altresì
disposto il sequestro dell’intero compendio aziendale delle società
E.F. SERVIZI ECOLOGICI S.r.l. e della SENESI S.p.A.
Espletate
le formalità di rito, gli arrestati sono stati associati presso le
case circondariali di Catania Bicocca e Piazza Lanza a disposizione
dell’Autorità Giudiziaria”.
Prima
di questa operazione della DIA ce n'era stata recentemente un'altra
della polizia che è ben riportata al seguente link
In
questa operazione sono emersi interessi in Calabria e Campania del
clan Cappello, anche se il ruolo si può definire oramai persino
internazionale per la rete di relazioni di cui godono in particolare
in Olanda, Germania e Spagna.
Per
quanto riguarda la Germania segnalo l'operazione congiunta DIA-BKA
contro il clan Cappello.
“DIREZIONE
INVESTIGATIVA ANTIMAFIA Centro Operativo di Catania COMUNICATO FLASH
Operazione “PRATO VERDE”: disarticolata dalla D.I.A.
organizzazione mafiosa etnea. Arresti in Sicilia, Lombardia, Piemonte
e in Germania. Nelle prime ore della mattinata odierna, nelle
province di Catania, Siracusa, Milano, Torino e in Germania, nel
corso di una imponente operazione antimafia cui hanno partecipato
centinaia di Agenti della D.I.A., il Centro Operativo di Catania, in
collaborazione con i Centri Operativi D.I.A. di Milano e Torino ed il
collaterale organismo tedesco B.K.A. (Bundeskriminalamt) e con il
supporto aereo di elicotteri e l’ausilio di unità cinofile, ha
completamente disarticolato il clan facente capo al boss PRIVITERA
Orazio, in atto detenuto in regime di 41 bis, reggente del gruppo dei
cc.dd. “CARATEDDI” affiliato al più noto “clan CAPPELLO”.
Nel corso delle indagini, a conclusione delle quali su richiesta
della locale D.D.A. il GIP presso il Tribunale di Catania ha emesso
un’ordinanza di custodia cautelare per i reati di associazione per
delinquere di stampo mafioso, estorsioni, traffico di stupefacenti,
porto illegale di armi da fuoco, intestazione fittizia di beni e
truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, la
D.I.A. ha delineato l’assetto attuale dell’organizzazione
criminale, individuando a capo della stessa BALSAMO Agata, moglie del
PRIVITERA Orazio, che dall’arresto del marito aveva “ereditato”
la reggenza del clan esercitata impartendo ordini, mantenendo i
collegamenti fra il marito ed i singoli associati, imponendo il
pagamento di somme a titolo estorsivo nonché sostenendo le spese
legali per gli associati attraverso una cassa comune alimentata con i
proventi delle estorsioni, dell’imposizione delle “guardianie”
nei terreni e dello sfruttamento di terreni agricoli da cui sono
stati tratti enormi vantaggi economici frutto del fraudolento
accaparramento di erogazioni pubbliche a fondo perduto da parte
dell’A.G.E.A. (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura) per oltre
un milione e mezzo di euro. I dettagli dell’operazione antimafia
saranno illustrati nel corso della conferenza stampa che si terrà,
alle ore 10.30 odierne, presso la Procura Distrettuale della
Repubblica di Catania alla presenza del Procuratore dott. Giovanni
SALVI e del Direttore della D.I.A., dott. Arturo DE FELICE”.
Il
clan Cappello è un clan che è alla pari con i Laudani ed i
Santapaola.
Il
clan Giuliano è ad esso collegato.
Inoltre
essendo considerato pure un clan siciliano anomalo potenzialmente se
decide di eliminare qualcuno lo può fare con maggiore tranquillità.
Un
clan molto forte che opera a livello internazionale. Un clan colpito
da numerose operazioni della magistratura e delle forze dell'ordine.
Un
clan da non sottovalutare.
PERCHE'
VOGLIONO UCCIDERE BORROMETI
Prima
di Borrometi nessuno a Siracusa e Ragusa parlava di mafia in modo
metodologico con tanto di nomi, cognomi, foto ed analisi
investigativa. La mafia in queste zone “babbe” non esisteva.
Io
stesso quando iniziai nel 2014 a difendere Borrometi dopo le prime
minacce ricevute venni spesso invitato alla prudenza da parte di
singoli deputati e deputate nazionali. Prudenza rimandata al
mittente.
Borrometi
con i suoi articoli ha fatto si che i mafiosi venissero scoperti e
colpiti.
Le
cosche prima lavoravano in silenzio. Con Borrometi e il suo sito
laspia.it del quale sono un opinionista non è più possibile.
La
sua antimafia è una antimafia investigativa e moderna, pratica ed
operativa.
Per
questo lo vogliono morto. Per questo preparavano l'attentato.
CONCLUSIONI
Il
clan CAPPELLO ed il clan GIULIANO non sono clan minori e non vanno
circoscritti in una zona periferica.
La
mafia se serve spara ed uccide o prova a farlo come nel recente caso
di Antoci o della autobomba di Limbadi terra dei Mancuso.
BORROMETI
va protetto sempre di più fisicamente e mediaticamente.
BORROMETI
NON E' SOLO E NON VERRA' LASCIATO SOLO
IL
FOCUS SERVE A FARE LUCE SU CHI LO VUOLE UCCIDERE E SUL PERCHE' E
TUTTI NOI OGGI SAREMO UNO CENTO MILLE BORROMETI