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Brescia: fatture false e riciclaggio, fermate 10 persone

 

 

L’attività investigativa svolta dai poliziotti della Squadra mobile di Brescia, avviata nel marzo scorso, ha portato all’esecuzione di dieci fermi di indiziato di delitto, emessi dalla Procura della Repubblica bresciana nei confronti di cittadini italiani, albanesi, cinesi e nigeriani residenti nelle province di Brescia, Milano, Bergamo, Lodi, Prato, Rieti e Vicenza.

Gli indagati sono accusati dei reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio e autoriciclaggio.

Eseguite anche numerose perquisizioni nei confronti di altre persone indagate e nelle società, con sede a Brescia, Milano e Bergamo, coinvolte nel sistema delle false fatturazioni.

L’indagine è partita dalla denuncia presentata per una truffa messa a segno ai danni dell’Opera di Santa Maria del Fiore, una Onlus che ha come obiettivo la promozione e la valorizzazione di monumenti di interesse religioso, storico e culturale che si trovano a Firenze. Tra questi figurano la cattedrale di Santa Maria del Fiore, il campanile di Giotto e il battistero di San Giovanni.

L’Onlus, attraverso la truffa conosciuta come “man in the middle” o “business email compromise”, era stata indotta ad effettuare i bonifici di pagamento dei lavori relativi ai lavori di restauro e conservazione del Complesso Eugeniano di Firenze, pari a 1.785.366,88 euro, su un conto corrente intestato fittiziamente.

I successivi accertamenti bancari hanno consentito agli investigatori di individuare ulteriori conti correnti, italiani ed esteri, intestati a persone fisiche e giuridiche, riconducibili a due delle persone fermate, indagate per il riciclaggio del denaro.

L’indagine ha poi evidenziato come i due facessero parte di un gruppo criminale che operava per dare la possibilità ad imprenditori italiani e albanesi compiacenti di ottenere il ritorno di somme di denaro contante a fronte dell’emissione di fatture per operazioni inesistenti prodotte da società cartiere (create solo per emettere fatture false, per operazioni inesistenti, a beneficio di altre aziende).

Gli investigatori hanno focalizzato la figura di due fratelli italiani, che svolgevano il compito di intermediari per individuare i clienti, fornire proprie società cartiere e mettere in contatto gli imprenditori fruitori del servizio con alcuni cittadini cinesi di Milano, Vicenza e Prato.

Gli intermediari, attraverso le proprie cartiere, emettevano le fatture e ricevevano il relativo pagamento, tramite bonifico bancario, sui conti correnti nazionali o accesi in Lussemburgo, Polonia, Germania o Cina.

Per il “servizio” gli intermediari trattenevano una percentuale che oscillava tra il 2 e il 7 per cento.

Nell’ambito del sistema i poliziotti hanno individuato un immobile a Milano che era diventato un centro di stoccaggio del denaro contante del gruppo criminale.

Nei pressi dello stabile gli intermediari italiani si recavano per ricevere la consegna delle somme di denaro ottenute in cambio delle fatture false e in generale gli altri scambi del denaro trasportato dagli “spalloni” nelle province di destinazione.

Altro particolare emerso è quello relativo agli scambi di denaro che erano assoggettati a un sistema di verifica, consistente nell’esibizione di un Pin di riconoscimento.

Nel corso dell’indagine è emerso anche un ulteriore episodio di riciclaggio posto in essere dopo una frode informatica messa a segno con lo stesso metodo truffaldino.

I due intermediari italiani avrebbero collaborato con un cittadino nigeriano e con alcune cittadine cinesi alla distrazione delle somme di denaro provento della truffa messa a segno ai danni di una società di diritto ceco. I due avrebbero ricevuto il denaro su conti correnti esteri e poi lo avrebbero dirottato su altri conti esteri riferibili a una cittadina cinese che provvedeva materialmente alla consegna del denaro.

Nel corso dell’attività è stato documentato un giro d’affari di circa 30 milioni di euro movimentati nell’arco di un semestre.

11/12/2025

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