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Operazione “affari sporchi” - Sgominata un’associazione a delinquere dedita al riciclaggio di denaro


Comando Provinciale Messina

Nel corso della mattinata odierna, i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Messina stanno dando esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di sei persone, tutte residenti in Sicilia, appartenenti ad un’associazione per delinquere prioritariamente dedita al riciclaggio e all’autoriciclaggio di capitali, nonché alla truffa, all’esercizio abusivo dell’attività di intermediazione finanziaria e creditizia, al reimpiego di proventi illeciti, sino all’intestazione fittizia di beni, attiva nelle provincie di Messina e di Palermo, capeggiata da P. L., di Brolo, un ex dipendente di una filiale messinese di un noto Istituto bancario, quest’ultimo da considerarsi parte lesa.
L’operazione, frutto di complesse ed articolate indagini svolte dalle Fiamme Gialle della Tenenza di Capo D’Orlando, coordinate dal Gruppo della Guardia di Finanza di Milazzo e dirette dal Sostituto Procuratore della Repubblica di Patti Andrea Apollonio, è stata eseguita in virtù del provvedimento cautelare emesso dal G.I.P. del Tribunale di Patti, Dott. Andrea La Spada, su richiesta della Procura della Repubblica pattese, diretta dal Procuratore Capo Angelo Cavallo.
Oltre alle 6 misure cautelari personali (di cui due arresti domiciliari, due divieti di dimora nei comuni di Brolo e di Palermo e due obblighi di dimora), è stato disposto anche il sequestro preventivo di circa € 800 mila, frutto delle condotte di riciclaggio e autoriciclaggio scoperte.
Nel dettaglio, gli accertamenti eseguiti hanno consentito di smascherare una strutturata organizzazione che, attraverso un sofisticato meccanismo fraudolento, ha raccolto ingenti somme da ignari clienti, per oltre 2 milioni di euro, per poi riciclarli, sfruttando una serie di società operanti nel settore della mediazione creditizia ed altre società cd. “cartiere”, serventi solo all’emissione di false fatturazioni, necessarie per la ripulitura delle illecite provviste truffate.
Il promotore dell’associazione a delinquere, il L. P., ha ideato ed intrapreso la propria attività criminale quando ancora lavorava come promotore finanziario presso un noto Istituto bancario messinese, ai danni di coloro che gli avevano affidato la gestione del proprio portafoglio finanziario: riusciva così a carpire la fiducia di ben 18 clienti, ponendo in essere ai loro danni molteplici truffe che gli permetteva di conseguire il capitale illecito.
Da qui l’idea di costituire una serie di società  e di avvalersi di stretti collaboratori, ed in particolare di P. G., di Milazzo, posto a capo della “M. S.”, per pervicacemente perseguire il proprio fine criminale, dissimulando il reimpiego delle illecite provviste, per renderne complessa la ricostruzione dell’origine.
Più in particolare, il promotore finanziario, consapevole come lo schema ideato non potesse durare nel tempo e che - prima o poi - sarebbe stato scoperto, ideava ed allestiva un complesso reticolo societario.
In tale network criminale, l’indagato riversava il denaro illecitamente raccolto dai propri clienti, per poter continuare la propria attività di investimento, mettendo a capo delle stesse gli altri componenti del sodalizio criminale, costituito da congiunti ed altri promotori finanziari, di cui, comunque, manteneva saldamente le redini, risultandone il vero dominus.
Il promotore infedele, per appropriarsi dei soldi presenti sui conti delle ignare “vittime”, ha utilizzato metodi diversi, sfruttando per i suoi illeciti fini l’incondizionata fiducia in lui riposta dai medesimi, giunti addirittura a consegnarli le credenziali d’accesso dei propri rapporti bancari.
Poco tempo dopo, tuttavia, i primi clienti si avvedevano dei notevoli ammanchi dai loro conti correnti e dell’assenza di qualsivoglia operazione d’investimento sui mercati, presentando le prime denunce.
In tale contesto, proprio le rimostranze avanzate facevano scattare un accertamento di audit interno, condotto dallo stesso Istituto bancario, che si concludeva con la confessione del medesimo promotore, reo di aver dolosamente distratto somme ingentissime, appartenenti a numerosi facoltosi clienti.
L’unica giustificazione addotta da Lombardo Prospero, nel corso delle indagini interne della Banca, era di aver sottratto fondi ai clienti per poi girarli ad altri clienti, per ripianare le loro posizioni: una illecita “catena di S. Antonio”, in un quadro in cui i clienti investitori avevano messo a sua disposizione il proprio patrimonio a fini d’investimento finanziario, investimenti effettuati solo in minima parte.
Il promotore finanziario infedele, pertanto, veniva licenziato dall’istituto di credito e, a seguito delle indagini svolte dalla CONSOB, successivamente radiato dal relativo albo di appartenenza; tale provvedimento, tuttavia, non gli impediva di proseguire negli illeciti scopi, con una determinazione degna di un elevato spessore delinquenziale che lo stesso Giudice definisce come “pervicace indole predatoria”.
L’indagato continuava, quindi, a svolgere la stessa attività illecita, provvedendo a riciclare i proventi illecitamente conseguiti, attraverso la costituzione di un sistema di ben quattro società, di cui due completamente “fantasma”, pur non figurando mai in prima persona quale rappresentante legale, ovvero quale titolare di quote delle compagini sociali.
Le Fiamme Gialle orlandine, infatti, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Patti, a valle di mirate perquisizioni e di complessi accertamenti documentali e bancari, nonché attività tipiche di polizia giudiziaria, dimostravano come una serie di partecipi dell’associazione, tra cui altri due mediatori creditizi, tra l’altro amici di lunga data, anche per dare una parvenza di legalità al sistema messo in piedi, contribuissero in maniera determinante al raggiungimento delle illecite finalità riciclatorie, acclarando come l’occulto dominus vantasse, presso i locali di ciascuna delle società coinvolte, la disponibilità di un ufficio interamente a lui riservato.
Nel medesimo ambito, venivano rinvenuti e sottoposti a sequestro computer, tablet e chiavette USB, dalla cui analisi emergevano determinanti elementi per rafforzare l’ipotesi di accusa, oggi concretizzatasi nell’emissione della eseguita ordinanza custodiale. Ancora, prova inconfutabile dell’unico disegno criminoso risultava una chat Whatsapp, chiamata “gruppo Money”, da cui emergeva in maniera plastica il reale ruolo svolto dal principale indagato di rappresentante di fatto e direttore commerciale di tutte le società e di ogni operazione di mediazione; emblematiche determinate affermazioni: “Siamo una squadra e tutti corriamo per lo stesso obiettivo”, “Gladiatori pronti per la battaglia quotidiana e mai soli”, “Forza leoni, uniti e insieme si vince!”.
Oltre alle misure cautelari personale per tutti i 6 membri dell’associazione dedita al riciclaggio di capitali, il G.I.P. del Tribunale di Patti, Dott. Andrea La Spada, con il medesimo provvedimento, ha disposto, altresì, il sequestro preventivo per circa 800 mila euro, sia nei confronti dei patrimoni personali degli indagati, sia rispetto alle società della filiera criminale, tra cui la “M. S.” di Brolo e la “T. G.” di Palermo.
L’operazione descritta testimonia l’impegno della Guardia di Finanza peloritana e dell’Autorità Giudiziaria pattese a tutela della sicurezza economico finanziaria del delicato tessuto economico della provincia di Messina, nonché a tutela dei risparmiatori da forme di esercizio abusivo e fraudolento di attività di intermediazione finanziaria e di raccolta del risparmio, soprattutto in questo periodo di forte crisi, anche e soprattutto economica, determinata dall’emergenza pandemica causata dal COVID-19.

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