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RAPPORTO MAFIA IN EMILIA ROMAGNA 2013


PER UNA EMILIA ROMAGNA SENZA MAFIA RAPPORTO SULLE PRESENZE DELLA CRIMINALITA' ORGANIZZATA 2013 A cura di Renato Scalia Consigliere della Fondazione Antonino Caponnetto L’EMILIA ROMAGNA NON E' TERRA DI MAFIA MA LA MAFIA C'E' E RISCHIA DI COLONIZZARE LA REGIONE E SI PRESUME CHE IL SUO FATTURATO OSCILLI INTORNO AI 20 MILIARDI DI EURO NON DOBBIAMO ABBASSARE LA GUARDIA PROLOGO CRIMINALITA' ORGANIZZATA CALABRESE CRIMINALITA' ORGANIZZATA SICILIANA CRIMINALITA' ORGANIZZATA CAMPANA CRIMINALITA' ORGANIZZATA PUGLIESE CRIMINALITA' ORGANIZZATA STRANIERA Criminalità albanese Criminalità nordafricana Criminalità nigeriana Criminalità cinese Criminalità centroamericana/sudamericana Criminalità rumena Criminalità bulgara Criminalità ex URSS Altri fenomeni criminali stranieri INFILTRAZIONI MAFIOSE NEGLI APPALTI PUBBLICI RAPPORTI TRA LE VARIE MAFIE ANALISI TERRITORIALE PER PROVINCIA Provincia di Bologna Provincia di Ferrara Provincia di Forlì Cesena Provincia di Modena Provincia di Parma Provincia di Piacenza Provincia di Ravenna Provincia di Reggio Emilia Provincia di Rimini TABELLE PROLOGO E' passato solo un anno dalla prima pubblicazione del rapporto sulle presenze della criminalità organizzata in Emilia Romagna, eppure le notizie che abbiamo inserito in questo aggiornamento sono numerosissime e importanti. Una piccola precisazione; il rapporto non è un romanzo, ma è il resoconto delle attività di indagine - solo quelle giunte agli onori delle cronache - della magistratura e delle Forze di polizia. Partirei dal fatto più rilevante. In Emilia Romagna, in questi anni, sono stati eseguiti molti sequestri e confische. I provvedimenti, però, sono sempre arrivati dagli organi giudiziari delle Regioni del sud. La novità è proprio questa. In questi giorni il Tribunale di Reggio Emilia, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna, ha disposto la misura di prevenzione patrimoniale nei confronti di un elemento di spicco della 'ndrina Grande Aracri. Un fatto importante e raro questo, che sicuramente stabilirà un punto fermo per future iniziative simili. Altro fatto positivo da segnalare è la costituzione della Sezione Operativa della Direzione Investigativa Antimafia di Bologna, che ha competenza in tutta la regione. Passiamo alle note dolenti. Come è già stato detto, le operazioni di polizia che sono state portate a termine nel periodo trattato sono veramente tante. Questo conferma che la Regione, da molti anni, è considerata terra di conquista. Le infiltrazioni criminali - facilitate anche dai mafiosi che furono mandati in soggiorno obbligato, che si sono trasferiti con le proprie famiglie, radicandosi nelle zone di confino - hanno raggiunto livelli di colonizzazione in molte zone dell'Emilia Romagna. Le mafie, negli anni, si sono spartite il territorio. Fu proprio il Procuratore Generale durante l’apertura dell’anno giudiziario dello scorso anno ad affermare: “La raggiunta pace mafiosa tra i diversi gruppi finalizzata a un’equa spartizione del territorio e degli affari”. Agli inizi, la suddivisione delle zone è stata decisa da azioni cruente. Via via, nel corso degli anni, dopo che sono state acclarate le gerarchie e le egemonie, le mafie hanno in parte, ma visibilmente archiviato i metodi criminali violenti, e hanno deciso di lavorare “sotto traccia”, stabilendo una sorta di pax, costituendo anche alleanze e collaborazioni, realizzando vere e proprie holding imprenditoriali. Anche recenti attività d'indagine, ad esempio, hanno evidenziato collaborazioni tra criminalità organizzata siciliana e calabrese. Oramai i sodalizi criminali sono in grado di aggiudicarsi, stabilmente, appalti, subappalti, noleggi e concessioni, sia pubblici sia privati. I rischi di inquinamento dell'economia legale hanno raggiunto livelli inquietanti. Oramai, nessun territorio può ritenersi permeabile all'avanzata dei clan. Questo si evince anche dall'analisi contenuta nel XIII° rapporto di Sos Impresa della Confesercenti, dal quale si evince che in Emilia-Romagna un commerciante su venti pagherebbe il pizzo. Nel documento si mette in evidenza anche la diffusione dell’usura e fenomeni di infiltrazione mafiosa nelle filiere agroalimentari. Non solo la criminalità autoctona ma anche quella allogena ha raggiunto livelli di pervasività inquietanti. Si sono evidenziati gruppi criminali composti da albanesi, rumeni, bulgari, cinesi, magrebini, nigeriani e di altre etnie, dediti al traffico di sostanze stupefacenti, al favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, all’usura, all’estorsione, alle truffe telematiche mediante la clonazione di carte magnetiche e alla commissione di reati predatori. Si sono, inoltre, moltiplicate le organizzazioni multietniche, composte anche da italiani, che sono molto attive nella commissione di quei reati che, per loro natura, necessitano di una più strutturata organizzazione. Appare evidente che le organizzazioni criminali, presenti sul territorio, sono in una fase evolutiva che punta, soprattutto, a estendere gli interessi in zone “controllate” da altri sodalizi, stipulando accordi di scambio reciproco. Per questo motivo, servono più che mai strumenti di collaborazione condivisi tra le istituzioni. In Regione vi è anche un consistente numero di beni confiscati alle mafie. Come si rileva dal sito http://www.benisequestraticonfiscati.it dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, i beni confiscati presenti nelle Province della Regione sono 112 (rispetto ai 109 del 2012, un bene in gestione in più a Bologna, Modena e Rimini) e sono così distribuiti: * Il totale va inteso al netto degli immobili non confiscati in via autonoma. Provincia In gestione Destinati consegnati Destinati non consegnati Usciti dalla gestione Non confiscati in via autonoma Aziende in gestione Aziende uscite dalla gestione Totale * BOLOGNA 12 8 1 0 0 12 7 40 FERRARA 0 8 0 6 0 2 0 16 FORLI CESENA 0 20 0 8 0 0 0 28 MODENA 0 0 0 0 0 2 0 2 PARMA 0 6 0 0 0 0 0 6 PIACENZA 1 5 0 0 0 0 0 6 RAVENNA 0 8 0 0 0 0 0 8 RIMINI 1 0 2 0 0 2 1 6 Al riguardo, si segnala che la Regione è ad oggi tra le prime 10 regioni in Italia con il maggior numero di beni sottratti alla criminalità organizzata. E in questo contesto, i numeri dell'Emilia Romagna del distretto di Corte d’appello di Bologna sono indicati dal Ministero di Grazia e Giustizia come “da non sottovalutare”, anche perché “si affacciano per la prima volta tra i dieci distretti giudiziari più interessati al fenomeno” (la Regione conta 41 procedimenti tra sequestri e confische nel periodo tra il 2009 e il 2013). Tra l'altro, nel 2012, il distretto di Bologna conta 18 procedimenti di sequestro e confische di beni alle mafie, lo stesso numero di Catanzaro (ottavo distretto in Italia). Un fatto di assoluto rilievo e poco noto è lo sfruttamento della manodopera di immigrati. La questione è stata trattata nella relazione annuale della Dna del 2012, dove si legge: "Le prime indagini da parte della magistratura conseguenti alla modifica del Codice hanno confermato una situazione di fatto nota da tempo (si segnalano indagini della DDA di Lecce sullo sfruttamento di immigrati impegnati nella raccolta nei campi del Salento) ma anche nelle zone più floride del Nord del paese dove la criminalità tende a spartirsi l’intermediazione illegale di manodopera di lavoratori da impegnarsi in attività agricola (vendemmia, raccolta di frutta), in particolare il fenomeno è in espansione nel Lazio, in Lombardia, in Piemonte ed in Emilia Romagna". CRIMINALITA' ORGANIZZATA CALABRESE E' oramai un dato di fatto la presenza di numerosi affiliati o contigui alle ‘ndrine calabresi. L’Emilia Romagna, come è noto, non è stata esente da fatti di sangue legati a faide tra clan. Emblematico è il caso della lotta tra le 'ndrine Dragone e Grande Aracri. A Reggio Emilia, negli anni ‘80, venne confinato il boss di Cutro, Antonio Dragone. Nella vicina Brescello era soggiornante il concittadino Nicolino Grande Aracri, capo dell’omonima ‘ndrina. I due furono amici e alleati sino alla fine degli anni ’90, fino allo scoppio della faida, che durò diversi anni, con diversi omicidi, alcuni perpetrati in provincia di Reggio Emilia. Il culmine si tocco la sera del 12 dicembre 1998, allorché quattro killers lanciarono una bomba a mano in un bar del centro storico di Reggio Emilia, notoriamente frequentato da calabresi. Nel locale, dove erano presenti anche molti ragazzini, fu sfiorata la strage e ci furono 10 persone ferite. L’espansionismo della ‘ndrangheta mira anche al capoluogo, come dimostra l’arresto, avvenuto nel 2010 a Bologna, di Nicola Acri, considerato il capo della ‘ndrina di Rossano Calabro. Le organizzazioni criminali calabresi operano prevalentemente nel riciclaggio di danaro, nella spendita di danaro contraffatto, nelle estorsioni, nell’usura, nella detenzione e traffico di armi, e nel traffico e spaccio di sostanze stupefacenti provenienti dal Sud America, da Paesi europei e dall’Australia. Nel campo degli stupefacenti la ‘ndrangheta ha stipulato alleanze con gruppi criminali allogeni. Come detto, un altro dato oggettivo emerso, soprattutto dai vari interventi effettuati dai Gruppi Interforze istituiti presso le Prefetture, sono i numerosi tentativi di infiltrazione della criminalità calabrese nel settore degli appalti pubblici. Uno degli aspetti più allarmanti e che, in alcune circostanze, è stato appurato anche il coinvolgimento di imprenditori locali. L’attenzione che è stata posta sul fenomeno dai vari interventi eseguiti dai Gruppi Interforze delle Prefetture dell’Emilia Romagna, probabilmente, costringerà i gruppi criminali calabresi a trovare nuovi espedienti, per rendere ancora più difficile le investigazioni volte alla ricerca delle società in odore di mafia. Sarà ancora più spasmodica la ricerca di prestanome, magari stranieri e di etnie “tranquille”, per celare, in maniera più efficace, la penetrazione nell’economia legale. In regione è stata riscontrata la presenza e l’operatività di numerose cosche, di cui si parlerà più avanti nel capitolo “Analisi territoriale per provincia”. Possiamo concludere affermando che la criminalità calabrese è quella che ha subito la trasformazione più rilevante, riuscendo a penetrare nel territorio della Regione in maniera più efficace, trasferendo e inserendo nella società i cosiddetti “colletti bianchi”. Significativo, infine, quanto riportato nella relazione annuale della Dna del dicembre 2012: <>. Significative sono anche le seguenti sentenze di condanna nei confronti del crimine organizzato calabrese nel territorio emiliano. Il 07.10.2011 il Gup di Bologna ha emesso sentenza di condanna nei confronti dei 4 imputati per i delitti di reimpiego, bancarotta fraudolenta ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, tutti aggravati ai sensi dell’art. 7 D.L. 152/91 (metodo mafioso). Il 25.06.2012 il Tribunale di Modena ha emesso sentenza di condanna nei confronti di appartenenti alla 'ndrina degli Arena. Il valore delle dette sentenze lo si ricava dalla lettura dei capi di imputazione dai quali si evince che gli "atti sono indicativi del modo di atteggiarsi della criminalità organizzata del crotonese nel territorio emiliano". CRIMINALITA' ORGANIZZATA SICILIANA La c.o. siciliana, oramai da tempo, utilizza la strategia del “mimetismo”. Questa atteggiamento evidenzia tutta la sua insidiosità nell'infiltrarsi nelle arrività economiche lecite quali la gestione d’impresa, e in particolar modo, quelle edilizie e del commercio. Forti sono gli interessi della criminalità siciliana negli appalti pubblici, nel riciclaggio e nel campo del traffico di sostanze stupefacenti. Non sono molti i casi dove sono emersi interessi di cosa nostra nella regione, e questo dimostra l’efficacia del “camaleontismo” raggiunta dall’organizzazione criminale, ma quei pochi rilevati, dimostrano l’assoluta rilevanza che riveste la mafia siciliana. Questo si evince anche dalla relazione della Dia del secondo semestre 2012: "...non è da trascurare la presenza di elementi riconducibili alla criminalità siciliana che, trasferitisi da tempo nella regione, operano mantenendo un basso profilo, prevalentemente nel riciclaggio e nel reimpiego di denaro di provenienza illecita, avvalendosi anche della collaborazione di soggetti inseriti nel settore delle imprese edili e delle costruzioni". Già nella relazione della D.N.A. del dicembre 2006 e 2007, con riferimento al contesto in argomento, veniva anche segnalato che l’A.G. palermitana aveva emesso provvedimenti restrittivi (eseguiti nel marzo 2006) nei confronti di «appartenenti alla famiglia mafiosa di Villabate, individuati come fiduciari gestori degli interessi del gruppo mafioso in Emilia e nell’Italia centrale»; Emblematici sono i casi che si sono verificati nel corso dell’anno 2011. La DIA ha individuato un’impresa, operante nella provincia di Ferrara e con sede legale a Palermo, collegata ad esponente delle famiglie mafiose di Partinico e San Giuseppe Jato. Nei confronti della società è stato emesso un provvedimento interdittivo antimafia. Nel mese di gennaio 2011, il G.I.C.O. della Guardia di Finanza di Palermo, nell’ambito dell’Operazione “Golem I”, ha eseguito diversi provvedimenti di sequestro di beni, dal Tribunale di Trapani, con il fine di disarticolare il reticolo di fiancheggiatori del latitante Matteo Messina Denaro. Tra i beni sequestrati figurano anche un conto corrente bancario, due libretti postali e un appartamento di proprietà di un soggetto residente a Piacenza. Nel mese di febbraio, la Squadra Mobile di Ragusa, nell’ambito dell’Operazione “Rewind”, ha arrestato 39 persone facenti parte di tre organizzazioni criminali, dedite al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti. L’operazione, ha interessato anche l’Emilia Romagna, in particolare, le province di Parma e Reggio Emilia. Sempre nel mese di febbraio 2011, la Guardia di Finanza di Agrigento, ha proceduto al sequestro di beni mobili e immobili siti nelle province di Agrigento e Parma (fra cui sei imprese operanti nel campo della produzione del cemento, del movimento terra e del trasporto), appartenenti ad esponenti della famiglia Panepinto di Bivona (AG), ritenuti vicini a cosa nostra, condannati per associazione mafiosa e estorsione. Infine, dalla relazione annuale della Dna del dicembre 2012 si rileva che: "E' emersa in Emilia Romagna ed in particolare nella provincia di Modena la presenza di esponenti di alcune famiglie mafiose siciliane, come quella riconducibile a Pastoia Francesco, interessate all'aggiudicazione di alcune gare di appalto di lavori pubblici. A queste presenze sono ovviamente riconducibili le attività di imprese siciliane impegnate nell'esecuzione di importanti opere pubbliche per la cui realizzazione non di rado utilizzano il reimpiego dei proventi di attività delittuose. In queste attività si evidenzia spesso anche il coinvolgimento di soggetti formalmente estranei ai contesti criminali ma per questo motivo intestatari fittizi di beni, e interlocutori delle pubbliche amministrazioni." CRIMINALITA' MAFIOSA CAMPANA I clan camorristici presenti in Regione si sono messi in evidenza nelle attività di traffico e smaltimento illecito di rifiuti, di estorsione e usura, di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, di riciclaggio di danaro di provenienza illecita, di assistenza e favoreggiamento alla latitanza di soggetti colpiti da provvedimenti restrittivi, di gestione delle scommesse e delle bische clandestine, e di penetrazione nell’economia legale attraverso l’alienazione e/o costituzione di attività imprenditoriali edili o di costruzioni generali, con l’obiettivo di acquisire appalti pubblici. Un ruolo assai rilevante lo svolge il clan dei casalesi, in particolare, sotto il profilo di “imprenditoria criminale”. Il gruppo è dotato di importanti capacità tecnico-imprenditoriali, che lo facilita nelle aggiudicazioni degli appalti e nelle acquisizioni delle concessioni, non solo nell’area casertana, ma anche in territori extraregionali non storicamente condizionati dall’endemica presenza della criminalità camorristica, quali, appunto, quello dell’Emilia Romagna. A tal proposito dalla relazione Dia del secondo semestre 2012, si legge: "In Emilia Romagna, recenti operazioni hanno confermato l'operatività di soggetti legati ai casalesi. La camorra è presente nei comparti edili, turistico-alberghiero e commerciale, nonché nelle aste fallimentari, nel ciclo dello smaltimento dei rifiuti, nel condizionamento degli appalti pubblici e nel settore dei trasporti". La malavita campana è presente in molte zone della Regione ed elementi legati a Francesco Schiavone, alias sandokan, il capo supremo dei casalesi, sono presenti a Bologna. Anche l'influenza dell'altro boss dei casalesi, Michele Zagaria, detto capastorta, è di rilievo. Quest'ultimo viene considerato il "re del cemento" a livello nazionale. I suoi interessi negli appalti pubblici partono dalla Campania sino a estendersi al Lazio, alla Toscana, all'Umbria, all'Abruzzo, alla Lombardia e all'Emilia-Romagna. Sintomatico della capacità pervasiva della criminalità organizzata campana sono le operazioni di seguito citate. Con l’operazione “Golden Goal 2”, i Carabinieri di Torre Annunziata (NA) hanno stroncato un giro di affari di milioni di euro nel settore delle scommesse sportive gestito dal clan “D’Alessandro - Di Martino”. Il raggio d’azione dell’organizzazione criminale aveva ramificazioni anche fuori dalla Campania, grazie allo stabile coinvolgimento di due soggetti operanti in una società concessionaria dello Stato per la raccolta e la gestione di scommesse. Inoltre, è emerso il tentativo di espandere gli affari anche in Emilia Romagna tramite la gestione occulta di agenzie di scommesse. Uno di questi centri scommesse era stato aperto a Rimini. CRIMINALITA' MAFIOSA PUGLIESE La sacra corona unita e le organizzazioni criminali pugliesi operano, soprattutto, lungo il litorale adriatico della Regione. La loro presenza è legata in modo indiretto, ad azioni criminali svolte in collaborazione con soggetti stranieri, più che altro di origine albanese o dell’Est europeo. La criminalità organizzata pugliese, infatti, è divenuta la principale interlocutrice di altre consorterie, specialmente di quelle albanesi, che hanno trasformato il canale d'Otranto in una via per i traffici di sostanze stupefacenti. Come detto, le zone d'influenza sono le località turistiche emilianoromagnole. E’ stata riscontrata, altresì, sempre nel campo degli stupefacenti, la presenza della famiglia Zonno nella provincia di Modena. La presenza e gli interessi in Regione della "scu" si rileva anche dall’indagine del settembre 2011, nel corso della quale i Carabinieri e le forze speciali della Polizia albanese, hanno catturato nove boss della “sacra corona unita” . Gli arresti sono scaturiti da un'indagine condotta dal Ros, iniziata nel 2007, sul clan Vitale di Mesagne (Brindisi), facente capo ad Antonio Vitale, ritenuto esponente di vertice della scu brindisina e diretta emanazione del capo storico Pino Rogoli. Tutti gli arrestati, fra i quali Albino Prudentino - che il 1 ottobre avrebbe dovuto inaugurare un casinò a Valona - sono accusati di aver ricostituito la struttura di vertice della scu fondata da Giuseppe Rogoli. Il gruppo aveva assunto un ruolo centrale nel traffico di cocaina, avvalendosi per gli approvvigionamenti di due autonomi canali in Piemonte e Calabria. La droga veniva poi distribuita, con un'articolata rete di spaccio, in Puglia ed Emilia Romagna. CRIMINALITA' ORGANIZZATA STRANIERA La criminalità straniera è in continua evoluzione e il suo radicamento nel tessuto sociale, economico e imprenditoriale dell’Emilia Romagna, è sempre più efficace e penetrante. Quasi sempre i capitali accumulati sono reinvestiti nei Paesi di provenienza, utilizzando il sistema del “money transfer”. L’aspetto che deve essere messo in evidenza è la capacità di operare in sinergia con soggetti di diverse etnie e anche con sodalizi criminali italiani, con il fine di ottimizzare i profitti illeciti. Questi “patti” sono stati attuati, in prevalenza, per le attività criminali più articolate, quali il narcotraffico, la tratta di esseri umani, il favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, e il riciclaggio di danaro di provenienza illecita. Non va assolutamente sottovalutato il fatto che il fenomeno ha un rilevante impatto sui cittadini, in quanto ha creato un consistente aumento dei reati predatori. In molti casi, infatti, gli autori sono soggetti provenienti da Paesi sia comunitari sia extracomunitari. Criminalità albanese La criminalità di origine albanese è presente in Emilia Romagna da diversi anni e in maniera piuttosto ramificata. I sodalizi criminali albanesi si contraddistinguono per essere specializzati in ogni gamma di attività criminale. I gruppi criminali albanesi hanno stipulato alleanze con organizzazioni italiane e straniere, soprattutto, nelle attività del narcotraffico e di tutti i reati ad esso collegato, nel favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, e nella tratta degli esseri umani. Numerosi sono anche i reati contro il patrimonio e la persona commessi da cittadini albanesi. Criminalità nordafricana La criminalità nordafricana opera soprattutto nei settori del traffico e dello spaccio di sostanze stupefacenti, del favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani, furto e riciclaggio di autovetture a livello internazionale. Per quanto riguarda il narcotraffico, i sodalizi criminali sono organizzati in modo da mantenere costante il rapporto con i connazionali residenti nei Paesi europei, al fine di favorire il transito delle sostanze stupefacenti provenienti dall’Africa. Anche nel caso della criminalità organizzata nordafricana sono stati riscontrati casi di collaborazione nelle attività illecite con gruppi appartenenti ad altre etnie, e anche con quelli italiani. Non sono mancati conflitti, scaturiti anche con azioni violente, tra soggetti provenienti dalla stessa etnia, per il controllo del mercato dello spaccio di sostanze stupefacenti. Anche per i nordafricani vale quanto detto per gli albanesi, in relazione ai “reati predatori”. Criminalità nigeriana La criminalità organizzata nigeriana è specializzata soprattutto nel traffico e dello spaccio di sostanze stupefacenti, nel favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e nella tratta degli esseri umani. I nigeriani sono attivi anche nei settori dell’abusivismo commerciale ambulante e della vendita di merce contraffatta. Dalle indagini delle Forze di Polizia emerge, anche in questo caso, una sorta di collaborazione negli “affari sporchi”, con gruppi di altre nazionalità, compresa quella italiana. Criminalità cinese La regione risulta tra quelle maggiormente interessate da arresti e denunce a carico di cittadini cinesi. La criminalità organizzata cinese opera, soprattutto, nel mercato della contraffazione, nel traffico di sostanze stupefacenti, nel favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, sfruttamento di manodopera clandestina, nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani, nell’evasione fiscale e nella gestione di bische clandestine, frequentate quasi esclusivamente da giocatori cinesi. Il numero delle imprese con titolari cinesi è lievitato negli ultimi tempi. Queste aziende vanno a sostituire soprattutto quelle gestite da italiani. Nella maggior parte dei casi si tratta di piccole imprese artigiane che operano nell’indotto del tessile. Queste società, per mantenere basso il loro costo di produzione, si avvalgono di manodopera a nero, composta da connazionali immigrati clandestinamente. Queste aziende, molto spesso, si dedicano alla produzione di merce contraffatta o comunque non conforme alle normative europee, la cui realizzazione non avviene esclusivamente in Italia, ma viene anche importata dalla Cina e poi messa in commercio nella miriade di negozi gestiti da cittadini cinesi. Va ricordato, altresì, che la maggioranza delle attività commerciali cinesi sono condotte violando sistematicamente le normative tributarie, previdenziali e quelle sulla sicurezza dei luoghi di lavoro. I prodotti con marchi contraffatti sono immessi nel mercato della Regione, in particolar modo, nei centri più importanti e, nel periodo estivo, sul litorale adriatico, mediante l’utilizzo anche di venditori di altre etnie (senegalesi, nordafricani, bangladesi, pakistani, indiani e nigeriani). Tutto ciò favorisce, inevitabilmente, l’interesse dei gruppi criminali cinesi, i quali operano anche in maniera cruenta tra loro, con lo scopo di accaparrarsi il controllo del territorio. Va anche detto che stanno aumentando le rapine, commesse da gruppi di giovani cinesi, ai danni di imprenditori connazionali. Criminalità centroamericana/sudamericana La Regione, da diversi anni, è divenuta meta di molti immigrati provenienti da Paesi dell’America Latina. Accanto all’interesse per il mercato criminale degli stupefacenti, è rilevante anche il favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione ed al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. L’attività operativa di un gruppo di brasiliani è stata messa in luce dall’inchiesta del 2011 denominata “Babado”, nel corso della quale è stata arrestata una cittadina brasiliana, ritenuta responsabile di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. La donna faceva giungere giovani ragazze dal Brasile attraverso la frontiera aerea di Forlì, da dove, mediante falsi visti d’ingresso, le distribuiva nei vari locali notturni della Regione. In questi ultimi anni si sta assistendo a una vera e propria evoluzione dei comportamenti di questi migranti. Se prima non erano soliti farsi notare per attività di carattere illegale, ora si assiste ad un mutamento che vede, sempre più persone, originarie di quei Paesi, coinvolte in reati che possono andare da quelli meramente predatori sino ad arrivare a quelli a carattere associativo. La criminalità organizzata centroamericana/sudamericana collabora fattivamente anche con altri sodalizi stranieri e italiani, soprattutto, nella gestione del narcotraffico proveniente dall’America Latina. Infatti, con l’operazione “Los Ceibos” del 2011 - che ha riguardato le provincie di Bologna e Piacenza - furono arrestate 4 persone, di origine sudamericana (ecuadoriani, colombiani e peruviani), altre 4 non furono rintracciate, per traffico di sostanze stupefacenti. L’organizzazione, oltre a rifornire di sostanze stupefacenti anche alcuni gruppi criminali autoctoni (tra queste la famiglia Barbaro di Platì), operava in Italia e in Europa. L’area territoriale maggiormente interessata dal traffico di stupefacenti posto in essere da sodalizi sudamericani corrisponde alle regioni Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna, come emerso dall’operazione denominata “Shut up”, conclusasi a Milano con l’esecuzione, da parte della Guardia di Finanza, di un provvedimento cautelare nei confronti di 41 soggetti, tra cui italiani e colombiani, ritenuti responsabili di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti tra Colombia e Italia, falsificazione di documenti, corruzione, riciclaggio, ricettazione, trasferimento fraudolento di valori, truffa, detenzione di armi e munizioni. Criminalità rumena Le organizzazioni criminali rumene sono molto attive nel narcotraffico e nello spaccio di sostanze stupefacenti, nel favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e tratta degli esseri umani. I gruppi criminali rumeni costringono giovani donne provenienti dai Paesi dell’est europeo - che giungono in Italia con la promessa di una vita migliore - a prostituirsi, subendo violenze e minacce, spesso rivolte anche ai propri familiari. Per quanto riguarda la tratta degli esseri umani, questi sodalizi criminali sono molto attivi nel business dei mendicanti disabili. Nei centri cittadini, infatti, spesso si notano persone che, esibendo le loro gravissime menomazioni, chiedono l’elemosina. La maggior parte di questi, non riescono neanche a muoversi, quindi nelle immediate vicinanze, solitamente, stazionano anche i loro “aguzzini”. Le organizzazioni criminali reclutano handicappati, anche con violenze inaudite, nei loro Paesi d'origine. Questi schiavi, non si può definirli divesamente, sono anche costretti a versare oltre il 50% delle elemosine a chi li sfrutta e li inserisce nei punti strategici delle città. Significativa, perché indicativo di un grave fenomeno che caratterizza il territorio in questione, è il procedimento del 2012 Tribunale di Bologna contro persone di etnia rumena riguardante la riduzione in schiavitù di minorenni destinati all’accattonaggio, per il quale sono state emesse 6 misure di custodia cautelare. I sodalizi rumeni sono specializzati anche nello sfruttamento dei minori che, spesso sono prelevati direttamente dagli orfanotrofi rumeni e messi a “lavorare” nel cosiddetto “affare dei furti nei supermercati". La merce rubata, su commissione, viene mandata in Romania o rivenduta a commercianti conniventi. Gruppi più ristretti si dedicano alla commissione di reati predatori, in particolare, rapine in ville isolate, facendo molto spesso uso della violenza, furti, sia in appartamenti sia in esercizi pubblici. Si sono anche specializzati nelle truffe telematiche, mediante la clonazione di carte bancomat e di credito e nel furto di metalli di valore. Criminalità bulgara Negli ultimi anni si assistendo a un rafforzamento della presenza della comunità Bulgara nel territorio della Regione. Sono stati individuati soggetti bulgari che erano inseriti in organizzazioni criminali multietniche, dedite al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, al favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e tratta degli esseri umani. Come i rumeni, anche i bulgari costituiscono gruppi composti da un numero esiguo di persone, specializzati in rapine in villa, in furti in appartamenti e in esercizi pubblici, nella clonazione di carte bancomat e di credito e nel furto di metalli di valore. Criminalità ex URSS Da anni, la presenza di persone provenienti dall’ex URSS è consolidata lungo il litorale adriatico. In Emilia Romagna si sono messi in evidenza nuclei ristretti di persone provenienti dalla Moldavia e dall'Ucraina, molto attivi nei reati a carattere predatorio e nelle estorsioni ai danni di alcuni loro connazionali. Occorre segnalare che nel mese di marzo 2012 si è conclusa l’operazione denominata “Alarico” avviata nel 2008, che ha posto in luce l’esistenza di diverse organizzazioni criminali ucraine - alleate con quelle polacche - operanti in varie province italiane, dedite all’introduzione nel territorio nazionale di T.L.E. (tabacchi lavorati esteri) di contrabbando provenienti dall’Ucraina, dalla Polonia e dall’Ungheria, destinati al mercato clandestino campano e, in misura minore, a quello lombardo ed emiliano. Nel corso delle indagini sono state denunciate 202 persone (77 arrestate) e sono state sequestrate oltre 8 tonnellate di T.L.E., 56 mezzi di trasporto e 2 immobili. Pur non essendo stata accertata la presenza di organizzazioni criminali vere e proprie, non si può escludere che queste abbiano fatto investimenti nella regione, soprattutto, considerata anche la favorevole vicinanza della Repubblica di San Marino. Altri fenomeni criminali stranieri In Regione sono venuti alla ribalta fatti commessi da persone appartenenti ad altre etnie. Tra queste, occorre fare un inciso sulle seguenti. La comunità senegalese è attiva nella vendita della merce contraffatta. La vendita avviene, in prevalenza, nei centri urbani che attirano il turismo per quasi tutto il periodo dell’anno, in particolar modo a Bologna, e nei periodi estivi lungo il litorale adriatico. Non sono stati riscontrati gruppi composti da soggetti provenienti dal Senegal, però, non si può escludere, così come è avvenuto in Liguria, che giovani senegalesi, meno propensi alle fatiche dell’attività dell’ambulantato, possano entrar a far parte di organizzazioni criminali, svolgendo incarichi di controllo del territorio nel campo dello sfruttamento della prostituzione, di corrieri nel narcotraffico o di vendita al dettaglio di sostanze stupefacenti. I filippini sono molto attivi in Emilia-Romagna. Lo “shaboo”, la droga devastante che proviene dalle Filippine, è introdotto in Italia dallo Stato del sud-est asiatico attraverso l’Austria. In tali attività delittuose i filippini hanno collaborato con cittadini italiani. La capacità di gestire settori illeciti diversificati conferma l’evoluzione dei sodalizi filippini, con crescente, anche se non ancora allarmante, interazione criminale con il Paese ospitante. Infine, c'è da segnalare il procedimento penale del 2012 nei confronti di persone di nazionalità serba per i delitti associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù di donne serbe avviate alla prostituzione. INFILTRAZIONI MAFIOSE NEGLI APPALTI PUBBLICI E APPROFONDIMENTI Le organizzazioni mafiose, come oramai le cronache quotidiane ci raccontano, hanno esteso i loro tentacoli su tutto il territorio nazionale e oltre. Le relazioni della Direzione Nazionale Antimafia, della Direzione Investigativa Antimafia e dell’Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna confermano il forte interesse e la presenza della criminalità organizzata nella Regione. Nella relazione Dia del 1° semestre 2012, si legge: “I rischi maggiori arrivano dalla ‘ndrangheta «la presenza di imprese contigue o emanazione delle ndrine è stata rilevata in diverse aree del territorio nazionale con particolare riferimento alle regioni più ricche quali la Lombardia, l'Emilia Romagna e la Toscana”. L’aspetto positivo che ha contraddistinto l’Emilia Romagna rispetto alle altre Regioni è l’acquisita consapevolezza della gravità del fenomeno. La sottoscrizione dei protocolli d’intesa per la prevenzione dei tentativi d’infiltrazione della criminalità organizzata e per una maggiore legalità nel settore degli appalti e concessioni di lavori pubblici, avvenuta nelle città emiliane e romagnole è la dimostrazione pratica della voglia di combattere e affrontare, con tutti gli strumenti previsti dalla normative vigenti, questa grave questione. Di rilievo è anche la costituzione della stazione unica appaltante costituita in provincia di Bologna. Altro aspetto dell'attento monitoraggio che viene fatto nei confronti di questo fenomeno, sono i numerosi provvedimenti intterdittivi antimafia adottati dai Prefetti nei confronti di imprese per la sussistenza del pericolo del condizionamento e dell’infiltrazione mafiosa. Con la costituzione del Gruppo Interforze Ricostruzione Emilia Romagna, particolare attenzione è stata posta nelle opere di ricostruzione post-terremoto dove, peraltro, è stato già riscontrato un tentativo di infiltrazione, a Crevalcore, posto in essere da una società sospettata di avere legami con la 'ndrangheta. Le mafie diventano una minaccia per la libera economia quando riescono a trasformare i loro guadagni criminali in soldi puliti. Il problema che si pone oggi è riuscire a contrastare le preoccupanti acquisizioni immobiliari e di esercizi pubblici, nonché le frequenti sofisticazioni delle gare d'appalto a causa delle organizzazioni criminali che tendono a propagarsi nell’economia legale. Le infiltrazioni mafiose presenti negli appalti pubblici, ormai sono un dato di fatto. La presenza di numerose stazioni appaltanti, la parcellizzazione dei contratti e il ricorso eccessivo al subappalto, rende difficile e qualche volta quasi impossibile, un controllo efficace anche da parte delle stesse Forze di polizia. E' evidente che le normative che regolano gli appalti pubblici hanno delle lacune macroscopiche. Le organizzazioni mafiose hanno da molti anni deciso di puntare su attività legali per riciclare gli enormi capitali guadagnati illecitamente. Oltretutto, utilizzando materiali scadenti o depotenziati, la “mafia s.p.a.” continua a mantenere assicurato il lavoro di manutenzione delle opere costruite.Alla luce di questi fatti si può ben comprendere perché l’Italia è un Paese a rischio disastri. Molti ancora non comprendono che le mafie diventano anche un'insidia per la libera economia quando riescono a convertire i loro guadagni criminali in soldi puliti. Un’altra anomalia tutta italiana è il numero di società iscritte nel registro imprese, 6 milioni, una ogni 10 abitanti. E’ poi noto a tutti il problema del “massimo ribasso”. Da anni si parla dei danni che produce questo sistema, ma nessuno fa nulla per cambiare. A tal proposito, occorre tener presente che l’impresa "mafia spa” riesce ad accaparrarsi molti degli appalti, su tutto il territorio nazionale, proprio con il sistema del massimo ribasso, presentando offerte inavvicinabili per le altre imprese. In questo modo, crea un sistema welfare (assunzione di lavoratori provenienti dalle terre di origine), un consenso nelle regioni di provenienza e un controllo del territorio nelle altre. Molti amministratori sono convinti che in questo modo si facciano risparmiare i cittadini, dimenticandosi però altre questioni importanti. Oltre a sottolineare che così facendo si rafforzano le associazioni mafiose, occorre ribadire con forza che: 1. Gli imprenditori onesti non potranno mai fare ribassi eccessivi, quindi, molti di questi saranno costretti a chiudere; 2. Nei cantieri dove lavorano le “imprese infiltrate” non sono mai rispettate le norme della sicurezza nei luoghi di lavoro; 3. Nella maggior parte dei casi, come è stato detto, sono utilizzati materiali scadenti e quindi le costruzioni sono a rischio crollo; 4. La criminalità organizzata crea consenso sociale e controlla il territorio. La presenza abnorme di imprese, un numero elevatissimo di stazioni appaltanti, la parcellizzazione dei contratti e il ricorso eccessivo al subappalto, rende difficile e qualche volta quasi impossibile, un controllo efficace negli appalti pubblici da parte delle Forze di polizia. E’ necessario tener presente anche che, come solitamente avviene nel nostro Paese, si corre ai ripari troppo tardi. Come abbiamo visto le mafie hanno messo il loro “zampino” in questi affari da molti anni. Vediamo il quadro normativo vigente. Un primo passo contro le infiltrazioni mafiose viene fatto con l’introduzione del sistema delle informative antimafia, mediante la legge delega n. 47/1994. Con questa norma le Prefetture hanno iniziato ad acquisire le informazioni particolari volte all’accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa negli organismi societari. La legge delega è stata attuata con il D.lgs n. 490/1994, il quale nell’art. 4, ha introdotto il sistema dell’informativa oggi disciplinato anche dall’art. 10 del D.P.R. n. 252/1998 (Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia). L’ informativa, che può essere tipica o atipica, quindi è il provvedimento che emette il Prefetto nei confronti della società infiltrata. L’ informativa tipica può caratterizzarsi in: - informazioni che sono di per sé interdittive e sono indicate nelle lett. a) e b) del comma 7 art. 10 ed ha natura meramente ricognitiva di provvedimenti giudiziari di applicazioni di misure cautelari o di sottoposizione a giudizio o di adozione di sentenze di condanna per alcuni reati (esempio reato di estorsione, riciclaggio, etc.) o di applicazione di misure interdittive. La natura ricognitiva di tale informativa prefettizia si evince con estrema chiarezza dalla presenza di provvedimenti in generale giudiziari, dei quali il Prefetto si limita a dare notizia alla stazione appaltante richiedente; - informativa prefettizia contemplata dalla lett. c) del medesimo comma 7 art. 10, e si fonda su accertamenti autonomi del Prefetto, sulla base di attività di indagine effettuata dagli organi inquirenti, al fine di evincere l’esistenza di elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle imprese. L’informativa atipica o supplementare può essere emessa ai sensi dell’art. 10 comma 9, laddove si dovessero riscontrare indizi non così gravi, precisi e concordanti da far maturare il convincimento circa la reale sussistenza del “pericolo di infiltrazione mafiosa”, quindi la loro valutazione viene rimessa all’amministrazione richiedente per l’eventuale adozione di provvedimenti ostativi o risolutori al sorgere o alla prosecuzione di rapporti con l’impresa sospetta. Badate bene, con l’informativa atipica lo Stato scarica tutta la responsabilità sulla decisione da prendere - se continuare a far lavorare o meno la società presumibilmente infiltrata dalla mafia - alla stazione appaltante (comune, provincia, ecc.). I primi frutti della norma sulle informative antimafia sono arrivati, però, dopo molti anni, forse troppi. Solo negli ultimi tempi, infatti, alcuni Prefetti hanno iniziato ad emettere provvedimenti interdittivi nei confronti di società infiltrate. Occorre tener presente che, in molti casi, si lavora con il sistema del “doppio binario”, la parte amministrativa, quella prefettizia, e quella giudiziaria dalla quale possono scaturire - i tempi sono molto più lunghi - sequestri e confische della società infiltrata dalla mafia. Con la Legge nr.443 del 21.12.2001, sono stati stabiliti gli obiettivi in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive. Con il successivo Decreto Legislativo nr.190 del 20.08.02, sono individuate 21 grandi opere di interesse strategico nazionale (valichi e assi ferroviari, assi viari e autostradali, sistema integrato trasporto, sistema Mo.Se. Laguna di Venezia, Nuova Romea, ponte sullo Stretto di Messina, interventi per l’emergenza idrica nel Mezzogiorno) e stabilite misure normative atte a favorirne e accelerarne la realizzazione. Lo Stato si rende conto che queste “grandi opere pubbliche” possono essere un fattore di attrazione per gli interessi delle organizzazioni criminali. Per questo motivo viene per la prima volta creato un sistema di contrasto alle infiltrazioni della criminalità organizzata nei pubblici appalti. Siamo arrivati nel 2003 e, nel frattempo gli interessi delle mafie nelle opere pubbliche hanno raggiunto livelli incredibili. Con il decreto interministeriale del 14 marzo 2003 tra il Ministro dell’Interno di concerto con il Ministro della Giustizia e con il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, viene stabilito che le “grandi opere” dovranno essere monitorate mediante l’istituzione del Comitato di Coordinamento per l’Alta Sorveglianza delle Grandi Opere e definisce il ruolo della Direzione Investigativa Antimafia, dei Gruppi Interforze e del Servizio per l’Alta Sorveglianza delle Grandi Opere. Riteniamo opportuno sottolineare che all’epoca il Ministro dell’Interno era Giuseppe Pisanu, persona sicuramente sensibile a queste tematiche, e a capo della Direzione Nazionale Antimafia c’era Piero Luigi Vigna. Con la successiva circolare attuativa del 18 novembre 2003 del Capo della Polizia, viene istituito presso la D.I.A. Osservatorio centrale sugli appalti con il compito mantenere un costante collegamento con i Gruppi interforze; di acquisire informazioni suscettibili di generare specifiche attività informative ed investigative; di proporre accessi ispettivi nei cantieri e di inviare ai Prefetti le risultanze relative, ai fini dell’adozione dei provvedimenti di competenza. Passano ancora degli anni e i risultati di contrasto alle mafie in questo settore sono ancora scarsi. Con la legge n. 94 del 15 luglio 2009 (disposizioni in materia di sicurezza pubblica) viene fatto un altro piccolo passo in avanti. Viene esteso l’ambito di applicazione degli accessi ispettivi a tutte le opere pubbliche e stabilita l’esclusione dagli appalti pubblici per gli imprenditori che non denuncino le estorsioni. Con la direttiva del Ministro dell’Interno del 23 giugno 2010, i Prefetti si potranno avvalere dei Gruppi interforze per il monitoraggio delle cave ed effettuare controlli antimafia preventivi nelle attività a rischio di infiltrazione da parte delle organizzazioni criminali. Con la Legge n. 136 del 13 agosto 2010, piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia, viene introdotto lo strumento della tracciabilità dei flussi finanziari. I pilastri fondamentali dell’art. 3 della legge n. 136/2010 sono: l’utilizzo di conti correnti dedicati per l’incasso e i pagamenti di movimentazioni finanziarie derivanti da contratto di appalto; il divieto di utilizzo del contante per incassi e pagamenti di cui al punto a) e di movimentazioni in contante sui conti dedicati; l’obbligo di utilizzo di strumenti tracciabili per i pagamenti. Con il Decreto Legislativo n. 159 del 6 settembre 2011, è stato adottato il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli artt. 1 e 2 della legge 13 agosto 2010 n. 136. Il 13 febbraio 2013 è entrato in vigore il nuovo Codice antimafia, come previsto dal decreto legislativo n. 218/2012 che ha introdotto delle modifiche e integrazioni al D.lgs n. 159/2011 (Codice delle Leggi Antimafia). Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 290 del 13 dicembre 2012, il Dlgs n. 218/2012, si compone due parti: la prima - Capo I - contente disposizioni correttive in materia di amministrazione dei beni sequestrati e confiscati e di rilascio della documentazione antimafia; la seconda parte - Capo II - recante disposizioni transitorie e di coordinamento. L'anticipo al 13 febbraio 2013 riguarda solamente l’entrata in vigore delle disposizioni in materia di documentazione antimafia di cui al Libro II del Codice Antimafia. L’art. 119, comma 1 del Codice Antimafia prevede l’applicabilità delle relative disposizioni, decorsi 24 mesi dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del Regolamento, ovvero, quando più di uno dall’ultimo dei regolamenti riguardanti la modalità di funzionamento della Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia, istituita presso il Ministero dell’Interno che pertanto non è ancora attiva, restando collegata all'entrata in vigore definitiva del Codice. Il decreto legislativo 15 novembre 2012, n.218 recante “Disposizioni integrative e correttive al Codice Antimafia”, ha previsto l’entrata in vigore delle disposizioni del Libro II, relativo alla documentazione antimafia due mesi dopo l’avvenuta pubblicazione del testo in Gazzetta Ufficiale e, quindi, in maniera del tutto autonoma rispetto all’effettiva attivazione della Banca dati. Tra le novità più rilevanti, si riscontra l'ampliamento della categoria dei soggetti obbligati a richiedere la certificazione antimafia allo scopo di prevenire le infiltrazioni o i condizionamenti mafiosi nei confronti delle imprese. Vi faranno, infatti, parte tutti gli organismi di diritto pubblico, comprese le aziende vigilate dallo Stato, le società controllate da Stato o altre ente pubblico, il contraente generale e le società in house providing (società multiservizi). Gli accertamenti sulle infiltrazioni mafiose, non solo per l'informazione ma anche per la comunicazione antimafia, si estendono a tutti i familiari conviventi dell'imprenditore. Il nuovo Codice prevede l’estensione a ulteriori fattispecie di reato-omessa denuncia di usura ed estorsione, subappalti non autorizzati, traffico illecito di rifiuti, turbata libertà degli incanti. Si allungano anche i tempi per il termine di efficacia dell'informativa antimafia, che passano da 6 mesi ad un anno. In base alle nuove norme, il certificato antimafia è rilasciato esclusivamente dalla Prefettura (non potranno più farlo le Camere di Commercio) e solo nel caso di rapporti contrattuali con le pubbliche amministrazioni. E’ divenuto obbligo degli Enti Pubblici/Stazioni Appaltanti acquisire d’ufficio, tramite le Prefetture competenti per territorio, la documentazione antimafia nelle forme della comunicazione o dell’informazione. I privati non possono più ottenere, come in precedenza, il “nulla osta antimafia”, presso le Camere di Commercio e pertanto non dovranno più richiederlo nemmeno alla Prefettura. Solo nelle ipotesi di “comunicazione”, i privati possono autocertificare all’Ente Pubblico/Stazione Appaltante (ai sensi dell’art. 89 del D.Lgs. 159/2011) di non essere nelle condizioni di decadenza, sospensione o divieto che impediscono di contrarre con la Pubblica Amministrazione. Dopo aver parlato rapidamente delle leggi vigenti, passiamo alla fase operativa, tralasciando quella burocratica. Vediamo cosa succede, in concreto con l’esempio seguente. La Sezione Operativa Dia di Bologna, competente per il territorio della Emilia Romagna, effettua un’attività di monitoraggio delle imprese affidatarie di lavori pubblici in una determinata Provincia. Individuata l’impresa su cui sono stati rilevati elementi sufficienti per poter ipotizzare l’influenza da parte della criminalità organizzata, viene prodotto un documento nel quale, citando le ragioni, si propone al Prefetto della provincia interessata, un accesso ispettivo ai cantieri ove la società attenzionata lavora. La predetta Autorità, valutata la richiesta e dopo opportuni approfondimenti forniti dalle Forze di Polizia territoriali, convoca il Gruppo Interforze. Piccola parentesi. Come abbiamo detto in precedenza, i Gruppi Interforze sono stati istituiti presso le Prefetture – Uffici territoriali del Governo – con decreto interministeriale 14 marzo 2003. Sono coordinati da un funzionario della Prefettura e sono così composti: da un funzionario della Polizia di Stato, un ufficiale dell’Arma dei Carabinieri, un ufficiale della Guardia di Finanza, un funzionario/ufficiale delle articolazioni periferiche della Direzione Investigativa Antimafia, un rappresentante del Provveditorato alle Opere Pubbliche, un rappresentante dell’Ispettorato del Lavoro. Torniamo alla fase operativa. Il Gruppo Interforze decide che sussistono i motivi per effettuare l’accesso ispettivo al cantiere e il Prefetto emette un provvedimento. Il cantiere individuato (ad esempio: realizzazione di una tangenziale), privilegiando il fattore sorpresa, viene presidiato da personale della Dia, delle Forze di polizia territoriali, dell’Ispettorato del lavoro e dell’Asl. Durante questa fase si procede alla rilevazione dei dati di tutte imprese (subappaltatrici, forniture servizi e manufatti); si acquisiscono le generalità delle maestranze e di tutti i presenti nel cantiere; si procede all’identificazione mezzi, per individuare i proprietari e/o gestori degli stessi (noli a caldo o a freddo); si verifica il rispetto delle norme di sicurezza sul lavoro e di quelle attinenti alla disciplina previdenziale; la Guardia di Finanza si occupa della tracciabilità dei flussi finanziari; si ricerca ogni notizia ritenuta utile all’individuazione di collegamenti con la criminalità organizzata. Dopo l‘accesso ispettivo eseguito nel cantiere, la Dia e le altre Forze di Polizia, entro trenta giorni, redigono una relazione con tutti i dati raccolti e gli accertamenti svolti, menzionando tutte le criticità riscontrate. Dopo aver acquisito tutti i riscontri del caso, il Prefetto della Provincia ove le ditte hanno sede, entro 15 giorni dalla ricezione della relazione, quando si riscontrano oggettivi elementi per ritenere sussistente il pericolo di infiltrazioni mafiose tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi dell’attività delle imprese, emette l’interdittiva antimafia. Il sistema, nel complesso è macchinoso, poco efficace e non è eseguito in maniera capillare. Non c’è dubbio, quindi, che l’impianto che regola gli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, necessità di essere riformato. E’ assolutamente necessario puntare sulla trasparenza nelle procedure e sul potenziamento dei controlli e delle verifiche. Nel frattempo, è imprescindibile che tutti profondano il massimo impegno per agevolare il lavoro delle Forze di polizia e della magistratura. E’ un dato di fatto inconfutabile che un nuovo impulso al sistema di monitoraggio lo hanno dato le innovazioni dei cosiddetti “pacchetti sicurezza” del 2009 e del 2010 e gli indirizzi emanati a tutte le Prefetture dall’ex Ministro dell’Interno, Roberto Maroni. La possibilità di estendere i controlli a tutti gli appalti pubblici (l’opera di monitoraggio della DIA e gli accessi ai cantieri proposti ai Gruppi Interforze e disposti dai Prefetti potevano essere fatti per le grandi opere), alle cave e torbiere, l’imput di creare una Banca Dati dove inserire tutte le società colpite da provvedimenti interdittivi antimafia, la tracciabilità dei flussi finanziari, sono un piccolo passo avanti per contrastare le infiltrazioni in questo settore. Esistono anche altri strumenti in grado di poter, in qualche modo, frenare l’ascesa delle mafie. I protocolli di legalità, costituiscono oggi utili dispositivi pattizi per ostacolare il fenomeno delle infiltrazioni mafiose nelle attività economiche, anche nei territori dove queste manifestazioni non sono particolarmente radicate. Il 21 novembre 2000, il Ministro dell’Interno Enzo Bianco sottoscrisse un protocollo d’intesa con l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici per favorire, tramite le Prefetture, la promozione e la tutela della legalità e trasparenza anche nel settore degli appalti attraverso appositi “Protocolli di Legalità” fra Prefetture e Amministrazioni Pubbliche e/o oggetti privati interessati. I protocolli sono disposizioni volontarie tra i soggetti coinvolti nella gestione dell’opera pubblica (normalmente la Prefettura, il Contraente Generale, la Stazione appaltante e gli operatori della filiera dell’opera pubblica), che rafforzano i vincoli previsti dalla norme della legislazione antimafia, anche con riferimento ai subcontratti, non previste della normativa vigente. In alcuni casi i protocolli prevedono anche la rinuncia al ricorso al Tribunale amministrativo regionale in caso di esclusione dall’appalto. Il protocollo può essere applicato dopo il nulla osta rilasciato dal Ministero dell’Interno. Un altro strumento a disposizione è la S.U.A., la Stazione Unica Appaltante. Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30.06.2011, concernente la definizione delle modalità per l'istituzione a livello regionale di Stazioni Uniche Appaltanti (SUA), in attuazione dell'art. 13, della L. 136/2010 inerente il Piano straordinario contro le mafie, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 200 del 29.08.2011. La Stazione Unica Appaltante ha le caratteristiche della centrale di committenza di cui all'art. 3, comma 34, del D. L.vo 163/2006 (codice dei contratti pubblici) e cura, per conto degli enti aderenti, l'aggiudicazione di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, ai sensi dell'art. 33, dello stesso decreto legislativo, svolgendo tale attività a livello regionale, provinciale o ultraprovinciale. Di conseguenza possono aderire alla SUA le Amministrazioni dello Stato, le Regioni, gli enti pubblici territoriali, altri enti pubblici non economici, gli organismi di diritto pubblico edaltri soggetti che operano in virtù di diritti speciali o esclusivi. I compiti della SUA sono numerosi. Collabora con l'ente aderente per l’individuazione dei contenuti dello schema di contratto e per la procedura di gara per la scelta del contraente privato; si occupa della redazione dei capitolati; contribuisce alla definizione del criterio di aggiudicazione; definisce i criteri di valutazione delle offerte, in caso di criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa; redige gli atti di gara, incluso il bando, il disciplinare e la lettera di invito; cura gli adempimenti relativi allo svolgimento della procedura di gara in tutte le sue fasi; nomina la commissione giudicatrice, nel caso di criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa; cura gli eventuali contenziosi; collabora con l'ente aderente ai fini della stipulazione del contratto. Le SUA costituite in Italia sono 13, tra queste le Regioni Liguria e Marche, le provincie di Bologna, Genova, Crotone, Reggio Calabria, Salerno, Caserta. Queste realizzate hanno permesso di accorpare ben 477 stazioni appaltanti. Per contrastare gli effetti dell’infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici è sicuramente necessario fare di più. In primo luogo abolire il sistema del massimo ribasso e magari sostituirlo definitivamente, anche se non è semplice, con l’offerta economicamente più vantaggiosa. D’altra parte, sulla base di una valutazione obiettiva dell’importo previsto per la realizzazione di un’opera, appare difficile comprendere come una ditta possa eseguire i lavori della stessa, aggiudicati con ribassi che vanno oltre il 40%, senza rimetterci. Come quasi sempre avviene, in seguito, i costi dell’opera lieviteranno. Durante l’esecuzione dei lavori compariranno, inevitabilmente, problematiche esecutive che determineranno la necessità – ai fini di una corretta esecuzione – di ulteriori interventi in corso d’opera, con il conseguente aumento dei costi che erano stati preventivati. Una concreta ed effettiva trasparenza nell’assegnazione e gestione degli appalti, pubblici e privati, è la base indispensabile per un controllo efficace di questi aspetti, ad oggi presi come situazioni di fatto e valutati in modo asettico ai fini dell’assegnazione dei lavori ai vincitori delle gare. Occorrerà poi sicuramente rinforzare gli organici delle D.I.A., l’Ufficio che ha il compito di monitorare le imprese impegnate nei lavori pubblici. Sicuramente anche le cosiddette “white list”, cioè le liste delle imprese virtuose nelle attività più esposte al rischio di infiltrazione (trasporto, forniture di calcestruzzo, noleggio), introdotte dalla Legge anticorruzione n. 190 del 06.11.2012, consentiranno di poter più celermente superare i tempi dell'accertamento informativo per la documentazione antimafia e arricchire tutto il sistema. La stessa Legge introduce altre novità interessanti come: - Risoluzione del contratto - modifica art. 135 codice appalti. Nuove ipotesi di risoluzione del contratto. Sono sanzionate in questo modo le sentenze passate in giudicato per: associazione mafiosa, contrabbando, traffico di rifiuti, spaccio di stupefacenti, delitti con finalità di terrorismo, peculato, malversazione ai danni dello Stato, concussione; - Trasparenza - Ogni Pubblica Amministrazione ha l’obbligo di inserire i costi delle opere pubbliche; - Incompatibilità - commissioni giudicatrici non ne potranno fare parte i condannati, con sentenza passata in giudicato, per delitti contro la PA come peculato, malversazione, corruzione, abuso d'ufficio o interruzione di pubblico servizio. In questa ottica, deve necessariamente essere migliorato lo scambio di informazioni e dati tra i soggetti incaricati dei controlli, problema causato anche dalla mancanza di una banca dati contenente l’elenco delle società interdette. La questione sarà risolta con la realizzazione di una Banca Dati presso il Ministero dell’Interno, prevista dal nuovo Codice delle leggi antimafia. Passerà ancora qualche anno prima che questo strumento entri a regime e il ritardo accumulato rischia di favorire, inevitabilmente la criminalità organizzata. A tal proposito, non si comprende il motivo per il quale il legislatore non abbia già previsto l’utilizzo della Banca dati interforze (Sdi – Sistema d’indagine), collocata presso il predetto Ministero che poteva già essere implementata da queste informazioni. Il difetto di circolazione di informazioni, sino ad ora, ha lasciato ampi spazi alle società infiltrate dalla criminalità organizzata che sono riuscite a sfruttare queste lacune, continuando a lavorare indisturbate nei lavori pubblici. Questo è quanto prevede la normativa e quello che concretamente avviene per contrastare le infiltrazioni mafiose in questo delicato settore. Per finire, citiamo un passo della relazione della Dna, laddove si parla della facilità di penetrazione da parte di “cosa nostra” nelle altre regioni d'Italia “per condizionare le gare per gli appalti di lavori pubblici con le stesse modalità illecite utilizzate in Sicilia". Nel documento si afferma che gli ultimi elementi investigativi segnalano una forte presenza proprio di “cosa nostra” in Emilia, specie nella provincia di Modena. SINERGIE TRA MAFIE L'Emilia Romagna, terra che storicamente non ha mai dato origine a forme mafiose, è un luogo dove convivono varie forme di criminalità mafiose. Come sempre più spesso accade, la regola principale è quella di coesistere, possibilmente senza pestarsi i piedi e anzi, in alcuni casi, di fare insieme affari. Le mafie sono in continua evoluzione. Uno dei modi per fare investimenti sicuri, ad esempio, potrebbe essere quello di entrare nei grandi marchi della distribuzione, della moda o di altre attività economiche. Dalle ultime analisi e da numerose inchieste giudiziarie emerge che, fuori dai rispettivi confini regionali, le organizzazioni criminali autoctone collaborano effettivamente tra loro, spartendosi business a tutti i livelli. Pare che si siano suddivisi anche parte dei territori del centro e del nord Italia. Le infiltrazioni, oramai, vanno al di là della politica. Entrano prepotentemente in tutti i settori. Addirittura, Forze di polizia e magistratura non fanno più eccezione. Non c'è una fusione ma c'è un patto, una sorta di alleanza, per trovare il sistema utile ad accumulare introiti a cascata. Si può ad oggi affermare che questa evoluzione ha creato una nuova mafia, ancora più potente: la “'ndracamostra”, originata dalla mescolanza delle tre più importanti organizzazioni criminali, ‘ndrangheta, camorra e cosa nostra. PROVINCIA DI BOLOGNA Partiamo dalla relazione annuale della Direzione Nazionale Antimafia del dicembre 2012: "La città di Bologna, cioè il territorio del capoluogo di Regione, invece, può definirsi una terra di tutti e, pertanto, non catalogabile attraverso nessun attributo criminale, non potendosene alcuna specifica organizzazione di tipo mafioso arrogare il dominio. Ciò non vuol dire che la Città sia esente da infiltrazioni di tipo mafioso, ma solo che le dette infiltrazioni sono generalizzate da parte, soprattutto, sia della criminalità calabrese che di quella campana, senza che alcun potere mafioso ben determinato, sia dal punto di vista della provenienza territoriale che dal punto di vista più squisitamente criminale, possa dirsi che domini in Bologna. Tale Centro, quindi, può definirsi come una sorta di zona franca nella quale a tutte le organizzazioni criminali nazionali è consentito operare in una situazione di pacifica convivenza, con specifico riferimento al campo degli affari, leggasi investimenti di proventi delittuosi e/o acquisizione di appalti pubblici e commesse private; come pure, ad elevatissimi livelli, alla gestione del gioco d’azzardo. Ed è, anzi, la compresenza in Bologna di uomini della ‘ndrangheta ed uomini della camorra che conferma il dato di cui prima si diceva, e la volontà del crimine organizzato di non volersi insediare e strutturare nel territorio cosi come normalmente si ritiene che vi si possa inserire un'organizzazione di tipo mafioso. La coesistenza è il segnale della mancanza d’interesse a controllare il territorio, ad instaurare stabili rapporti e collegamenti con l'altro da sé (politica, economia, finanza e quant'altro) ma, disponendo di una piazza interessante, ricca, variegata, il crimine opera nell'area, sfruttandone le potenzialità, cosi come faceva il noto Barbieri Vincenzo, uomo della ‘ndrangheta ucciso con ogni probabilità per essere venuto meno ai suoi doveri di mafioso, il quale, vista la ricchezza della piazza, aveva investito in quei settori ai quali si faceva prima riferimento. Vi operano, altresì, strutture criminali estere, che si occupano di tutto, dal traffico degli stupefacenti allo sfruttamento della prostituzione, alla tratta degli esseri umani. Una realtà abbastanza corrispondente a quella che riguarda il Capoluogo di Regione caratterizza la Romagna, con specifico riferimento alle note località turistiche della Riviera che attirano per le opportunità che offrono di fare soldi e di investire soldi. Anche in quel territorio si trovano presenze di gruppi e persone provenienti dall'area camorrista, cosi come di gruppi di persone provenienti dall'area della 'ndrangheta, senza che, peraltro, si verifichino anche in questo territorio - almeno per quanto è noto, ovviamente, alle indagini - consistenti fenomeni che consentano di prefigurare l'esistenza di associazioni per delinquere di tipo mafioso nei confronti delle quali intervenire ipotizzando il delitto previsto dall'articolo 416bis del codice penale. E le capacità che questi gruppi (che spesso sono anche promanazione di organizzazioni criminali blasonate, sia campane, che calabresi) hanno di coagulare attorno a sé un potere e una forza criminali non indifferenti consente loro di investire questi territori con il narcotraffico, attività molto sviluppata proprio soprattutto a cura di soggetti di provenienza camorristica o ‘ndranghetista, senza che, peraltro, in detti territori i predetti si organizzino per operare in altra maniera, cioè dando luogo alle ulteriori manifestazioni del crimine organizzato mafioso. Cosa che sarebbe, probabilmente, per loro stessi controproducente". Occorre anche ricordare che nella classifica sulla infiltrazione mafiosa al nord, stilata dall'ex procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, Bologna era posizionata al poco lusinghiero gradino più basso del podio, preceduta solo da Milano e Roma. Dall'ultima relazione semestrale del 2012 della Dia, si rileva che nella provincia le Forze dell’ordine hanno verificato la presenza di attività sospette legate ai clan della camorra dei Mallardo e Di Martino - Afeltra. Sono attivi in zona anche gli 'ndranghetisti della cosca Masellis – Lentini. L'elenco completo dei clan che sono stati coinvolti in operazioni di polizia eseguite nella provincia di Bologna, è riportato nella tabella posta in fondo al presente Rapporto. I beni confiscati in provincia di Bologna: * Il totale va inteso al netto degli immobili non confiscati in via autonoma. Comuni In gestione Destinati consegnati Destinati non consegnati Usciti dalla gestione Non confiscati in via autonoma Aziende in gestione Aziende uscite dalla gestione Totale * BOLOGNA 7 1 1 0 0 10 3 22 GAGGIO MONTANO 0 2 0 0 0 0 0 2 IMOLA 2 0 0 0 0 1 0 3 PIANORO 2 5 0 0 0 0 4 11 PIEVE DI CENTO 1 0 0 0 0 1 0 2 Criminalità organizzata calabrese • Luglio 2009, operazione “Vento del Nord”, la Squadra Mobile di Bologna ha eseguito insieme a quella di Reggio Calabria, sei fermi per associazione di stampo mafioso e detenzione di armi clandestine nei confronti di elementi di vertice e affiliati alla ‘ndrina dei Bellocco di Rosarno (RC). I provvedimenti sono stati emessi dalla Dda di Bologna e Reggio Calabria. Tre di questi sono stati eseguiti a Granarolo dell’Emilia (BO), dove si erano stabiliti i tre soggetti collegati alla cosca 'ndranghetista. Nel corso dell’operazione erano già stati arrestati dalla Questura di Bologna, il 26 giugno 2009, il capocosca Carmelo Bellocco, 53 anni, e il figlio 19enne. La 'ndrina stava tentando di fare affari nel mercato ortofrutticolo di Bologna. • Novembre 2013, i Centri Operativi DIA di Roma e Reggio Calabria e la Polizia di Stato di Reggio Calabria e di Palmi hanno dato esecuzione a un provvedimento di sequestro beni emesso dalla Sezione M.P. del Tribunale di Reggio Calabria, su proposta della Dda di Reggio Calabria, nei confronti di presunti affiliati alla 'ndrina dei Gallico, operante a Palmi, Secondo gli inquirenti le persone colpite dal provvedimento avrebbero illecitamente acquisito, grazie soprattutto all’apporto del clan, un vasto patrimonio mobiliare e immobiliare, in special modo nel settore turistico-alberghiero. Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati: una società proprietaria di due alberghi ubicati uno a Roma e l’altro a Palmi; 53 beni immobili ubicati tra Roma, Castiglione dei Pepoli (BO) e Palmi costituiti da: 1 fabbricato in corso di costruzione; 12 fabbricati; 14 terreni edificabili; 26 terreni agricoli; 9 autovetture; rapporti bancari intrattenuti in 13 istituti di credito. Il valore stimato beni in sequestro ammonta a circa 150 milioni di euro. • Novembre 2013, operazioni "Crimine" e "Scacco matto", la Polizia di Stato ha eseguito la confisca dei beni per un valore complessivo di 5 milioni di euro nei confronti delle 'ndrine Longo e Commisso. Il provvedimento riguarda anche la società Arcoverde Costruzioni srl, con sede a Bologna. Criminalità organizzata siciliana • Settembre 2013, la Polizia di Stato di Bologna ha arrestato il latitante Giovanni Costa, nato a Villabate (PA). Era ricercato poiché aveva da espiare la pena di anni 12 per reato continuativo. L'uomo, già sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di Bologna, possedeva società immobiliari, assicurative e di costruzioni e, attraverso altre società immobiliari, era titolare di diversi appartamenti nel villaggio turistico "Porto Rosa" di Furnari (ME), nell’isola di Vulcano e a Villabate (PA). Costa, insieme alla ex moglie, avrebbe ripulito i proventi di attività di affiliati a cosa nostra mediante una truffa finanziaria, organizzata in Sicilia da Giovanni Sucato (quest’ultimo trovato carbonizzato dentro la sua auto, nell’anno 1995). La Procura della Repubblica di Palermo, nell’anno 2001, a seguito delle rivelazioni di alcuni pentiti, lo ha accusato di avere riciclato denaro (stimato in circa 900 miliardi di vecchie lire) di provenienza mafiosa ritenendolo interno alla cosca riconducibile alla mandamento di Porta Nuova, facente capo a Pietro Aglieri, per il tramite dei capi famiglia Salvatore Montalto e Vincenzo di Villabate (PA). Altri gruppi criminali italiani • Ottobre 2013, operazione "Ellenika", i Carabinieri di Pescara, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia dell'Aquila, hanno stroncato un vasto traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Sono state arrestate 71 persone e sequestrati 7 quintali di sostanze stupefacenti. Lo snodo nevralgico dello spaccio internazionale tra Italia, Albania, Slovenia, era la città di Pescara. Il sodalizio criminale smantellato operava su tre livelli: il primo, internazionale (il gruppo degli albanesi); un altro che gestiva i trasporti (il gruppo dei corrieri); l'ultimo che gestiva lo spaccio (il gruppo Gargivolo di Pescara). La droga, l'eroina in particolare, era prodotta in Afganistan, importata da organizzazioni albanesi, stoccata in Kosovo e in Macedonia, mentre il trasporto era curato da organizzazioni serbe che recuperavano anche i corrieri da varie nazionalità e poi trasferitesi in Italia dove operavano cellule albanesi. Le città interessate nell'operazione antidroga sono Pescara, la Spezia, Milano, Bergamo, Padova, Udine, Asti, Mantova, Firenze, Roma, Bologna, Imola (BO), Ravenna, Taranto, Bari, e Lecce. Lo spessore criminale della famiglia Gargivolo di Pescara è notevole. Nel corso di 8 anni, è stata capace di importare e smerciare diverse centinaia di chilogrammi di eroina. Tra i sequestri, 500 chilogrammi di marijuana e 200 di eroina e campionature di cocaina in vista di un allargamento del traffico. Una famiglia criminale operante già dal 2005 nel traffico di eroina e marijuana. Criminalità organizzata straniera • Agosto 2013, arrestati cinque nigeriani a Londra. L'organizzazione criminale era specializzata in frodi informatiche operate nei confronti del sistema fiscale britannico. Uno dei nigeriani effettuava queste operazioni dal proprio computer, in una casa a Bologna. Le attività investigative sono state avviate dalla Polizia Postale e delle comunicazioni di Bologna e gli arresti sono stati eseguiti dalle autorità britanniche. I reati contestati sono: frode fiscale e riciclaggio. Baby gang • Settembre 2013, oltre duecento ragazzini appartenenti a due bande diverse, "Bolobene" e "Bolofeccia", dopo essersi dati appuntamento sul web, hanno scatenato una maxi rissa nei giardini Margherita. L'episodio non riguarda questioni di criminalità organizzata ma, per la sua gravità, non si può fare a meno di menzionarlo. PROVINCIA DI FERRARA Anche questo territorio non è immune da presenze mafiose. A Ferrara è stata riscontrata la presenza di elementi riconducibili alla ‘ndrina Farao-Marincola di Ciro’. Nella provincia operano anche noti appartenenti ad altre cosche calabresi, quali i Bellocco di Rosarno, i Muto di Cetraro, gli Arena, i Dragone, i Grande Aracri e i Nicoscia. E' stata appurata, altresì, la presenza di soggetti vicini famiglie siciliane mafiose di Partinico e San Giuseppe Jato. Anche la malavita campana, in particolar modo i casalesi, ha effettuato una progressiva espansione del territorio raggiungendo il Comune di Cento (FE). I beni confiscati in provincia di Ferrara: * Il totale va inteso al netto degli immobili non confiscati in via autonoma. Comuni In gestione Destinati consegnati Usciti dalla gestione Non confiscati in via autonoma Aziende in gestione Aziende uscite dalla gestione Tot.* ARGENTA 0 2 3 0 0 0 5 COMACCHIO 0 2 0 0 0 0 2 FERRARA 0 4 0 0 2 0 6 PORTO MAGGIORE 0 0 3 0 0 0 3 Criminalità organizzata campana • Giugno 2013, operazione "Bad brothers", la Guardia di Finanza ha eseguito dei provvedimenti nei confronti di appartemnenti al clan camorristico dei Mallardo, molto attivo nel comune di Giuliano (NA) e nel basso Lazio. Sono stati sequestrati beni (alberghi, ristoranti, concessionari di auto e oltre 170 immobili) per 65 milioni di euro in mezza Italia, tra Lazio, Campania ed Emilia Romagna. Tra i beni sequestrati anche le quote di due società (un'agenzia immobiliare e una srl con attività di costruzione di edifici) che hanno sede a Ferrara, nei pressi della stazione ferroviaria, in via del Lavoro. A carico del titolare delle due società sono stati operati sequestri di immobili nel bolognese, a Crevalcore e Granarolo. Da quanto emerge dalle investigazioni, l’operatività criminale del clan è stata nel tempo orientata, oltre che al finanziamento del traffico di sostanze stupefacenti, prevalentemente al controllo delle attività economiche di rilievo (edilizia, appalti pubblici, forniture pubbliche, commercio all’ingrosso), realizzato con la partecipazione finanziaria o con la riscossione di quote estorsive . • Ottobre 2013, la Polizia di Stato e i Carabinieri hanno arrestato due persone, di origine campana, appartenenti alla cosiddetta "banda dei portavalori". I malviventi, a bordo di una moto e con il volto travisato, hanno rapinato un rappresentante di gioielli. La dinamica dell'episodio è molto simile alla rapina del 9 ottobre scorso. Per questo motivo, gli inquirenti ipotizzano che gli autori siano gli stessi. Criminalità straniera • Gennaio 2012, operazione “Lockpicking”, il Commissariato di Empoli (FI) ha arrestato cinque georgiani per associazione per delinquere finalizzata alla commissione di furti in appartamento, ricettazione e uso di documenti falsi. Gli arrestati avevano affinato la cosiddetta tecnica del “lockpicking” che consiste nell’aprire senza alcuna effrazione le porte blindate delle abitazioni con serratura a doppia mappa, utilizzando chiavi alterate e grimaldelli. L’attività investigativa, iniziata nel mese di agosto dello scorso anno, aveva consentito di accertare che tre componenti della banda - insieme ad altri 12 connazionali denunciati a vario titolo - spesso muniti di documenti bulgari o lituani falsi, avevano costituito con ruoli diversi una vera e propria associazione a delinquere con base logistica in Empoli. Le indagini hanno permesso di accertare la consumazione di svariati furti in abitazione da parte di questo gruppo criminale, in diverse città italiane: Bari, Firenze, Grosseto, Livorno, Pontedera, Ferrara e Padova. • Ottobre 2013, operazione “Oktoberfest”, la Squadra Mobile ha arrestato un nigeriano titolare e gestore di un phone center. L'esercizio, frequentato da connazionali dell'uomo arrestato, era utilizzato come base per lo spaccio di sostanze stupefacenti dell’esercizio. PROVINCIA DI FORLI' CESENA A Forlì sono state riscontrate le presenze di personaggi collegati alla 'ndrina dei Forastefano di Cassano allo Jonio, nel cosentino. Nello stesso centro hanno mostrato interesse a operare noti appartenenti a cosche criminali calabresi, quali i Condello, Bellocco, i Muto di Cetraro, gli Arena, i Dragone, i Grande Aracri, i Nicoscia del crotonese e i Masellis – Lentini. Rilevante sono gli interessi nel territorio da parte della criminalità organizzata casertana. Da rammentare, in proposito, le operazione “Doma" e "Criminal Minds" che hanno coinvolto persone ritenute appartenenti o contigue ai casalesi, e al clan D'Alessandro. La provincia è stata interessata anche nell'operazione svolta dai Carabinieri nei confronti del clan Birra-Iacomino, particolarmente attivo nella zona di Ercolano. I beni confiscati in provincia di Forlì - Cesena: Il totale va inteso al netto degli immobili non confiscati in via autonoma. Comuni In gestione Destinati consegnati Usciti dalla gestione Non confiscati in via autonoma Aziende in gestione Aziende uscite dalla gestione Tot. * CESENATICO 0 1 1 0 0 0 2 FORLI 0 16 5 0 0 0 21 FORLIMPOPOLI 0 0 2 0 0 0 2 GATTEO 0 1 0 0 0 0 1 SAN MAURO PASCOLI 0 2 0 0 0 0 2 Criminalità organizzata calabrese • Gennaio 2012, la Dia di Reggio Calabria ha eseguito un sequestro di 50 milione di euro nei confronti della 'ndrina Condello di Reggio Calabria. Nell'ambito dell'operazione sono state coinvolte alcune persone residenti a Cesena. Nel mese di ottobre 2012 il provvedimento è stato confermato anche dai giudici della Corte d’appello sezione Misure di prevenzione di Reggio Calabria. Criminalità organizzata campana • Ottobre 2013, operazione "Justin", i Carabinieri di La Spezia hanno arrestato 7 persone nell'ambito di un'inchiesta che ha sgominato una banda dedita a rapine in banca e sale bingo in tutto il Centro e Nord Italia. Il bilancio è di 27 rapine in banca in cinque regioni, per un bottino complessivo di più di seicentomila euro. Il sodalizio criminale era composto da dieci persone, quasi tutte napoletane, capeggiate da un pregiudicato per reati analoghi. In quasi un anno la banda ha colpito in Liguria, Toscana, Emilia Romagna, Marche e Veneto, e in modo particolare nelle province della Spezia, Massa Carrara, Pisa, Firenze, Arezzo, Forlì-Cesena, Bologna, Rimini, Ferrara, Pesaro-Urbino, Padova e Verona. Criminalità organizzata pugliese • Marzo 2013, è stato arrestato in Lussemburgo, su mandato internazionale richesto dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura di Bologna, Cosimo Damiano Serra. L'uomo, originario della Puglia, secondo gli inquirenti sarebbe al servizio delle cosche calabresi, e fin dai primi del 2000 era riparato in Lussemburgo. E' stato coinvolto nell’uccisione di Salvatore Andricciola, del ‘56, originario di Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro, freddato il 27 ottobre del 1991, nel bar che gestiva a Forlimpopoli, in provincia di Forlì- Cesena, dove si era rifugiato proprio per sfuggire alle faide che coinvolgevano la sua famiglia. Il killer, Stefano Speciale, entrò nel locale in pieno centro e lo trucidò con cinque colpi di pistola. Ma Serra sarebbe coinvolto anche nell'esecuzione del 4 gennaio 1992 di Lamezia Terme, nel corso della quale vennero uccisi il sovrintendente della Polizia Salvatore Aversa, ormai prossimo alla pensione (aveva all’epoca 61 anni) e la moglie. Quest’ultima, in particolare, Lucia Precenzano, in un primo momento riuscì a scappare, ma fu inseguita e uccisa a colpi d’arma da fuoco. Tra gli esecutori materiali del duplice omicidio c’erano anche Stefano Speciale e Salvatore Chirico, entrambi affiliati alla sacra corona unita. Le indagini appurarono che Chirico, Speciale e Serra, insieme a un’altra persona, erano attivi nel traffico di stupefacenti e avevano contratto un debito di 200 milioni di lire con i loro fornitori, la famiglia Giorgi (affiliata alla 'ndrina Romeo di San Luca), che per ripianare i conti li aveva messi a disposizione come killer delle cosche di Lamezia. Dopo anni Speciale e Chirico si sono pentiti, diventando collaboratori di giustizia, e hanno confessato gli omicidi di Andricciola e Aversa. Hanno fatto anche il nome di Serra, ma la Direzione distrettuale antimafia ha dovuto svolgere lunghe indagini per trovare i riscontri necessari ai racconti dei due pentiti. Serra era già stato arrestato per l’uccisione del sovrintendente della Polizia e condannato a 18 anni in primo grado, ma fu assolto in appello. In entrambi i casi non fu Serra a premere materialmente il grilletto, ma secondo gli inquirenti bolognesi, fu lui a effettuare numerosi sopralluoghi a Forlimpopoli con Speciale nei pressi del bar di Andricciola e accompagnò in auto il killer il giorno dell’omicidio, aspettandolo fuori per agevolare la fuga. Per il delitto di Forlimpopoli, Speciale è stato condannato a 13 anni. E' stato condannato anche uno dei mandanti, Francesco Giampà, detto “il professore”, capo dell'omonima ‘ndrina di Lamezia Terme, che con il rito abbreviato ha avuto 30 anni. Criminalità organizzata straniera • Settembre 2013, la Polizia di Stato di Forlì ha arrestato cinque persone ritenute responsabili di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. L’operazione ha permesso di smantellare una capillare rete di spaccio di droga posta in essere da un gruppo criminale costituito prevalentemente da persone di origine albanese, attive in Romagna, alcune delle quali clandestine. • Ottobre 2013, la Polizia di Stato di Forlì e Cesena ha arrestato quattro albanesi e sequestrato due chili e seicento grammi di cocaina destinati al mercato cesenate, oltre a 45mila euro, otto cellulari e un bilancino di precisione. • Ottobre 2013, i Carabinieri di Padova hanno smantellato un'associazione per delinquere che assaltava con esplosivi i bancomat tra il Friuli, il Veneto e l'Emilia Romagna. Dei 21 colpi messi a segno nel Nord Italia, per un danno stimato in circa 21 milioni di euro, ben 13 erano stati messi a segno in Emilia Romagna, nelle province di Forlì-Cesena, Ferrara, Modena e Ravenna. Sono state arrestate 7 persone che gravitano nel mondo dei giostrai. • Ottobre 2013, operazione "100%", la Guardia di Finanza ha arrestato tre persone (due albanesi e un italiano) produzione, traffico, e spaccio di sostanze stupefacenti destinate al mercato della riviera romagnola. I militari hanno individuato a Cento di Roncofreddo, in provincia di Forlì-Cesena, una raffineria in cui venivano tagliate e confezionate le sostanze stupefacenti. Sono stati sottoposti a sequestro 24 chili di eroina pura e 67 chili di eroina tagliata, 10 chili di cocaina, 170 chili di sostanza da taglio, nonché 5 centrifughe in acciaio, 4 stampi per formare panetti di droga da 500 grammi e 1000 grammi, 5 bilance elettroniche, 1a pressa industriale per compattare il panetto di droga e tutto il materiale termoplastico per il confezionamento sottovuoto, nonché un'autovettura e l'immobile utilizzato come laboratorio. Con la sostanza pura e da taglio rinvenuta era possibile immettere sul mercato ulteriori 200 chilogrammi di eroina. Durante la perquisizione è stata anche rinvenuta una pistola CZ modello 99 calibro 9x19 "parabellum" illegalmente detenuta e oltre 100 cartucce. PROVINCIA DI MODENA Non si può non partire dalla relazione annuale della Direzione Nazionale Antimafia del dicembre 2012, laddove si parla della facilità di penetrazione da parte di cosa nostra nelle altre regioni d'Italia “per condizionare le gare per gli appalti di lavori pubblici con le stesse modalità illecite utilizzate in Sicilia". Nel documento si afferma che gli ultimi elementi investigativi segnalano una forte presenza proprio di cosa nostra in Emilia, specie nella provincia di Modena. A tal proposito, occorre ricordare il sequestro di beni mobili e immobili disposto dal Tribunale di Caltanissetta di dicembre 2011, nei confronti di persone ritenute vicine a cosa nostra. Nella relazione del secondo semestre 2012 della Direzione Investigativa Antimafia l'operazione del 23 ottobre 2012 che ha portato all’arresto di soggetti legati alla cosca Longo – Versace di Polistena (RC) operanti a Serramazzoni (MO). La città di Modena è stata interessata, nel mese di ottobre 2012, dall'operazione contro il clan della camorra Di Gioia – nato dalla scissione dal clan Falanga - riguardante il traffico di sostanze stupefacenti. Per quanto riguarda la criminalità campana, questa è impegnata nella gestione dei videogiochi, estorsioni, edilizia, appalti, forniture, subappalti e riciclaggio. Sono particolarmente attivi i casalesi. In merito si rammenta che nel gennaio 2000, che anche in provincia di Modena, fu svolta l'operazione “Claudia”, inchiesta avviata nel gennaio 1996 come stralcio dell’operazione “Spartacus”, nel corso della quale la Dia di Napoli arrestò 13 esponenti di spicco del clan dei casalesi. I beni confiscati in provincia di Modena: * Il totale va inteso al netto degli immobili non confiscati in via autonoma. Comuni In gestione Destinati consegnati Destinati non consegnati Usciti dalla gestione Non confiscati in via autonoma Aziende in gestione Aziende uscite dalla gestione Totale * FORMIGINE 0 0 0 0 0 1 0 1 MODENA 0 0 0 0 0 1 0 1 Criminalità organizzata calabrese • Agosto 2012, operazione "Black swan", la Guardia di Finanza di Modena ha arrestato due pluri-pregiudicati di origine calabrese per bancarotta fraudolenta. L'indagine ha riguardato alcune società riconducibili a un gruppo del settore ceramico del comprensorio modenese, rimaste coinvolte in una serie di fallimenti a catena. E' stato eseguito anche il sequestro preventivo di circa 1,5 milioni di euro. • Ottobre 2012, operazione "Teseo", la Guardia di Finanza di Modena ha arrestato 3 persone di origine calabrese mentre altre 12 sono state denunciate in stato di libertà. Sono accusati, a vario titolo, per associazione per delinquere, concussione, turbata libertà degli incanti, incendio, danneggiamento a seguito d'incendio ed estorsione, con l'aggravante del metodo mafioso. Al vertice dell'organizzazione criminale c'era un pluripregiudicato calabrese ex soggiornante obbligato, originario di Polistena (RC). Il sodalizio, legato alle 'ndrine alleate Longo e Versace di Polistena (RC). L'attività imprenditoriale del sodalizio era orientata anche nel settore immobiliare e nell’acquisizione di appalti pubblici di lavori, opere e forniture dal Comune di Serramazzoni, sciolto nel mese di luglio 2012 dopo le dimissioni della Giunta. Criminalità organizzata campana • Dicembre 2012, operazione "Fulcro", la Dia ha arrestato 28 persone, ritenute esponenti del clan della camorra Fabbrocino. Gli arresti sono stati eseguiti in Lombardia, Emilia Romagna, Umbria, Lazio, Abruzzo, Calabria e Campania, in ordine ai reati di associazione di tipo mafioso, estorsione aggravata, usura, intestazione fittizia di beni a prestanome, reati fallimentari e detenzione illegale di armi. L'autorità giudiziaria ha disposto anche un sequestro preventivo di beni per un valore complessivo di oltre 112 milioni di euro. Uno dei provvedimenti è stato eseguito nel modenese, dove sono state sequestrate quattro unità immobiliari, due appartamenti e due garage riconducibili a un indagato. Un appartamento e un garage si trovano nel comune di Bomporto, gli altri a San Prospero. • Maggio 2013, i Carabinieri di Vignola hanno arrestato Enrico Guarino, classe 1942, originario di Villa di Briano (CE) e residente a Formigine (MO), in esecuzione di un ordine di carcerazione emesso il 13 maggio 2013 dalla procura generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Napoli. L'uomo deve espiare una pena residua di 2 anni, 3 mesi e 20 giorni di reclusione per associazione di tipo mafioso. Il provvedimento è stato emesso nell'ambito dell’indagine denominata “Yanez” condotta dai Ros dei Carabinieri di Modena, tra il 2006 e il 2009, nei confronti di un sodalizio criminale appartenente al clan dei casalesi e facente capo ai già latitanti Giuseppe Caterino prima e Raffaele Diana dopo. Nell'inchiesta erano stati documentati reati di estrema gravità commessi in provincia di Modena dall’organizzazione. Circa 80 sono gli indagati e 44 sono le ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse nei confronti di altrettanti affiliati. Numerosi sono i beni che sono stati sequestrati. I destinatari dei provvedimenti restrittivi, tutti originari dell’Agro Aversano, avevano di fatto costituito (come documentato dalle numerose sentenze a loro carico) a Modena e nelle province limitrofe, una ramificazione dell’organizzazione. Il controllo del territorio faceva capo a due gruppi, il primo capitanato da Caterino e il secondo da Diana, i quali a loro volta si rapportavano con la famiglia egemone del clan Schiavone, dedita al controllo degli appalti nel settore edile e commerciale, al controllo del gioco d’azzardo all’interno di bische clandestine, estorsioni, atti intimidatori. Il ruolo di Guarino, in posizione subordinata rispetto ai vertici dell’organizzazione, era principalmente quello di accompagnare a Modena personaggi di spicco inviati dai capi dell’organizzazione, nonché quello di mantenere i contatti per accordi e appuntamenti sia con i referenti delle bische clandestine che con gli altri affiliati che si occupavano delle estorsioni a imprenditori e artigiani. • Giugno 2013, operazione "Rischiatutto", i Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Caserta, assieme alla Guardia di Finanza e alla Polizia di Stato, hanno eseguito 57 ordinanze di custodia cautelare emesse, su richiesta della Procura di Napoli, contro il clan di camorra dei casalesi. I 57 arrestati sono accusati, a vario titolo, di partecipazione e concorso esterno in associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata all'esercizio abusivo dell'attività di gioco e scommesse, illecita concorrenza con violenza e minacce, truffa aggravata ai danni dello Stato, frode informatica, riciclaccio e reimpiego, intestazione fittizia di beni, estorsione e altri delitti aggravati dalle finalità mafiose. Sono stati sequestrati beni mobili e immobili per oltrre 100 di milioni di euro. Gli arresti, sequestri e perquisizioni sono stati eseguiti nelle province di Caserta, Napoli, Frosinone, Modena, Reggio Emilia e Catania. In Emilia sono state arrestate quattro persone, tra i quali un sorvegliato speciale di Casal di Principe. Nell'ordinanza sono almeno 33 i modenesi (nati o residenti in provincia) citati dai magistrati come indagati e fiancheggiatori dell'organizzazione: persone pulite, che depositavano ingenti somme sui propri conti correnti ripulendo così i proventi delle attività illecite del boss Nicola Schiavone. Secondo gli inquirenti, sono cinque i circoli in provincia di Modena che si collegavano a siti internet per il gioco d'azzardo e scommesso on line controllati dal clan dei casalesi. L'indagine è il prosieguo della prime due inchieste denominate "Normandia 1" e "Normandia 2", tese a smantellare il clan Schiavone, egemone all'interno della federazione casalese. Nel luglio 2010 la seconda operazione coinvolse 73 persone, 16 delle quali finirono in carcere, tra camorristi di spicco, come Nicola Schiavone figlio di sandokan e l'ex primula rossa Antonio Iovine " 'o Ninno", imprenditori, politici e pubblici funzionari. • Luglio 2013, i Carabinieri hanno arrestato una donna per tentata estorsione commessa nei confronti della figlia di un pregiudicato che vive a Pavullo, arrestato quattro anni fa per reati di stampo camorristico (clan dei casalesi). • Agosto 2013, sono stati segnalati per ricettazione una donna e un uomo (di origine campana e ritenuto dagli inquirenti affiliato alla camorra) residenti a San Felice sul Panaro (MO). I due, già arrestati qualche mese prima perché trovati in possesso di una pistola calibro 38, risultata rubata a Napoli, 150 grammi di cocaina, sette di eroina, sono stati individuati dalla Polizia di Stata perché hanno inviato un carico di sigarette, provento di furto, nella casa della donna sita nel quartiere Scampia di Napoli. • Settembre 2013, la Squadra Mobile di Modena ha arrestato Antonio Corvino, 32 anni di San Cipriano d'Aversa, ritenuto elemento emergente del clan camorristico dei casalesi. L'uomo, soprannominato "O malese", si era allontanato dalla sua abitazione, dove era agli arresti domiciliari, dandosi alla latitanza. Antonio Corvino era stato arrestato nell'ambito dell'indagine coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna che, nell'aprile del 2012, che aveva portato all'emissione di 8 provvedimenti restrittivi nei confronti di persone di origine campana, da tempo residenti nella provincia di Modena, nei confronti delle quali furono contestati i reati di estorsione e rapina aggravata dal metodo mafioso. Almeno cinque gli imprenditori del settore edile della provincia le vittime del gruppo criminale. Alcuni di questi sono stati malmenati e minacciati con una pistola. Corvino è stato rintracciato in un appartamento di Modena in compagnia di due donne, originarie del casertano, che sono state denunciate per favoreggiamento personale. • Ottobre 2013, la Polizia di Stato di Modena e Reggio Emilia ha arrestato cinque persone (cosiddetta banda dei rolex) per associazione per delinquere finalizzata alle rapine. I malviventi, provenienti dal napoletano, avevano la base logistica in due appartamenti a Reggio. • Novembre 2013, operazione “Curacao”, la Guardia di Finanza, coordinata dalla Dda di Roma, ha sequestrato beni per 15 milioni di euro, tra i quali una sala giochi a Roma, inaugurata meno di un anno fa, un gruppo societario che gestiva circa 800 new slot in tutt’Italia, più di 100 conti correnti e depositi bancari. I beni sequestrati sono riconducibili all’imprenditore dell’azzardo Luigi Tancredi, già finito in altre tre inchieste (“Black monkey”, “Rischiatutto” e “Game over”), tra il 2012 e il 2013, sugli affari della ’ndrangheta e del clan camorrista dei casalesi su slot e scommesse. L'accordo era stato stipulato tra Nicola Femia detto "Rocco", della cosca Mazzaferro di Marina di Gioiosa Jonica (Rc) e Nicola Schiavone, il figlio maggiore di Francesco "sandokan", indiscusso capo dei casalesi, entrambi con interessi nel gioco anche in Emilia Romagna (Modena e Reggio Emilia). Criminalità organizzata siciliana • Ottobre 2013, i Carabinieri di Tivoli hanno arrestato un pregiudicato siciliano accusato di essere uno dei tre malviventi che hanno messo a segno una rapina in una banca di Soliera, in provincia di Modena. L'uomo è stato bloccato, mentre tentava la fuga, al casello autostradale Roma Est. • Novembre 2013, i Carabinieri di Carpi (MO) hanno arrestato un pregiudicato origine siciliana per spendita di banconote false. L'uomo aveva cercato di fare acquisti in una panetteria e in un bar con pezzi da 20 euro falsi. Il titolare del panificio si è accorto che i soldi non erano veri e ha chiamato il 112. La pattuglia del Radiomobile, poco dopo, ha bloccato la persona, trovata in possesso di altri 200 euro in banconote da 50 e 20 euro tutte false. Criminalità organizzata straniera • Settembre 2013, operazione “Csum csum”, la Polizia di Stato di Modena ha eseguito due mandati di arresto europeo nei confronti di due latitanti dal 2011 per i reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Nel luglio 2011, la Squadra Mobile della Questura di Modena aveva iniziato un’indagine a carico di cittadini di nazionalità ungherese, tra cui alcune donne, dediti alle attività illecite nella provincia di Modena e in altri centri dell’Emilia Romagna. Alla conclusione delle indagini, furono arrestate13 persone e nei confronti di altre 3 fu emessa la misura cautelare del divieto di dimora nel comune di Modena. Altri 3 fermi furono poi convalidati, a carico di altri cittadini ungheresi, collegati al gruppo criminale. Abusivismo • Ottobre 2013, la Forestale ha sequestrato preventivamente il cantiere della nuova scuola materna e dell'asilo nido di Riccò, frazione del comune di Serramazzoni (MO). Il sequestro giunge a seguito di complesse indagini condotte dal Nucleo Investigativo Provinciale di Polizia Ambientale e Forestale di Modena del Corpo Forestale dello Stato, in collaborazione con la Sezione di Polizia Giudiziaria, in riferimento a reati di abuso d'ufficio ed abusivismo edilizio. Oltre al sequestro penale del cantiere e dell'area circostante, sono stati deferiti all'Autorità Giudiziaria il committente e il direttore dei lavori. Denunciati inoltre un ex-responsabile dell'Ufficio Tecnico e un ex-amministratore del Comune di Serramazzoni (MO), questi ultimi già coinvolti in altre vicende giudiziarie legate all'esercizio delle loro funzioni. Stupefacenti • Settembre 2013, i Carabinieri hanno sequestrato un chilo e 200 grammi di eroina e due pistole con munizioni dopo un controllo in un casolare al confine tra i comuni di Nonantola e Bomporto, nel Modenese. La droga e le armi erano nascosti in uno stabile disabitato. Il valore dello stupefacente sequestrato si aggira intorno ai 20.000 euro. La armi da fuoco sono invece una pistola semiautomatica calibro 7,65 e un revolver calibro 38 special, entrambe di fabbricazione straniera e con i relativi colpi inseriti nel caricatore. Nessuna delle due pistole è risultata provento di furto, poiché probabilmente proveniente dall'estero attraverso canali clandestini. Compro oro • Luglio 2013, la Guardia di Finanza di Modena ha eseguito tre arresti e ha denunciato 17 persone per associazione per delinquere finalizzata alla truffa, ricettazione, riciclaggio, frode fiscale e commercio abusivo di oro. L'indagine coinvolge una catena di compro oro, con sede legale a Ostiglia, con filiali in molte regioni del centro-nord (Toscana, Emilia, Liguria, Trentino, Veneto). I titolari sono accusati di avere comprato bracciali e catenine sapendo che provenivano da furti e rapine, di aver truffato alcuni clienti falsando il peso dell’oro e frodato il fisco, non dichiarando buona parte del giro d’affari. Il tutto avveniva spesso senza registrare l’oro comprato. I proventi illeciti venivano investiti nell'acquisto di immobili in Costa Rica e beni di lusso come orologi Rolex, autovetture (Hummer e Bentley) e una villa con piscina sul Garda. I beni sono stati sottoposti a sequestro, assieme a 41 conti correnti bancari. PROVINCIA DI PARMA E' rilevante la presenza di 'ndrine nel territorio della provicia. Ciò è stato favorito anche dalla vicinanza della bassa Lombardia, dove la ‘ndrangheta è molto forte. Sono operative a Parma dirette articolazioni di alcune delle cosche più pericolose, quali: Grande Aracri, Arena, Martino, Ariola, Barbaro, Nirta – Strangio, Bellocco e Gallo. Sono molto presenti anche elementi di spicco della camorra, tra i quali il clan dei Sarno del quartiere di Ponticelli di Napoli, e dei Di Lauro (nel mese di febbraio 2012 è stato arrestato a Salsomaggiore Terme il superlatitante camorrista, Antonio Petrozzi, inserito nell'elenco dei 100 ricercati piu pericolosi). E' stata rilevata, altresì, la presenza di soggetti vicini alla famiglia Panepinto di Bivona (AG), ritenuta collegata a cosa nostra. La provincia è stata colpita anche da gravi episodi di corruzione, elemento questo che, inevitabilmente, favorisce le infiltrazioni mafiose nell’economia legale. Per quanto riguarda tali problematiche, non si può fare a meno di mettere in evidenza il fatto che la Prefettura ha emesso circa 20 provvedimenti interdittivi antimafia nei confronti di imprese operanti nel territorio della provincia di Parma. Questo è avvenuto solo negli ultimi anni, dal 2010 in poi. Da segnalare la proposta dell'attivazione di un centro di formazione per il personale della pubblica amministrazione, per insegnare ai dipendenti come combattere le mafie, che dovrebbe essere realizzato dal Comune di Parma, con il supporto di Libera e della Fondazione Caponnetto. I beni confiscati nella provincia di Parma: * Il totale va inteso al netto degli immobili non confiscati in via autonoma. Comuni In gestione Destinati consegnati Destinati non consegnati Aziende in gestione Aziende uscite dalla gestione Totale * LANGHIRANO 0 4 0 0 0 4 SALSOMAGGIORE TERME 0 2 0 0 0 2 Criminalità organizzata campana • Ottobre 2012, i Carabinieri hanno stroncato un giro di usura a Parma. Nell'ottobre 2010, un esponente di spicco della camorra, Raffaele Guarino, originario di Somma Vesuviana, capo del clan Guarino-Celeste del quartiere Barra di Napoli, era stato ucciso, nella propria abitazione di Medesano (PR), dove si trovava in libertà vigilata. Guarino aveva avuto contrasti con il clan Aprea del quartiere napoletano di Barra e nel 2005 era sopravvissuto ad un altro tentativo di omicidio. Quando il camorrista venne ucciso, gli usurati parmensi pensarono che tutto fosse finito. L'incubo invece non era concluso. I parenti del boss assassinato sono tornati in città per riscuotere i crediti di usura lasciati in sospeso. Il gruppo criminale aveva come attività di copertura la vendita di mozzarelle di bufala. Nel corso dell'operazione sono state arrestate sei persone. • Novembre 2012, la Dia ha effettuato un sequestro per un valore complessivo di un milione di euro a Parma, Monza, in Brianza, Spezia, Roma, Napoli, Caserta e Benevento. Il provvedimento è stato disposto dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (CE) nei confronti di presunti affiliati al clan camorristico dei casalesi (fazione Bidognetti). Nel pieno centro di Parma è stata sequestrata una società immobiliare. I provvedimenti riguardano una persona che ha rapporti di parentela con la famiglia Bidognetti. • Febbraio 2013, il Gico della Guardia di Finanza ha sequestrato un patrimonio di 18 milioni tra immobili, quote societarie e altri beni. Il provvedimento è stato eseguito nei confronti di una persona, nativa di Casal di Principe (CE), ritenuta uno dei tesorieri al nord del clan della camorra dei casalesi. L'uomo viveva da tempo a Modena dove, fino dagli anni novanta, ha gestito un night club che veniva utilizzato per incontri e riunioni dagli affiliati al clan. Sono stati posti i sigilli a 48 tra palazzi e appartamenti nelle province di Parma e Modena (compreso un caseificio), partecipazioni in tre società di capitali, un terreno, quattro macchine, e due rapporti assicurativi. • Maggio 2013, ignoti hanno tentato di incendiare lo studio di due avvocati. Un precedente "avvertimento" sarebbe avvenuto nel mese di ottobre 2012, quando nel giardino dello studio legale sarebbe stata trovata una molotov. I due legali erano stati arrestati un anno fa nell’operazione "Venus", che aveva portato alla scoperta di un giro di prostituzione in 7 locali di Parma e numerosi arresti. Una vicenda di cui si è tornato a parlare di recente dopo che il 29 aprile a Rimini i Carabinieri hanno scoperto che la camorra (clan Licciardi di Secondigliano) gestiva alcuni night. Uno degli arrestati della riviera romagnola era stato coinvolto anche nell’inchiesta di Parma (vedasi operazione "Mirror" di Rimini). • Giugno 2013, operazione dei Carabinieri del Ros di Napoli nei confronti del clan dei casalesi, eseguita in Campania ed Emilia Romagna (Parma, Modena e Reggio Emilia). Decine sono gli indagati e 57 gli arrestati. Uno di questi è stato eseguito a Colorno (PR). L’inchiesta ha portato alla luce una rete di fiancheggiatori che riciclavano i soldi del boss Schiavone, provenienti soprattutto da scommesse e giochi on-line. Il campano residente a Colorno, indagato per riciclaggio, avrebbe aiutato il clan a nascondere parte del denaro in due modi. • Ottobre 2013, la Polizia Stradale ha arrestato Michele D'Alessandro, 35 anni di Castellammare di Stabia, capo dell'omonimo clan camorristico. Il provvedimento restrittivo è stato emesso dalla Corte d'Appello di Bologna, per estorsione e usura continuata con metodo mafioso. D'Alessandro aveva usurato un locale di Salsomaggiore, con minacce e metodi intimidatori tipici della camorra campana. Nel 2005 era avvenuto il primo arresto, effettuato dai Carabinieri di Castellammare e di Salsomaggiore. La denuncia fu presentata nel luglio del 2005 da un imprenditore di Salsomaggiore, che aveva deciso di aprire una pizzeria. L'uomo aveva ricevuto soldi in prestito ma, pian piano, gli usurai hanno iniziato a fare richieste sempre più pressanti e ad applicare interessi sempre più alti. Dopo mesi di indagini i Carabinieri avevano arrestato cinque persone. L'accusa per tutti era di estorsione, usura aggravata dall'uso delle armi e dal metodo mafioso. Criminalità organizzata calabrese • Giugno 2013, i Carabinieri hanno eseguito in tutta Italia 28 ordinanze di custodia cautelare nei confronti della cosca di Acri-Morfò Rossano (CS). Uno degli arresti è stato seguito a Parma. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, tentato omicidio, ricettazione, estorsione, traffico di sostanze stupfacenti, rapina e trasferimento fraudolento di valori. Il boss della 'ndrina, Nicola Acri, che era stato arrestato a Bologna nel 2010, è detenuto a Parma. I Ros hanno sequestrato beni per 40 milioni di euro, tra cui 17 società (in particolari attività commerciali con le quali veniva riciclato il denaro), 25 immobili, tra terreni ed appartamenti, 45 automobili e sette polizze assicurative. Sequestrati anche conti correnti bancari e denaro contante. Criminalità organizzata siciliana • Settembre 2012, la Polizia di Stato di Trapani ha eseguito un sequestro di 25 milioni di euro nei confronti di un imprenditore edile di Erice. Gli investigatori ipotizzano che il patrimonio appartenga al superlatitante di cosa nostra, Matteo Messina Denaro. L'imprenditore era titolare di una vera e propria holding di imprese, con interessi in tutti settori, dall'edilizia privata a quella pubblica, porti, aeroporti, autostrade, reti idriche e fognarie, alberghi e residence. Complessivamente, negli ultimi dieci anni le imprese di riferimento si sarebbero aggiudicate appalti per più di 50 milioni di euro. Tra gli appalti ricostruiti dalla polizia, quello Anas per le barriere di sicurezza della tangenziale di Parma. • Dicembre 2012, la Direzione Distrettuale Antimafia di Messina ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 8 persone per usura. Una di queste – G.C., nato a Villafranca Tirrenica (ME) - è stata arrestata a Parma. L'indagine è partita in seguito alle denunce effettuate da un direttore di banca, che era stato minacciato per tenere nascosti alcuni giri di denaro di entità rilevanti, su dei conti correnti aperti nella sua filiale. Tra i soggetti indagati, due risultano essere condannati per associazione mafiosa ed essere inseriti, uno nei clan Ventura -Vadalà, operante nel rione Camaro, e l'altro nella cosca Barcellonese. • Settembre 2013, i Carabinieri di Parma hanno arrestato il latitante messinese Vincenzo Crascì, che per anni ha operato in affari (negozi ortofrutta, bar) a Parma. L'uomo doveva scontare una condanna a 21 anni di reclusione, confermata in Cassazione nel 2011. I militari lo hanno catturato seguendo i familiari, tra cui la moglie moldava e la figlia. I Carabinieri hanno avviato un’indagine che ha portato a individuare il covo del latitante nello stato del Baden Wurttemberg, a Singen, sul lago di Costanza. Il messinese Vincenzo Crascì era arrivato a Parma nel 2000, quando era già un sorvegliato speciale in quanto imputato nel processo "Mare nostrum" contro appartenenti alle famiglie mafiose a Barcellona Pozzo di Gotto (cosa nostra), per reati in materia di mafia, estorsioni e omicidi. Incendi dolosi • Novembre 2012, tre mezzi sono stati bruciati in una cava d’estrazione a Sissa (PR), nella bassa parmense, con un danno di circa 200mila euro. • Settembre 2013, un autocarro è andato in fiamme durante la notte in un cantiere di via Buozzi a Parma. • Agosto 2013, due ruspe sono state incendiate dentro un cantiere nella zona di Gainago, a San Polo di Torrile. Da una prima ricostruzione sembra che i mezzi siano andati a fuoco per cause dolose. Le due ruspe sono state distrutte, i danni per la ditta che stava effettuando lavori di scavo su un canale sono state messe quasi completamente fuori uso. Rapine • Settembre 2013, tre banditi, probabilmente italiani, armati di pistole hanno rapinato 150mila euro in una banca a Corcognano (PR). Corruzione • Giugno 2013, la Guardia di Finanza ha arrestato per corruzione 5 persone. Gli indagati, tra i quali dipendenti di Equitalia e dell'agenzia delle Entrate, avrebbero predisposto un sistema per evadere le tasse. PROVINCIA DI PIACENZA La provincia di Piacenza è divenuta un importante crocevia per i narcotrafficanti italiani e stranieri. Anche le problematiche connesse allo sfruttamento della prostituzione, all'immigrazione clandestina e alla riduzione in schiavitù, hanno assunto livelli preoccupanti. Di rilievo è la presenza della criminalità organizzata e, in particolar modo, di quella calabrese. Questa presenza subisce, anche in questo caso, l'influenza della vicinanza della bassa Lombardia, dove la ‘ndrangheta è molto forte. Nella zona sono state acclarate le presenze delle cosche Grande Aracri di Cutro (KR), Muto e Chirillo di Cetraro (CS) e Barbaro. Dalla relazione annuale della Dna pubblicata nel dicembre 2012, si legge: <>. Non meno importanti sono le presenze di cosa nostra, in particolare della famiglia Galatolo, operante nel quartiere Acquasanta di Palermo, e del clan camorristico Fabbrocino, attivo nella zona vesuviana di Nola (NA). Di rilievo l'arresto, avvenuto nel 2010 nell'ambito dell'operazione contro i clan dei casalesi e Mallardo, di un napoletano residente a Piacenza. L'uomo, chiamato negli ambienti camorristici "O' maresciall', per i suoi trascorsi nei Carabinieri, è considerato dagli inquirenti l'armiere dell'organizzazione criminale. Con questa operazione è stato appurato che i due clan camorristici erano alleati con le famiglie mafiose dei Santapaola-Ercolano, al fine di ottenere il monopolio del mercato ortofrutticolo e del trasporto collegato a questo settore, attraverso estorsioni e metodi coercitivi. Come detto in precedenza, anche in questo caso è stato rilevato un patto federativo tra cosa nostra, camorra e 'ndrangheta. Nell'insieme, la sfera di operatività criminosa di questi sodalizi è principalmente orientata in attività estorsive e usurarie in danno di imprese. La sottomissione al ricatto da parte della criminalità organizzata, in molti casi, induce le vittime a effettuare false fatturazioni con il fine di realizzare illeciti introiti, creando operazioni commerciali inesistenti. Tutto ciò provoca, inevitabilmente, un vincolo di complicità con i criminali. Anche nel caso di Piacenza le mafie sono molto attive nell’edilizia, pubblica e privata, e nelle acquisizioni immobiliari e commerciali. Da segnalare il percoso sulla legalità fatto insieme dalla Fondazione Caponnetto e l'amministrazione provinciale di Piacenza. I beni confiscati nella provincia di Piacenza: * Il totale va inteso al netto degli immobili non confiscati in via autonoma. Comuni In gestione Destinati consegnati Aziende in gestione Aziende uscite dalla gestione Totale* CORTEMAGGIORE 0 5 0 0 5 PIACENZA 1 0 0 0 1 Criminalità straniera • Aprile 2013, i Carabinieri di Piacenza hanno eseguito numerose ordinanze di custodia cautelare in carcere, sgominando un radicato traffico di stupefacenti e di sfruttamento della prostituzione. In manette anche alcuni agenti della Questura di Piacenza. Arrestati anche pregiudicati piacentini e alcuni stranieri di nazionalità sudamericana. • Settembre 2013, un uomo è stato ucciso con una pistola in strada a Piacenza nei pressi di un bar, alle porte del centro storico. Dopo pochi giorni la Polizia di Stato ha arrestato due fratelli albanesi di 28 e 30 anni ritenuti gli autori materiali dell'omicidio. I due sono stati bloccati all'aeroporto di Malpensa mentre stavano per salire su un aereo diretto in Albania. • Novembre 2013, i Carabinieri del Nucleo investigativo di Piacenza hanno hanno smantellato un'organizzazione criminale, composta da cittadini italiani e stranieri, dedita alla spendita di banconote da 100 dollari statunitensi contraffatti. Sono state arrestate 19 persone per associazione per delinquere finalizzata all'introduzione nello Stato e spendita di banconote falsificate. L'organizzazione operava tra Africa, Spagna, Svizzera e Italia e utilizzava un procedimento di ''sbiancamento'' e ''riscrittura'' di cartamoneta originale ma con valore nominale inferiore. I Carabinieri hanno operato nelle province di Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Milano, Como e Mantova. Reati fiscali • Settembre 2013, operazione “Grey job" (lavoro grigio), la Guardia di Finanza ha individuato tre cooperative di facchinaggio che, attraverso una frode, hanno nascosto al fisco 17,7 milioni e hanno evaso l’Iva per 6,9 milioni di euro. E' stata trovata, inoltre, una posizione irregolare e il pagamento “in nero” per 695 soci lavoratori. Gli amministratori delle tre coop sono denunciati alla procura con le accuse di infedele e omessa dichiarazione dei redditi, emissione di fatture per operazioni inesistenti e mancato versamento delle imposte Irpef e Iva. Per i 695 soci il totale del “nero” è stato di quasi tre milioni di euro, con un mancato versamento Irpef di 1,2 milioni. Le fatture per operazioni fantasma ammontavano a oltre due milioni di euro. PROVINCIA DI RAVENNA La provincia, così come è stato riportato nel Rapporto del 2012, è stata interessata da operazioni di polizia di assoluto rilievo che hanno visto il coinvolgimento di personaggi appartenenti alle cosche calabresi Muto, Chirillo, Nirta-Strangio e Masellis – Lentini. Da segnalare quanto emerge dalle indagini della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli che indica le ramificazioni del clan D'Alessandro da Castellamare di Stabia alla Romagna e, in particolar modo a Ravenna, Rimini e Cattolica (RN), trasformate in piazze di spaccio. L'organizzazione criminale di stampo camorristico, secondo i magistrati, oltre a gestire il mercato degli stupefacenti utilizzando, in questo caso, il porto di Ravenna, sarebbe impegnata anche a gestire altre attività quali night club, ristoranti, bar e negozi di abbigliamento, soprattutto gli outlet e quelli di intimo, nei quali piazzarci come commesse alcune delle ragazze fatte arrivare dall’estero e non inserite nei locali notturni. Nel territorio della provincia di Ravenna sono state rilevate, altresì presenze di organizzazioni criminali di origini catanesi e pugliesi. E’ molto presente in provincia il problema dei laboratori cinesi e del conseguente utilizzo manodopera in nero e dell’evasione fiscale. Permangono gravi i fenomeni legati alla prostituzione al narcotraffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, che spesso vedono coinvolti gruppi malavitosi stranieri. I beni confiscati nella provincia di Ravenna: * Il totale va inteso al netto degli immobili non confiscati in via autonoma. Comuni In gestione Destinati consegnati Destinati non consegnati Usciti dalla gestione Non confiscati in via autonoma Aziende in gestione Aziende uscite dalla gestione Totale * CERVIA 0 1 0 0 0 0 0 1 FAENZA 0 2 0 0 0 0 0 2 RAVENNA 0 5 0 0 0 0 0 5 Criminalità organizzata calabrese • Ottobre 2012, la Squadra Mobile di Reggio Calabria ha arrestato Salvatore Giorgi, latitante da 2 anni. L'uomo si nascondeva in provincia di Ravenna. Era sfuggito alla cattura dell'operazione "Imelda" condotta dal Goa di Catanzaro e che aveva disarticolato nel 2010 i gangli “operativi” e “organizzativi” una pericolosa holding criminale di livello internazionale. Un’alleanza strategica tra le cosche della 'ndrangheta della Locride (Nirta-Strangio) e quelle della Piana di Gioia Tauro (Ascone e Bellocco) le quali, rinsaldando latenti amicizie tra vecchi capi ‘ndrina, si sono tra loro coalizzate per assicurarsi, da un lato, l’apertura di nuovi canali per l’importazione, lo stoccaggio e lo smercio della cocaina proveniente dal Sud America, dall’altro la creazione, soprattutto in territorio estero, di basi operative e logistiche per la copertura di soggetti latitanti appartenenti alle medesime cosche. In questo quadro, gli uomini del Goa di Catanzaro, coordinati dai magistrati della Dda di Reggio Calabria, avevano sviluppato la loro indagine seguendo contestualmente un duplice binario investigativo: il primo, finalizzato alla neutralizzazione del traffico internazionale di droga gestito dall’organizzazione; il secondo, rivolto all’individuazione e alla cattura di importanti esponenti del sodalizio che, sebbene in stato di latitanza, continuavano a porre in essere i loro affari illeciti. Giorgi era riuscito a sfuggire alla cattura e aveva fatto perdere le sue tracce per anni. Gli uomini della Squadra Mobile reggina lo hanno scovato in provincia di Ravenna dove sembra continuava a interessarsi di attività illecite. • Gennaio 2013, operazione "Black money", la Guardia di Finanza di Bologna ha sequestrato 1.500 slot machine truccate su tutto il territorio nazionale. Le Fiamme gialle hanno eseguito 29 ordinanze di custodia cautelare, oltre 150 perquisizioni (anche a Parma e Modena), nei confronti di un’organizzazione che secondo le indagini gestiva in tutta Italia i settori del gioco on line e delle videoslot manomesse. A capo dell’organizzazione, secondo gli inquirenti, c'era Nicola Femia, di Marina di Gioiosa Jonica, boss della 'ndrangheta con base a Ravenna. I finanzieri hanno anche sequestrato beni per oltre 90 milioni di euro. Sono state perquisite numerose sale da gioco dove erano state piazzate le videoslot manomesse o dove era possibile collegarsi con i siti di gioco on line illegali. L'organizzazione, secondo quanto accertato dai finanzieri, aveva la base operativa in Emilia-Romagna e ramificazioni non solo in Italia (Lombardia, Piemonte, Veneto, Toscana, Lazio, Marche, Abruzzo, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna) ma anche in Romania e in Gran Bretagna. Negli apparecchi era stata installata una scheda modificata che avrebbe nascosto i reali volumi di gioco, portando quindi a una maxi evasione sulle tasse da pagare allo Stato. I rapporti di affari di Femia erano soprattutto con la 'ndrina di riferimento i Mazzaferro, di Marina di Gioiosa Ionica e con forti interessi nel settore dei giochi, per poi passare agli Alvaro, alla 'ndrina Valle-Lampada e anche con i casalesi. Nel corso dell'inchiesta della Guardia di Finanza è stata intercettata una telefonata nella quale il presunto capo della banda, Nicola Femia, si lamenta con un imprenditore degli articoli sulla Gazzetta di Modena del giornalista Giovanni Tizian. "O la smette o gli sparo in bocca" dice a un certo punto l'uomo. Una minaccia che ha portato le forze dell'ordine a mettere sotto protezione Tizian. • Novembre 2013, la Dia di Reggio Calabria ha sequestrato beni per un valore di 325 milioni di euro nei confronti di imprenditore - nativo di Villa San Giovanni, ma domiciliato a Gioia Tauro (RC) - del settore oleario, con proiezioni di rilievo sia nel comparto alberghiero sia in quello della ristorazione, già tratto in arresto nel 2010 per i reati di associazione per delinquere, truffa aggravata e altro. La vasta operazione colpisce un ingente patrimonio, dislocato tra Calabria, Abruzzo ed Emilia Romagna. Sono state sequestrate le quote sociali di 23 aziende, tra le quali una con sede a Ravenna. Criminalità organizzata pugliese 1. Giugno 2013, operazione “Baccus”, la Squadra Mobile di Foggia e lo Scico della Guardia di Finanza di Foggia e Bari hanno arrestato 24 presunti esponenti della mafia foggiana. L’accusa è quella di associazione per delinquere finalizzata all'usura e all'estorsione con l'aggravante del metodo mafioso, truffa ai danni dell'Unione Europea e illecito amministrativo. Gli inquirenti hanno disposto il sequestro di beni mobili e immobili a un'importante azienda vitivinicola in provincia di Ravenna. Altri sequestri sono stati compiuti anche nel foggiano e nel nord Italia, per un valore complessivo di oltre 20 milioni di euro. L'operazione Baccus si collega alla successiva operazione "Corona" del luglio 2013, della Dda e dei Ros di Bari, nel corso della quale sono state emesse misure cautelari nei confronti di famiglie malavitose ai vertici delle “batterie” del sodalizio mafioso chiamato società foggiana, attivo a Foggia e in Provincia. La società foggiana, secondo gli inquirenti, ha dimostrato negli ultimi anni di aver assunto un ruolo importante anche sul panorama criminale nazionale, con la sua capacità di saper associare a un controllo del territorio di tipo militare una vocazione affaristico imprenditoriale. L'inchiesta ha evidenziato, inoltre, il crescente ruolo assunto dalla “società” all'interno delle altre mafie come la camorra, oltre alla sua capacità pervasiva e di infiltrazione all'interno del mercato internazionale di stupefacenti. Clan mafiosi riconducibili in primis alle famiglie dei Francavilla, dei Trisciuoglio, dei Tolonese hanno dimostrato di godere di buone credenziali in relazione ai rapporti con un narcotrafficante siciliano. Forte si è dimostrato il sodalizio tra i gruppi malavitosi dominanti il capoluogo dauno, con la mafia garganca. La società, secondo gli investigatori, è una delle più agguerrite mafie. Si tratta di una mafia nuova, e pericolosa perchè riesce a coniugare tradizione e modernità. Fattori questi che le hanno consentito di diventare forte soprattutto dal punto di vista industriale. Una mafia con una struttura organizzativa mutata dopo che i capi della first generation sono stati decapitati, che oggi è in grado di fare alleanze alla pari, senza ricorrere come in passato a una colonizzazione del territorio, passando dalla gestione affaristica evidenziata nell'operazione Baccus, fino ad arrivare alla gestione monopolistica di società di rifiuti riproducendo il modello Napoli. • Novembre 2013, operazione "Game over", i Carabinieri, su disposizione della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, hanno eseguito 46 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di appartenenti alla sacra corona unita. I provvedimenti sono stati emessi per associazione di tipo mafioso e associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Una persona, originaria di San Pietro Vernotico (BR), è stata arrestata nella provincia di Ravenna, a Lido di Savio, dove soggiornava da alcune settimane. Prostituzione • Novembre 2013, la Polizia di Stato ha sequestrato alcuni appartamenti a Faenza, dove prostitute e trans esercitavano il loro mestiere. Le abitazioni sono intestate a un commerciante, ritenuto dagli inquirenti, referente di cittadini stranieri, anche clandestini, e di parte di ciò che ruota intorno al mercato della prostituzione. PROVINCIA DI REGGIO EMILIA Il pericolo infiltrazioni a Reggio Emilia e in provincia è sempre alto. Il numero delle imprese che sono state colpite da provvedimenti interdittivi antimafia è assai rilevante. Al riguardo, non si può fare a meno di fare un breve cenno alla cena di Villa Cadè del 21 marzo 2012, alla quale parteciparono due politici reggiani e alcuni imprenditori considerati vicini ad ambienti mafiosi. A dare conto della vicenda è stato l'ex presidente della Commissione antimafia Beppe Pisanu, il quale - in occasione della conferenza stampa, a margine della riunione della Commissione che si tenne a Bologna - dichiarò: «Una cena nella quale si sono incontrati pubblici amministratori e personaggi dalla dubbia caratura civile e morale, architettata probabilmente per cercare una contaminazione con la politica da parte del crimine organizzato ». Oramai è più che nota la storica presenza della 'ndrina cutrese Grande Aracri che ha assunto l'egemonia nel territorio. Sono presenti, altresì, soggetti riconducibili alle ‘ndrine dei Barbaro, Strangio e Nirta di San Luca (RC), dei Bellocco di Rosarno, Gallo di Gioia Tauro (RC), dei Muto di Cetraro, degli Arena, dei Dragone, dei Nicoscia, di Isola Capo Rizzuto, dei Martino di Cutro. Presente anche la cosca crotonese Vrenna-Bonaventura, alleata della 'ndrina Grande Aracri (dichiarazioni del pentito di ‘ndrangheta Luigi Bonaventura). E' rilevante anche il rapporto in affari, più che decennale, che si è creato tra 'ndrangheta e cosa nostra (vedasi anche indagine denominata “Caronte”, svolta dalla Compagnia Carabinieri di Cefalù, menzionata nel Rapporto del 2012). Per quanto riguarda la camorra, è molto attivo nella zona il clan dei casalesi, ed è presente anche il clan Belforte di Marcianise (Caserta). Da non sottovalutare il fenomeno degli incendi dolosi che si sono verificati anche nei cantieri nel Reggiano. Criminalità organizzata calabrese • Con l’operazione "Pandora" del 2009 è iniziata a scricchiolare la 'ndrina Grande Aracri. Il Servizio Centrale Operativo, la Squadra Mobile di Crotone e la Sezione Criminalità Organizzata di Catanzaro hanno eseguito 37 arresti e il sequestro di beni per qualche decina di milioni di euro nel crotonese. Il provvedimento ha colpito le famiglie leader, gli Arena (alleati con i Dragone e Mannolo) e i Nicoscia di Isola Capo Rizzuto (alleati con la cosca Grande Aracri). La faida tra le 'ndrine Grande Aracri-Nicoscia-Capicchiano e Russelli da un lato e dall’altro le famiglie Arena-Trapasso-Dragone e Megna parte da lontano, dagli anni '90 e coinvolge anche l'Emilia Romagna. La regione non viene risparmiata da fatti di sangue legati alla lotta tra i clan. Alcuni omicidi nella provincia di Reggio Emilia, addirittura, il lancio di una bomba a mano in un bar del centro storico di Reggio Emilia nella sera del 12 dicembre 1998. Nel locale, dove erano presenti anche molti ragazzini, fu sfiorata la strage e ci furono 10 persone ferite. Dopo anni di durissimi contrasti, la riappacificazione, sancita da sposalizi tra le due famiglie. Dopo aver ricomposto i dissidi, i Dragone e i Grande Aracri si sono concentrati sugli affari e hanno ampliato il territorio di competenza, partendo da Reggio Emilia e Brescello, raggiungendo le province di Piacenza e Parma. Un rilevante contributo, per far luce sull’intera vicenda, è stato dato dal pentito Angelo Salvatore Cortese, all’epoca, braccio destro di Grande Aracri e reo confesso di alcuni omicidi. Nella faida ebbe un ruolo primario anche il noto Paolo Bellini di Reggio Emilia, inteso come la “primula nera”, militante di gruppi di estrema destra. • Novembre 2012, operazione "Blue call", la Squadra Mobile di Reggio Calabria, unitamente all’Arma dei Carabinieri e alla Guardia di Finanza, ha dato esecuzione a 23 ordinanze di custodia cautelare in carcere. I soggetti colpiti dalle misure restrittive sono ritenuti elementi di spicco della ’ndrangheta, operante sul territorio della provincia di Reggio Calabria, su quello nazionale (soprattutto Lombardia ed Emilia Romagna) ed estero. L'organizzazione sarebbe costituita da molte decine di “locali”, articolate in tre mandamenti e con organo di vertice detto “Provincia” e, in particolare, appartenenti all’articolazione territoriale denominata 'ndrina Bellocco, operante nel territorio di Rosarno, inserita nel mandamento tirrenico. Gli arrestati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso, detenzione di armi da fuoco, riciclaggio, rapine e intestazione fittizia di beni. Uno dei provvedimenti è stato eseguito a Casalgrande (RE), luogo di residenza di uno degli arrestati. L’indagine è stata avviata dalla Sezione Criminalità Organizzata, agli inizi del 2010, all’indomani dell’Operazione “Rosarno è nostra”, condotta dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria e dall’omologo ufficio bolognese che aveva documentato gli interessi criminali e imprenditoriali della cosca Bellocco in Emilia Romagna e la “spaccatura” in atto di alcuni suoi elementi con la temibile cosca Pesce di Rosarno. • Febbraio 2013, operazione "Demetra", la Guardia di Finanza e i Carabinieri hanno smantellato un'organizzazione criminale dedita nella commissione di reati di usura e frode fiscale, con l’aggravante della finalità mafiosa. Sono state eseguite perquisizioni a Reggio Emilia, Parma, Modena e Bologna, Crotone, Cremona, Mantova e Verona. L’indagine delle Fiamme Gialle cremonesi, coordinata dai magistrati della Procura Nazionale Antimafia e dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna, ha messo nel mirino fenomeni criminosi commessi nella provincia di Reggio Emilia ma comunque collegati alla ‘ndrina Grande Aracri - con base in quella provincia e ramificazioni a Parma, Modena e nel Nord Italia - e a noti imprenditori di origine calabrese da tempo stabilitisi in Emilia Romagna. L'indagine è partita, agli inizi della scorsa estate, dall’arresto di un usuraio che aveva i suoi interessi nella città di Cremona. Nel ricostruire tutta la filiera criminale, nonché l’origine delle somme utilizzate per i prestiti usurai, i finanzieri cremonesi sono arrivati alla scoperta di un pool di imprese coinvolte in un vorticoso giro di fatture per operazioni inesistenti, il cui scopo era quello di creare “liquidità” da sottrarre al Fisco per poi impiegarla nella concessione di prestiti ad aziende emiliane in difficoltà finanziarie e sulle quali, molto probabilmente, si mirava addirittura ad arrivare al pieno controllo. Dalle indagini è emerso che alcuni imprenditori calabresi, spesso a capo di aziende con fatturati pluri-milionari, intrattenevano frequenti rapporti con pericolosi soggetti collegati alla ‘ndrangheta. Le attività imprenditoriali oggetto delle indagini dei finanzieri, in alcuni casi, erano già state raggiunte da provvedimenti antimafia emessi della Prefettura di Crotone a causa dei tentativi d’infiltrazione mafiosa messi in atto da esponenti di clan criminali della regione. • Giugno 2013, la Direzione distrettuate antimafia di Bologna ha disposto accertamenti per usura e frode fiscale nei confronti di un'organizzazione criminale operante nella provincia di Reggio Emilia. Sette indagati per usura e frode fiscale, aggravate dalla finalità di agevolare associazioni mafiose. Nel corso dell'operazione sono state perquisite abitazioni e imprese (edilizie e di autotrasporti) di personaggi in odore di mafia, ma anche uno studio di commercialisti e alcune aziende "strozzate". L'attività è stata svolta nei confronti della 'ndrina Grande Aracri. Dall'inchiesta emerge che la cosca aveva stipulato un “patto” con un clan catanese che aveva piazzato in loco uomini di fiducia. • Agosto 2013, il Prefetto di Reggio Emilia esclude dalla white list per la ricostruzione post terremoto una ditta per l'accertata sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiose tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa stessa. Il provvedimento è stato emesso anche a seguito della cena del 21 marzo 2012 a Villa Cadè, dove parteciparono politici, imprenditori, professionisti e persone ritenute dalle forze dell’ordine vicine alla criminalità organizzata, tra i quali Nicolino Sarcone condannato in primo grado a gennaio a 8 anni e 8 mesi per associazione di tipo mafioso. A seguito di quell’incontro il prefetto emise anche il provvedimento divieto di detenere armi, munizioni e materiale esplodente nei confronti del titolare dell'azienda. Tra le altre motivazioni ci sarebbe il fatto che l’auto intestata alla sua ditta sarebbe stata notata a Cutro ai funerali dei fratelli Giuseppe e Alfredo Grisi, imprenditori edili residenti nel veronese e assassinati il 19 gennaio 2011 a colpi di pistola all'interno di una concessionaria a Crotone da un uomo considerato vicino alla cosca Vrenna. L'interdittiva antimafia è stata emessa anche per le parentele strette della moglie del titolare dell'azienda, sorella di Rosario Sorrentino assassinato nel 2000 di lupara bianca, nell'ambito della guerra tra le cosche Dragone e Grande Aracri – Sorrentino.chele Ciociola a latere; • Novembre 2013, i Carabinieri, coordinati dalla Dda di Bologna, hanno eseguito un sequestro di beni per 3 milioni di euro (conti correnti e depositi bancari. Tra i beni sequestrati, 2 società del settore edile, 6 case, 9 negozi, 2 auto e un terreno rurale). Il provvedimento, il primo emesso direttamente dal Tribunale di Reggio Emilia, è stato eseguito nei confronti di Francesco Grande Aracri, 59 anni, residente a Brescello, elemento di spicco dell'omonima 'ndrina cutrese, capeggiata dal fratello Nicolino, detto "mano di gomma", attualmente detenuto. Il sequestro è stato possibile anche perché Francesco Grande Aracri è stato condannato, con sentenza definitiva passata in giudicato, per associazione di stampo mafioso a Reggio Emilia dal 2001 al 2003. La misura patrimoniale è stata eseguita nei Comuni di Brescello, Reggio Emilia e Botricello (CZ). L'operazione rientra nell'ambito dell'indagine "Edilpiovra", riguardante la penetrazione della 'ndrangheta nella provincia di Reggio Emilia. • Novembre 2013, i Carabinieri di Reggiolo hanno denunciato una famiglia calabrese per furto di 81 forme di parmigiano-reggiano del valore di oltre 30mila euro. Gli investigatori non escludono che dietro la vicenda ci possa essere l'interessamento della 'ndrangheta. Criminalità organizzata siciliana • Giugno 2013, esce la notizia della presenza del custode, affiliato al clan dei Cursoti, all'interno del cantiere della stazione Mediopadana. L'uomo, originario di Catania e residente a Reggio, con diversi precedenti penali a suo carico, tra cui un omicidio, è stato impiegato per la guardiania, quindi con compiti di controllo agli accessi al cantiere Tav e poi a quello della Mediopadana. • Settembre 2013, operazione "Ciclope". i Carabinieri hanno eseguito nove arresti per mafia, relativamente a una faida interna al clan Navanteri, organizzazione mafiosa operativa nei territori di Vizzini e Francofonte e vicina, secondo gli inquirenti, a cosa nostra catanese. Uno degli arresti è stato eseguito a Cremona. Si ipotizza che potrebbero sussistere collegamenti di carattere affaristico fra il clan siciliano e 'ndrangheta ('ndrina Grande Aracri) anche nelle zone emiliane. In particolare, pare che il legame sia riferibile ad alcuni fatti avvenuti fra le provincie di Reggio Emilia e Parma, dove nei mesi scorsi sono state arrestate sette persone accusate di aver prodotto, per alcune aziende, false fatturazioni, nell'ambito dell'operazione "Demetra". Si è parlato anche allora di contatti tra criminalità organizzata siciliana e calabrese. In questa indagine un testimone avrebbe parlato della presenza di un catanese, in grado di sostenere i Grande Aracri nel giro d'affari della 'ndrangheta nella zona reggiana e parmense (vedasi operazione "Demetra").usso Gua Criminalità organizzata campana • Ottobre 2013, i Carabinieri di Reggio Emilia hanno arrestato un pregiudicato originario di Maddaloni (CE) perché colpito da un provvedimento di cumulo pene concorrenti per i reati di estorsione e violenza privata, commessi in Emilia Romagna e Campania (province di Parma, Forlì e Caserta). L'uomo deve scontare 5 anni di reclusione. • Novembre 2013, un 33enne del casertano, in soggiorno obbligato a Brescello, è stato arrestato dai Carabinieri per lesioni personali, danneggiamento aggravato e violazione degli obblighi di sorveglianza speciale. L’uomo, in violazione delle misure di prevenzione a cui è sottoposto, ha lasciato Brescello e ha raggiunto una località del parmense, dove si è incontrato con una donna residente a Boretto al fine di regolare un presunto credito da lui vantato. Il sorvegliato ha picchiato la donna mandandola all’ospedale. Più tardi il marito dell’aggredita è andato a casa del casertano il quale, per tutta risposta, ha preso una spranga di ferro e ha distrutto il furgone dell’uomo. Criminalità straniera • Ottobre 2013, operazione "Boiardo", i Carabinieri di Scandiano (RE) hanno arrestato 9 persone, componenti di una banda italo-albanese che spacciava cocaina. • Ottobre 2013, un cittadino cinese è stato accoltellato in via Turri a Reggio Emilia. Nei pressi del luogo sono stati rinvenuti un machete e un coltello usati nel tentato omicidio. • Novembre 2013, un persona di origine albanese è stata abbandonata davanti al pronto soccorso dell'ospedale Santa Maria Nuova. L’uomo, scaricato da un suv, era stato colpito da un colpo d'arma da fuoco al torace. La sparatoria era avvenuta poco prima davanti al Circolo Paranà, in zona via Brigata Reggio. La sparatoria è avvenuta nel corso di una rissa tra due gruppi di persone. Incendi dolosi • Novembre 2012, nove camion di un’azienda attiva nel trasporto degli inerti sono stati dati alle fiamme a Reggiolo. Il danno è di quasi un milione di euro. • Ottobre 2013, un incendio doloso a Castelnuovo di Sotto (RE). E' stata data alle fiamme un'autovettura parcheggiata in un'area non recintata. Il rogo, secondo i primi accertamenti dei Carabinieri, si sarebbe sviluppato all'interno della vettura, per cui è ipotizzabile che l'abitacolo sia stato cosparso di liquido infiammabile e poi dato alle fiamme. • Ottobre 2013, un furgone di proprietà di un tunisino ha preso fuoco a Vezzano sul Crostolo (RE). Le fiamme hanno danneggiato anche un altro mezzo. I Carabinieri e Vigili del fuoco non escludono l'ipotesi dolosa. Rapine • Novembre 2013, una persona mentre percorreva via Cisalpina alla guida della sua auto, è stata bloccata da due uomini e rapinata. I due malviventi hanno minacciato l'autista con un coltello e, dopo essere entrati in macchina, lo hanno costretto ad andare in una zona di campagna, dove è stato malmenato e rapinato di una valigetta contenente circa mille euro. • Novembre 2013, banditi armati di pistole hanno fatto irruzione nel centro commerciale Sant’Ilario. I cinque malviventi hanno portato via l'incasso del Mercatone Uno e l'argenteria del punto oro. PROVINCIA DI RIMINI Nel territorio della provincia di Rimini sono attivi i Vrenna-Bonaventura. L'organizzazione 'ndranghetista opera anche attraverso gli alleati Masellis - Lentini, nel controllo del gioco d’azzardo, l’usura, le estorsioni e il traffico di sostanze stupefacenti. Sono presenti anche i Pompeo di Capo Rizzuto, gli Ursino di Gioiosa Jonica (RC) e i Muto. E’ molto forte e radicata la presenza della camorra con i clan D’Alessandro, Di Martino - Afeltra, Vallefuoco di Brusciano (NA), Mariniello di Acerra (NA) e dei casalesi. Sono presenti soggetti della sacra corona unita e anche del clan mafioso catanese dei Laudani. Nel rapporto del 2012 abbiamo messo in evidenza la denuncia lanciata dagli albergatori, che avevano evidenziato il rischio di possibili acquisizioni di strutture ricettive e della balneazione da parte la mafia, a causa della crisi che ha investito il settore turistico. La conferma a quanto paventato dagli addetti al settore, giunge da una recente analisi della Prefettura di Rimini, secondo la quale alcuni hotel della provincia sarebbero passati in mano alla criminalità organizzata. I beni confiscati nella provincia di Rimini. * Il totale va inteso al netto degli immobili non confiscati in via autonoma. Comuni In gestione Destinati consegnati Destinati non consegnati Usciti dalla gestione Non confiscati in via autonoma Aziende in gestione Aziende uscite dalla gestione Totale * BELLARIA IGEA MARINA 0 0 0 0 0 1 0 1 CATTOLICA 0 0 2 0 0 1 1 4 RIMINI 1 0 0 0 0 0 0 1 Criminalità organizzata calabrese • Novembre 2012, la Questura di Cosenza ha sequestrato beni mobili e immobili, per un valore di circa due milioni di euro, intestati o riferibili ad Agostino Briguori, 44 anni, di Bonifati (CS), e ai suoi familiari. I beni erano già stati sottoposti a sequestro preventivo nel maggio del 2011. L'uomo era stato coinvolto nell'operazione Cartesio e accusato dei reati di usura, estorsione e favoreggiamento, in quanto ritenuto referente della 'ndrina dei Muto di Cetraro (CS) in Emilia Romagna. Il provvedimento è stato eseguito al termine di un procedimento nel quale sarebbe stata accertata una notevole discrepanza tra i beni posseduti e i redditi dichiarati. La confisca riguarda abitazioni, anche di lusso, terreni, automobili, quote di società, aziende che gestiscono lidi balneari, società edili, alberghi, ristoranti e pizzerie, nel cosentino e anche in provincia di Rimini. Criminalità organizzata campana • Dicembre 2012, operazione “Vulcano”, i Carabinieri hanno eseguito nelle province di Rimini, Prato, Napoli e Caserta ordinanze di custodia cautelare, emesse dal Gip di Bologna su richiesta della Procura distrettuale antimafia, nei confronti di 18 persone indagate per associazione di tipo mafioso, estorsione, usura e tentato sequestro di persona a scopo di estorsione, aggravati dal metodo mafioso. Al centro delle indagini dei Ros le infiltrazioni in Emilia- Romagna e Toscana della camorra casertana e napoletana. Le attività di usura ed estorsione, secondo le indagini dei Ros, erano compiute ai danni di imprenditori e commercianti locali, avvalendosi anche di agenzie di recupero crediti fittizie. I Carabinieri hanno documentato continue minacce e intimidazioni alle vittime, costrette a intestarsi attività commerciali e imprenditoriali da utilizzare per commettere truffe a istituti di credito. Come è successo nel caso di una società di Calenzano, in provincia di Firenze, di cui il gruppo criminale si è impossessato convincendo poi un uomo gravemente malato a fare da prestanome in cambio di una lauta ricompensa in denaro. La vittima aveva pensato di lasciare questo denaro alla sua famiglia (sapendo di dover morire) ma non aveva fatto i conti con i personaggi di cui era caduto in trappola: quella che aveva visto come un'occasione si è trasformata in un incubo, ha subito minacce su minacce e alla fine non ha visto neanche un soldo ed è morto. • Aprile 2013, operazione "Mirror", i Carabinieri di Rimini hanno arrestato 20 persone appartenenti al clan Licciardi di Secondigliano (NA), per i delitti di estorsione e riciclaggio. Minacciavano e picchiavano gli imprenditori che non volevano fare affari con loro, che non pagavano i prestiti o non li facevano entrare in società solo per ripulire i soldi del traffico di stupefacenti e armi. Nell'obiettivo del clan, una frangia degli scissionisti di Secondigliano, c'erano le attività economiche redditizie della Riviera, bar, ristoranti, alberghi e soprattutto locali notturni. L'organizzazione di stampo camorristico era presente nella provincia di Rimini almeno dagli inizi del 2000. Nel corso dell'operazione sono stati posti sotto sequestro due noti night club nel Riminese. Nel mese di novembre è stato disposto anche il sequestro di un hotel. Uno degli arrestati è anche indagato nell'ambito dell'indagine "Venus" (vedasi provincia di Parma) del maggio 2012. • Agosto 2013, la Squadra Mobile di Rimini ha arrestato un latitante pluripregiudicato, esponente di spicco di un noto clan camorristico. Umberto Falanga, 40 enne napoletano è affiliato al clan Contini. Aveva raggiunto la famiglia a Rimini per trascorrere il Ferragosto. E' stato catturato mentre passeggiava sul lungomare. Gli agenti della Squadra Mobile stavano pedinando la sua famiglia, la moglie e i genitori, che alloggiavano in un residence, da una settimana. Criminalità organizzata • Novembre 2013, “Operazione trent’anni”, la Guardia di Finanza e i Carabinieri hanno effettuato un sequestro di 25 milioni di euro nei confronti di Ernesto Diotallevi, considerato uno dei capi storici della banda della Magliana. Un immobile è stato sequestrato nel riminese. Reati fiscali • Gennaio 2013, operazione ”Machiavelli”, la Guardia di Finanza e l'Agenzia delle dogane di Rimini hanno scoperto una maxi-frode Iva sull'asse Italia e San Marino. Le persone coinvolte sono 27 e sono stati eseguiti cinque arresti e sequestri per quasi 40 milioni di euro. Sono coinvolte diverse società nazionali, intestate anche a prestanome compiacenti, e una decina di società estere (principalmente con sede nella Repubblica di San Marino, ma anche in Gran Bretagna, Romania, Austria e Svizzera), nella diretta disponibilità di uno degli arrestati e dei suoi soci. I reati contestati agli indagati sono associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei delitti di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, omessa dichiarazione, emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, occultamento o distruzione di documenti contabili, con l'aggravante dell'essere il numero degli associati superiore a dieci e con l'aggravante che nella commissione del reato ha dato il suo contributo un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato (Italia, San Marino, Svizzera, Gran Bretagna, Austria e Romania). Secondo gli investigatori, gli indagati facevano uso di società commerciali che organizzavano vendite e acquisti di merce secondo il sistema consolidato del carosello fiscale, che prevede il transito dei beni da ditte italiane a soggetti giuridici esteri e, successivamente, il passaggio a più aziende italiane, con lo scopo di interporre, fra il soggetto venditore e l'effettivo destinatario finale, all'atto del rientro in Italia delle merci, una o più aziende fittizie “cartiere”. Il profitto dei singoli reati fiscali consumati dal sodalizio criminale è quantificabile in non meno di 37,4 milioni di euro per la sola evasione dell'Iva" (su un imponibile di 187 milioni). Sono stati sottoposti a sequestro preventivo di beni mobili, immobili e risorse finanziarie nella disponibilità degli indagati fino a 37,4 milioni. Le misure cautelari sono state eseguite tra Rimini, San Marino, Milano, Reggio Emilia, Bologna, Perugia, Volterra, Latina, Aprilia, Roma, Ascoli Piceno, Pescara, Foggia, Cagliari, Reggio Calabria e Catania. Criminalità da strada • Agosto 2013, rissa con sparatoria sul lungomare di Riccione. Un ragazzo è stato ferito da un colpo di pistola, probabilmente, dopo una lite con un gruppo di giovani. La vittima, di origine calabrese, avrebbe precedenti per stupefacenti. Secondo le prime ricostruzioni il ferito era in compagnia di un altro ragazzo napoletano, anche quest'ultimo con precedenti per droga, quando sarebbe nata un'animata discussione con un gruppo di altre tre o quattro persone, degenerata in un'aggressione fisica culminata con l'esplosione di due colpi di arma da fuoco di piccolo calibro. Il ragazzo è stato colpito al fianco, mentre il ragazzo che era con lui ha riportato delle contusioni. L'autore dell'episodio è stato acciuffato dai Carabinieri del comando di Barletta, che lo hanno intercettato al suo arrivo in Puglia. E' un 20enne che ha ammesso di essere stato lui a sparare due colpi di pistola in piazzale Azzarita sul lungomare di Riccione. A poco più di 24 ore dal grave episodio i Carabinieri hanno chiuso il cerchio attorno ai responsabili e sottoposto a fermo con l’accusa di tentato omicidio in concorso quattro giovani pugliesi. Non è ancora chiaro il movente della sparatoria. TABELLE Criminalità organizzata calabrese Nr. clan provenienza zona d'influenza 1 Acri - Morfò Rossano Calabro - CS Bologna, Parma 2 Alvaro Reggio Calabria Ravenna, Modena, Parma 3 Aquino Marina Gioiosa Jonica -RC Reggio Emilia 4 Arena Isola Capo Rizzuto – KR Ferrara, Forlì-Cesena, Modena, Reggio Emilia, Parma 5 Ariola Gerocarne - VV Parma 6 Ascone Rosarno - RC Ravenna 7 Barbaro Platì - RC Bologna, Modena, Parma, Reggio Emilia, Piacenza 8 Bellocco Rosarno - RC Bologna, Ferrara, Forlì- Cesena, Modena, Parma, Reggio Emilia, Ravenna 9 Chirillo Cetraro - CS Piacenza, Ferrara, Bologna, Ravenna 10 Commisso Siderno - RC Reggio Emilia, Bologna 11 Condello Reggio Calabria Forlì-Cesena 12 Crea Rizziconi _ RC Bologna 13 Dragone Isola Capo Rizzuto – KR Reggio Emilia, Ferrara, Forlì- Cesena, Modena 14 Farao Marincola Cirò - CS Bologna, Ferrara 15 Forastefano Cassano allo Jonio - CS Forlì-Cesena 16 Gallo Gioia Tauro - RC Bologna, Modena, Parma, Reggio Emilia 17 Gallico Palmi - RC Bologna 18 Giampà quartiere Nicastro di Lamezia Terme Forlì-Cesena 19 Grande Aracri Cutro - KR Piacenza, Reggio Emilia, Parma, Bologna, Modena, Ferrara, Forlì-Cesena 20 Jerinò Gioiosa Jonica -RC Reggio Emilia 21 Longo-Versace Polistena - RC Modena, Bologna 22 Mancuso Limbadi – VV Bologna 23 Mannolo Cutro Reggio Emilia 24 Martino Cutro - KR Parma, Reggio Emilia 25 Masellis-Lentini Crotone Rimini, Forlì-Cesena, Ravenna 26 Mazzaferro Marina di Gioiosa Jonica - RC Modena, Reggio Emilia, Ravenna, Parma 27 Morfò Rossano Calabro - CS Bologna 28 Muto Cetraro - CS Piacenza, Ferrara, Ravenna, Bologna, Forlì-Cesena, Reggio Emilia, Modena, Rimini 29 Nicoscia Isola Capo Rizzuto - KR Ferrara, Forlì-Cesena, Modena, Reggio Emilia 30 Nirta - Strangio San Luca - RC Bologna, Modena, Parma, Ravenna, Reggio Emilia 31 Pesce Rosarno - RC Reggio Emilia 32 Pompeo Isola Capo Rizzuto - KR Rimini 33 Romeo San Luca Forlì-Cesena 34 Ursino Gioiosa Jonica -RC Rimini 35 Valle-Lampada Reggio Calabria Ravenna, Parma, Modena 36 Vrenna - Ciampà Bonaventura Crotone Bologna, Reggio Emilia, Rimini Criminalità organizzata siciliana Nr. clan provenienza zona d'influenza 1 barcellonese Barcellona Pozzo di Gotto -ME Parma 2 corleonesi Corleone - PA Modena 3 cosa nostra mandamento Castelvetrano Piacenza, Parma 4 cursoti Catania Reggio Emilia 5 famiglie Catania Ravenna 6 famiglie Partinico - PA Ferrara 7 famiglie San Giuseppe Jato - PA Ferrara 8 famiglie San Lorenzo - PA Bologna 9 famiglie Villabate - PA Reggio Emilia, Bologna 10 Fidanzati Palermo Rimini 11 Galatolo Quartiere Acquasanta di Palermo Piacenza 12 Laudani Catania Rimini, Reggio Emilia 13 Mandamento Porta Nuova Palermo Bologna 14 Navantieri Vizzini e Francoforte - CT Reggio Emilia 15 Panepinto Bivona - AG Parma 16 Santapaolo-Ercolano Catania Piacenza 17 Ventura - Vadalà Camaro - ME Parma Criminalità organizzata campana Nr. clan provenienza zona d'influenza 1 Ascione-Suarino Ercolano - NA Forlì-Cesena 2 Belforte Marcianise - CE Reggio Emilia 3 Birra-Iacomino Ercolano - NA Forlì-Cesena 4 casalesi Provincia di Caserta Bologna, Ferrara, Parma, Forlì-Cesena, Reggio Emilia, Rimini, Ravenna, Piacenza, Modena 5 casalesi, fazione Bidognetti Castel Volturno - CE Bologna, Parma 6 casalesi, fazione Schiavone Casal di Principe - CE Modena, Reggio Emilia, Parma 7 Contini Napoli Rimini 8 D’Alessandro Castellammare di Stabia - NA Rimini, Forlì-Cesena, Parma, Ravenna 9 Di Gioia Torre del Greco - NA Modena 10 Di Lauro Napoli Parma 11 Di Martino - Afeltra Gragnano - NA Bologna, Rimini 12 Fabbrocino Zona vesuviana di Nola - NA Piacenza, Modena 13 Guarino - Celeste quartiere Barra di Napoli Parma 14 Licciardi Secondigliano - NA Parma, Rimini 15 Mallardo Giuliano in Campania - NA Bologna, Ferrara, Piacenza 16 Mariniello Acerra - NA Rimini 17 Puca Sant'Antimo, Casandrino - NA Bologna 18 Sarno quartiere Ponticelli di Napoli Parma 19 Stolder Napoli Rimini 20 Terracciano quartieri Spagnoli di Napoli Modena 21 Vallefuoco Acerra, Brusciano - NA Rimini Criminalità organizzata pugliese Nr. clan provenienza zona d'influenza 1 società foggiana Provincia di Foggia Ravenna Gaeta Orta Nova - FG Bologna 2 Zonno provincia Bari Modena 3 Vitale Mesagne - BR Rimini 4 sacra corona unita Puglia Rimini, Ravenna, Forlì-Cesena Altra criminalità organizzata Nr. clan provenienza zona d'influenza 1 Gargivolo Pescara Bologna, Ravenna 2 banda della Magliana Roma Rimini Totale: 80 gruppi criminali Clan coinvolti in operazioni di polizia nelle province Provincia c.o. calabrese c.o. siciliana c.o. campana c.o. pugliese altre c.o. Totale Bologna 16 3 5 1 1 26 Ferrara 8 2 2 - - 12 Forlì - Cesena 11 - 4 - 1 16 Modena 13 1 5 1 - 20 Parma 12 4 8 - - 24 Piacenza 4 3 3 - - 10 Ravenna 9 1 2 2 1 15 Reggio Emilia 17 
4 3 - - 23 Rimini 5 2 8 2 1 17 Fatti citati nel Rapporto 2013 Totale: 85 Aggiornato al 22 novembre 2013

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