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Torino e Ferrara: decapitata mafia nigeriana

 Stamattina le Squadre mobili di Torino e di Ferrara hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 69 cittadini nigeriani appartenenti un’associazione criminale di stampo mafioso specializzato nel traffico di stupefacenti e prostituzione.

L’operazione di Polizia ha impegnato oltre duecento agenti ed è stata svolta sotto il coordinamento dello Sco, Servizio centrale operativo della Direzione centrale anticrimine.

Il gruppo denominato “Viking” o “Norsemen Kclub International” era suddiviso in cellule locali chiamate “Deck” e dislocate in numerose città italiane. (Firenze)

Tra i destinatari delle ordinanze spiccano numerosi personaggi del vertice nazionale dell’organigramma associativo.

Agli affiliati colpiti dalle misure cautelari vengono contestati, oltre al reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, anche il tentato omicidio, lo spaccio di sostanze stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, la rapina, l’estorsione e le lesioni gravissime.

Le indagini, avviate nel luglio del 2018 da un grave fatto di cronaca avvenuto a Torino e uno successivo a Ferrara, sono state eseguite attraverso intercettazioni, osservazione e pedinamento sul territorio permettendo agli investigatori d’individuare i vertici nazionali che erano in costante e diretto contatto con i capi operanti in Nigeria.

La ricostruzione nel dettaglio della struttura dell’organizzazione ha evidenziato la sua tipica caratteristica piramidale; un organismo operante a livello nazionale (che in Italia prende il nome di “Vatican Marine Patrol”) e numerose articolazioni locali (dette “Marine Patrol” o “Deck”), attive in singole città italiane, soprattutto del Centro-Nord.

Sono state individuate le cariche operative ed un consiglio degli anziani, chiamati “Elders”. I vertici nazionali dell’organizzazione stanziati a Torino, esercitavano il loro potere anche a Ferrara e prendevano ordini direttamente dal “National”, capo assoluto in Nigeria.

Mafia nigerianaLe affiliazioni all’organizzazione, caratterizzata da atti violenti e rigidi rituali, spesso rappresentava un serio pericolo di vita degli aspiranti affiliati e altrettanto spietate erano le conseguenze previste in caso di violazione delle regole. La violenza esercitata dall’organizzazione per esercitare potere e rispetto era tale da sfiorare l’omicidio.

Una delle caratteristiche del gruppo torinese era rappresentata dal ruolo delle donne, le quali venivano affiliate mediante rapporti sessuali di gruppo ed assumevano l’appellativo di “Queen” o “Belle”: sfruttate sessualmente si trasformavano, di fatto, in vittime.

Dalle indagini sono emerse le fondamentali riunioni periodiche che si svolgevano, a cadenza settimanale, all’interno di locali abitualmente frequentati dagli associati.

Negli incontri si definivano le linee da seguire nello svolgimento dell’attività, i pagamenti di quote destinate alla cassa comune o come affrontare le spese legali degli affiliati arrestati.
L’indagine ha inoltre scoperto l’esistenza di una riunione annua, in cui si ricongiungevano tutti i rappresentanti dei vari Paesi.
Quella per il 2020 era prevista a giugno in Turchia ma era saltata a causa della Pandemia.

Le indagini hanno condotto gli investigatori anche a mettere in luce un importante canale di rifornimento di cocaina, destinata prevalentemente al Veneto, proveniente dalla Francia e dall’Olanda.
La droga veniva prelevata a Parigi e Amsterdam da squadre di “corrieri” che effettuavano il trasporto “in corpore” di numerosi ovuli.

I corrieri rientravano in Italia attraverso i valichi del Monte Bianco e del Frejus. In un’occasione è stato intercettato un carico di circa dieci chili di cocaina, con l’arresto dell’intera squadra di “spalloni” nei pressi del traforo del Frejus.

Oltre alle Squadre mobili di Torino e Ferrara, l’attività   ha coinvolto anche quelle di Alessandria, Asti, Bologna, Biella, Brescia, Caserta, Firenze, Imperia, Lodi, Monza, Padova, Parma, Pavia, Savona, Verona, Venezia e Vicenza.

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