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Operazione Cagnolino

 Palermo - Ipotizzata associazione criminale dedita al traffico di stupefacenti dalla Calabria alla Sicilia




I Finanzieri del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione a un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali e reali emessa dal G.I.P. del locale Tribunale su richiesta della Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 21 persone, per le quali è stata disposta la custodia cautelare in carcere. Gli indagati sono indiziati, a vario titolo, per i reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti tramite una strutturata rete operante tra la Calabria e la Sicilia.


Le indagini, condotte dagli specialisti del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo - G.I.C.O., hanno riguardato un gruppo criminale, con base operativa nel capoluogo siciliano, che sarebbe stato diretto da due fratelli palermitani, figli di uno storico esponente del mandamento mafioso di Villagrazia/Santa Maria di Gesù. Gli stessi sarebbero stati in affari da anni con una famiglia calabrese, coinvolta nella gestione del narcotraffico nella provincia di Reggio Calabria e legata da vincoli di parentela con esponenti di spicco della ‘ndrina di San Luca, che avrebbe garantito il sistematico approvvigionamento di grossi quantitativi di stupefacenti.

L’attività investigativa avrebbe, infatti, consentito di ricostruire accordi per la fornitura di almeno 10 chilogrammi di cocaina al mese, destinata al mercato palermitano, che avrebbe generato per l’organizzazione un giro d’affari illecito stimabile in circa dieci milioni di euro all’anno. La sostanza stupefacente, stoccata in depositi dislocati in provincia di Reggio Calabria, veniva trasportata su gomma lungo la tratta Reggio Calabria-Messina-Palermo, abilmente occultata con diversi carichi di copertura o all’interno di sofisticati doppi fondi creati nelle autovetture dei corrieri, accessibili mediante aperture elettromeccaniche. Nel corso delle indagini sono stati tratti in arresto 6 corrieri di droga, operanti anche nel pieno del periodo pandemico sfruttando le proprie attività lavorative, e 2 basisti che custodivano parte dello stupefacente a Palermo, con il sequestro di circa 50 chilogrammi di cocaina, che se immessa nel mercato avrebbe fruttato profitti illeciti per oltre 4 milioni di euro.


Le fiamme gialle palermitane hanno poi proceduto a valorizzare in chiave patrimoniale – secondo una procedura operativa attuata in tutti i settori di servizio volta a disarticolare in maniera radicale le organizzazioni delinquenziali - gli elementi acquisiti nel corso delle indagini, attraverso l’esame, il confronto e l’incrocio di informazioni estratte dalle diverse banche dati in uso al Corpo, dalle quali emergeva l’assoluta sproporzione tra i beni nella disponibilità degli indagati e la capacità reddituale dichiarata, richiedendo l’applicazione di misure cautelari patrimoniali. Con il medesimo provvedimento, il G.I.P. ha quindi disposto il sequestro preventivo di società, beni mobili e immobili riconducibili agli indagati per un valore complessivo pari a oltre un milione di euro.


Sei dei destinatari delle misure cautelari, infine, risultano percepire direttamente o tramite il proprio nucleo familiare il “reddito di cittadinanza”. In conformità alle disposizioni vigenti, tale circostanza sarà oggetto di comunicazione all’INPS al fine dell’immediata sospensione del beneficio. L’odierna attività di servizio testimonia la costante attenzione e il perdurante impegno della Guardia di Finanza, nell’ambito delle indagini delegate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, nel contrasto al traffico di sostanze stupefacenti e all’infiltrazione della criminalità organizzata nel tessuto economico produttivo mediante la sistematica aggressione dei patrimoni e delle disponibilità finanziarie riferibili direttamente o indirettamente alle organizzazioni delinquenziali. Si evidenzia che il provvedimento in parola è stato emesso sulla scorta degli elementi indiziari acquisiti in fase di indagine preliminare, pertanto, in attesa di giudizio definitivo, sussiste la presunzione di innocenza.

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