Gli anni passano. Il 3 Settembre 1982 vengono abbattuti il generale-prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, la giovane moglie Emanule Setti Carraro e il fidato agente di scorta Domenico Russo. Anno dopo anno il delitto Dalla Chiesa rimane una lezione sferzante per comprendere che non basta “l’antimafia del giorno dopo”.
Voleva che si approvasse l’allora rivoluzionaria legislazione sul reato di associazione mafiosa, il famoso 416-bis, e sulla decisiva aggressione ai patrimoni, misure contenute entrambe nella legge presentata al Parlamento da Pio La Torre. Niente.
Mesi prima, il 30 Aprile, cadde il leader politico della sinistra siciliana. Il 3 Settembre sempre di quell’anno fu colpito il Prefetto, giunto a Palermo dopo i successi ottenuti nella lotta al terrorismo per organizzare una moderna strategia antimafia, alla luce della preziosa esperienza che aveva maturato da giovane prima a Corleone e poi alla guida della Legione dei Carabinieri di Palermo. Ancora niente.
La legge fu approvata solo il 13 Settembre. Il “giorno dopo”, appunto.
Quando riusciremo a spostare l’asse della lotta alle mafie il “giorno prima”? Prima che di volta in volta si riorganizzino, magari approfittando adesso delle vergognose scarcerazioni con il pretesto del Covid? Prima che tornino a colpire? Prima che continuino a colludere con la politica e l’economia, togliendo così diritti e valore alla democrazia, oggi non solo in Sicilia, ma in tutta Italia e nel mondo?
Ma il delitto Dalla Chiesa è anche avvolto nei tanti fatti mai chiariti. Chi trafugò le carte importantissime contenute nella cassaforte della residenza del prefetto di Villa Pajno? Chi ripulì la sua borsa in cui erano conservati alcuni scottanti dossier che portava sempre con sé? Chi dall’interno avvisò i killer Pino Greco, Antonino Madonia e Calogero Ganci che stava uscendo dalla sede della Prefettura con l’anonima A112, insieme alla moglie? Quali pezzi delle istituzioni spinsero cosa nostra a consumare un delitto così devastante, come alludono nelle intercettazioni alcuni boss del calibro di Guttadauro e dello stesso Riina? Quale ruolo ebbe Provenzano? Quali altri segreti sulla lotta al terrorismo, sul rapimento di Aldo Moro e sul ruolo della massoneria si volevano seppellire? Perché a Dalla Chiesa furono negati dal Governo di allora i poteri adatti a colpire al cuore cosa nostra e il suo sistema di collusione?
Potremmo andare avanti. Ma questi interrogativi già bastano per capire che ancora è necessario impegnarsi per fare piena luce. Costi quel che costi.