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Operazione Beagle boys

 I finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Milano hanno eseguito 25 misure cautelari personali - di cui 11 in carcere, 13 agli arresti domiciliari e 1 obbligo di dimora nel comune di residenza - nonché il sequestro di 85 milioni di euro, nell’ambito di complesse indagini delegate dalla Procura della Repubblica di Milano, che hanno permesso di individuare un sodalizio criminale, stanziale a Milano ed operativo sull’intero territorio nazionale, dedito alla commissione di truffe e al conseguente riciclaggio di denaro di provenienza illecita.

In particolare, l’attività investigativa, avviata nel 2019, ha portato alla luce un articolato meccanismo di frode posto in essere sin dal 2014, attraverso numerose società commerciali intestate a soggetti “prestanome”, ma di fatto gestite dai sodali dell’associazione, i cui bilanci venivano sistematicamente falsificati, al fine di ottenere, da parte di vari istituti bancari, l’apertura di linee di credito per la maggior parte garantite dallo Stato attraverso il Fondo per le Piccole e Medie Imprese.

Le provviste sono state, poi, illecitamente drenate verso altre società compiacenti, compromettendo le pretese creditorie degli istituti di credito, i quali però - in forza della garanzia pubblica - hanno riversato su Mediocredito Centrale l’intero pregiudizio patrimoniale subito con la truffa, per un ammontare di circa 25 milioni di euro.

Numerose società di comodo, esaurita la loro vita utile e gravate da ingenti debiti fiscali, sono state condotte al fallimento, circostanza che ha portato alla contestazione del reato di bancarotta fraudolenta nei confronti dei responsabili.

Le risorse finanziarie illecitamente drenate dal sistema bancario sono state poi riciclate secondo due distinte modalità.

Da un lato, i fondi sono stati dirottati nell’acquisto di ricariche telefoniche per diversi milioni di euro, con conseguente monetizzazione della frode grazie alla loro vendita “in nero” a soggetti terzi.

Parallelamente, si è assistito al trasferimento dei proventi illeciti su conti correnti esteri intestati a soggetti economici di diritto cinese e alla successiva retrocessione in contanti ai vertici dell’organizzazione. Il flusso di ritorno del denaro così riciclato era gestito da soggetti di nazionalità cinese ed agevolato dalla compiacenza di un funzionario di banca.

Si rappresenta che il procedimento penale verte nella fase delle indagini preliminari e che, per il principio della presunzione di innocenza, la responsabilità delle persone sottoposte ad indagini sarà definitivamente accertata solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.



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