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Esecuzione ordinanza di custodia cautelare personale nei confronti di 39 persone a Bari - Sequestrati beni per un valore di circa 10 milioni di euro

 


Il procedimento penale, da cui scaturisce l’operazione “Mari e Monti”, rappresenta la più complessa, strutturata e, allo stesso tempo, innovativa indagine effettuata nel distretto barese sulla criminalità organizzata di tipo mafioso operante nella provincia di Foggia.


La complessità strutturale è direttamente ricollegata all’ambizioso obbiettivo della progettualità investigativa: verificare la perdurante operatività criminale dell’associazione mafiosa garganica denominata clan li Bergolis, da epoca successiva al suo definitivo riconoscimento giudiziario, risalente al 2009, fino all’attualità, colmando, in tal modo, una lacuna ricostruttiva estesa per un arco temporale di 15 anni.


Sono stati acquisiti e messi a sistema gli esiti investigativi e giudiziari di una molteplicità di procedimenti penali, con l’utilizzazione di una copiosa e variegata serie di elementi, arricchitasi, negli ultimi tempi dei preziosi contributi di importanti collaboratori di giustizia.


Molteplici i profili di novità, sia sul piano della composizione del gruppo di lavoro preposto all’acquisizione, all’analisi e allo sviluppo delle risultanze investigative sia in relazione alla metodologia di contrasto adottata, caratterizzata dal concomitante impiego dei plurimi e diversificati strumenti dell’attività di contrasto alle organizzazioni mafiose, sia in chiave repressiva che preventiva.


È la prima volta, infatti, che una indagine antimafia della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari vede il concomitante coinvolgimento della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, dei Servizi Centrali e Interprovinciali di Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza e dei loro ulteriori organismi territoriali.


Ulteriore significativo elemento di novità è dato dal fatto che l’azione di contrasto si sia caratterizzata per la concomitante esecuzione di misure cautelari personali e reali disposte dal GIP del Tribunale di Bari, di sequestri di prevenzione patrimoniale, adottati in via di urgenza dalla sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Bari (su proposta formulata congiuntamente dal Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e dal Procuratore della Repubblica di Bari) e di provvedimenti ministeriali applicativi del regime detentivo speciale di cui all’art. 41 bis per alcuni indagati.


Il percorso evolutivo del clan li Bergolis risulta caratterizzato dalla coesistenza di elementi legati alla tradizione con profili di significativa modernità, con la conseguente capacità di associare alla sua originaria configurazione conforme agli schemi della cd. “mafia militare”, il più evoluto e sofisticato profilo di “mafia degli affari”.


In perfetta continuità con la sua genesi, il sodalizio mafioso garganico si caratterizza per la sua forte connotazione familistica e per un radicamento territoriale quanto mai pervasivo, elementi che hanno, nel tempo, assicurato tenuta omertosa, saldezza del vincolo associativo e generalizzata capacità di condizionamento ambientale, aspetto quest’ultimo, particolarmente evidente, in forma talvolta eclatante, nel favoreggiamento delle latitanze e nell’esercizio della pratica estorsiva, imposta come riconoscimento di una tassa di sovranità e quasi sempre caratterizzata da una minaccia tacita, realizzata mediante comportamento concludente, con assenza di denuncia da parte degli imprenditori taglieggiati.


Sul piano degli assetti organizzativi, l’organizzazione mafiosa si caratterizza per la coesistenza di una pluralità di cellule, dislocate in varie località del promontorio, dotate di autonomia operativa ma gerarchicamente riconducibili, sul piano endo-associativo, ad un’unica linea di comando di tipo verticale.


Elemento centrale che caratterizza i profili metodologici e le strategie operative del sodalizio mafioso garganico è rappresentato dalla feroce contrapposizione armata con il clan Romito-Lombardi-Ricucci, che ha generato, nel corso di oltre un decennio, una inarrestabile scia di sangue, culminata nel quadruplice omicidio di Apricena del 9.8.2017 (impropriamente noto come “strage di S. Marco in Lamis”), nell’ambito del quale furono barbaramente uccisi anche due agricoltori assolutamente estranei alle dinamiche mafiose.


La capacità di reclutamento di soggetti minorenni è una peculiare caratteristica del clan li Bergolis, con l’attivazione di un percorso di tutoraggio delle c.d. giovani leve, la cui affidabilità viene inizialmente saggiata con il loro impiego nella commissione di reati predatori.


Significativamente allarmante è stata la capacità del sodalizio di crescere e svilupparsi anche in costanza di regimo carcerario di molti dei suoi membri più autorevoli.


A comprova dell’assoluta inidoneità del regime di “alta sicurezza”, a cui gli esponenti apicali del clan li Bergolis sono stati fino ad ora sottoposti, ad impedire il mantenimento dei collegamenti con il sodalizio mafioso di appartenenza e con i più vasti circuiti delle organizzazioni mafiose operanti nella provincia di Foggia, l’indagine ha messo in evidenza la capacità di sviluppare, mediante pizzini veicolati dai familiari, l’uso della corrispondenza epistolare e l’abusivo utilizzo di apparati cellulari, uno stabile canale di collegamento endo-associativo anche in ambito carcerario, finalizzato alla gestione della cassa comune, all’assistenza economica degli associati detenuti, all’attuazione degli scopi associativi e alla promozione e sviluppo del traffico di droga.


L’attuale quanto mai allarmante spiccata vitalità operativa del clan li Bergolis è stata drammaticamente posta in evidenza dall’inarrestabile percorso espansivo compiuto dal sodalizio mafioso negli ultimi anni, chiaramente orientato a proiettare la propria egemonia, originariamente radicata nell’entroterra, sulle coste garganiche compiendo, in tal modo, un decisivo salto di qualità nel processo di modernizzazione.


Il controllo di Vieste, conseguito all’esito di una ulteriore sanguinosa estensione in quell’area del conflitto armato con il contrapposto clan Romito-Lombardi- Ricucci, ha consentito al clan li Bergolis di occupare uno spazio significativo nella rete del narco-traffico internazionale, ponendosi quale affidabile interlocutore dei cartelli criminali albanesi e di importanti cosche della ‘ndrangheta reggina.


Gli ingenti capitali derivanti dal narcotraffico internazionale hanno favorito il percorso di infiltrazione nel tessuto economico imprenditoriale, messo anche in evidenza dalle numerose interdittive antimafia disposte dal Prefetto di Foggia, con riferimento ad imprese ritenute, in qualche modo, riconducibili o comunque collegate al clan li Bergolis.


La penetrante capacità di condizionamento mafioso del clan li Bergolis ha riverberato i suoi effetti anche sull’apparato politico- amministrativo locale, generando, nell’ultimo decennio, lo scioglimento per mafia dei comuni di Monte S. Angelo, Mattinata e Manfredonia.


L’ordinanza cautelare ha disposto la custodia in carcere di 37 indagati (tra cui una donna) e gli arresti domiciliari per altri 2 (compresa una donna). Alcuni di tali soggetti sono già detenuti.


Agli indagati vengono contestati n. 48 capi di imputazione, segnatamente:

− 1 associazione mafiosa (a carico di 25 indagati);

− 2 associazioni finalizzate al traffico di stupefacenti (una a carico di 11 indagati, l'altra a carico di 10 indagati);

− 21 delitti in tema di stupefacenti;

− 11 delitti estorsivi;

− 5 delitti in materia di armi;

− 9 delitti vari (rapina, furto aggravato, favoreggiamento, trasferimento fraudolento di valori, ricettazione).


10 milioni di euro circa è il valore complessivo sottoposto a sequestro patrimoniale. Il procedimento “Mari e Monti” avrebbe dovuto ricomprendere ulteriori 7 posizioni soggettive di esponenti della consorteria tutti deceduti per morte violenta a causa di lesioni da colpi d’arma da fuoco.


Il GIP ha ritenuto, altresì, di rigettare la misura nei confronti di ulteriori 7 indagati, dei quali 2 per mancanza di gravità indiziaria e 5 per mancanza di attualità di esigenze cautelari (sebbene ne riconosca la gravità indiziaria).


I numeri dell’indagine:

- 33 interrogatori resi da 18 differenti collaboratori di giustizia, per totali 3580 pagine;

- 75 intercettazioni di differenti utenze telefoniche; ▪ 53 ambienti oggetto di intercettazione tra presenti;

- 16 apparati telefonici oggetto di intercettazione telematica con captatore informatico;

- 22 siti sottoposti a videosorveglianza;

- 16 intercettazioni di colloqui carcerari (con 43 colloqui utilizzati)

- 160 pronunce giudiziarie acquisite e versate in atti;

- 26 procedimenti penali collegati, analizzati;

- 3 provvedimenti di scioglimento comunale (Monte S. Angelo, Mattinata e Manfredonia)

- 14 interdittive antimafia esaminate;

- un elevato numero di verbali di arresto e di annotazioni di p.g.

- sequestri, nel tempo, di 11 fucili, 9 pistole, 3 ordigni esplosivi, 10 kg di materiale esplosivo, 636 munizioni.

- sequestri, nel tempo, di 1674 Kg di marijuana; 1, 3 Kg di cocaina; 1 kg. di eroina; 3 kg di hashish.

- 120 soggetti analizzati per le misure patrimoniali.


Lo stato di belligeranza permanente tra le due organizzazioni mafiose a far data dal 2009 ha originato 21 omicidi e 18 tentati omicidi, talchè è immanente il rischio di pianificazione e consumazione di ulteriori fatti di sangue.


Pertanto, non sorprende che il giudice nel provvedimento cautelare definisca lo scenario associativo investigato come “la più allarmante criminalità organizzata del territorio pugliese”.



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