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Colpo durissimo alla criminalità organizzata. 16 arresti in una mxi operazione

 


Comando Provinciale di Lecce - Gallipoli, Nardò, Galatone, Sannicola e Seclì, 21/10/2025 12:11

Questa mattina, nei comuni di Gallipoli, Nardò, Galatone, Sannicola e Seclì nonché presso la Casa Circondariale di Lecce, i Carabinieri del Comando Provinciale di Lecce hanno portato a termine una vasta operazione contro un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti operante nella parte ionica del Salento. L’intervento ha mobilitato 120 militari, supportati dai comandi territoriali, dal 6° Nucleo Elicotteri di Bari Palese, dallo Squadrone Eliportato Cacciatori “Puglia”, dal Nucleo Cinofili di Modugno (BA), nonché dai militari dell’11° Reggimento “Puglia”.
Su disposizione del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Lecce, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia, sono state eseguite misure cautelari di cui 7 in carcere e 9 ai domiciliari  su un totale di 51 indagati. Gli arrestati sono gravemente indiziati di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacentidetenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, rapina con armi, tentata estorsione, incendio, lesioni personali aggravate dalla deformazione dell’aspetto e altro, con l’aggravante del metodo mafioso.
Tutto comincia nel giugno del 2020, con l’arresto in flagranza, per spaccio di stupefacenti avvenuto a Galatone di un giovane cl. 1999. I successivi approfondimenti investigativi avviati dai militari dell’Arma consentivano di individuare l’esistenza di due filoni paralleli, in costante contatto, che si spartivano le due principali aree di spaccio della parte ionica del Salento, suddivise tra i centri di Nardò – comprensiva delle due marine Santa Caterina e Santa Maria al Bagno e Gallipoli – comprendente Galatone e Sannicola.
Quello che sembrava un’attività di P.G. apparentemente isolata si è rivelata ben presto la punta dell’iceberg di due strutture criminali ramificate, ben suddivise sui “rispettivi territori”, capaci di piazzare ingenti quantitativi di stupefacente. In particolare, l’organizzazione operante sull’area di Nardò è caratterizzata da struttura verticistica in grado di gestire una sistematica attività di spaccio di stupefacenti aggravata dal tipico ricorso alla violenza, in perfetto stile mafioso, anche mediante l’utilizzo di armi, finalizzata tanto al recupero dei crediti derivanti dalle cessioni di stupefacente, quanto al controllo del territorio ed al conseguente riconoscimento del proprio potere sull’intera piazza neretina.
A riguardo, alcuni episodi hanno destato l’attenzione degli inquirenti. Un caso eclatante è stato quando dopo un prelievo di denaro presso un bancomat, una vittima veniva avvicinata da alcuni individui armati che, con violenza e minaccia, la costringevano a cedere il controllo della propria autovettura.
Durante il tragitto, la vittima veniva colpita con schiaffi e minacciata con una pistola, puntata alla gamba destra e al volto, fino a essere condotta in un luogo isolato, dove i malviventi la derubavano di una somma in contanti di 350 euro e delle chiavi dell’auto.
Uno degli aggressori esplodeva successivamente due colpi d’arma da fuoco in direzione dell’automobile, uno dei quali colpiva lo sportello dal lato del conducente.
In un'altra circostanza invece, nei pressi di un bar di Nardò, una vittima è stata aggredita da uno dei sodali in modo violento, colpendola reiteratamente con una violenza inaudita e sproporzionata anche dopo che la stessa era caduta al suolo, con calci e pugni al volto, abbandonandolo per terra, causandogli la deformazione e lo sfregio permanente del viso.
Per mesi i Carabinieri hanno seguito le tracce delle due strutture criminose, intrecciando intercettazioni, pedinamenti, osservazioni discrete e perfino ricognizioni aeree. Un lavoro paziente che ha svelato un traffico continuo di cocaina, eroina, marijuana e hashish, smerciati non solo nei centri abitati ma anche nelle località marine più frequentate della zona.
Nell’organizzazione, un ruolo primario è stato rivestito anche dalle donne di famiglia. Infatti, alcune avevano ruoli centrali, quali referenti dediti tanto al rifornimento dei pusher quanto allo spaccio al dettaglio. Altre gestivano lo spaccio e lo stoccaggio della droga, controllavano gli approvvigionamenti e le consegne, alcune avvenute anche alla presenza del figlio minore di una delle sodali. Spesso, utilizzavano autovetture di terzi soggetti estranei alla compagine criminale con il compito di “apripista”, agevolando così lo spostamento dello stupefacente.
Un’altra donna, vicina al capo, gestiva per conto suo i contatti telefonici, organizzava gli incontri con le altre figure di spicco dell’organizzazione e svolgeva, di fatto, il ruolo di “telefonista”. In tali circostanze, adottava cautele particolari al fine di eludere il controllo delle forze dell’ordine, quali l’utilizzo di chat dedicate create su piattaforme multimediali di difficile captazione (WhatsApp e Telegram).
Infatti, nell’azione delle due strutture, determinante è stato l’uso della tecnologia e l’ampio ricorso ai sistemi di messaggistica istantanea da parte dei fruitori finali, che contattavano i loro pusher di riferimento per “ordinare” le dosi. In alcuni casi, gli stessi pusher, per assicurarsi della qualità del “prodotto” ceduto, ricontattavano i “clienti” per acquisire una “recensione” sullo stupefacente e quindi fidelizzare il cliente.
La droga, chiamata in codice con i più disparati appellativi richiamanti cibi o bevande come ad es. “birra” o “pane fatto in casa”, veniva prelevata da nascondigli sicuri, “predisposta” in piccole dosi e smerciata ai pusher per la diffusione sul territorio.
Un sistema collaudato che ha permesso alle due frange di accumulare ingenti profitti, sulla parte ionica del Salento, fino all’intervento risolutivo di oggi.
Il bilancio complessivo dell’operazione è eloquente: dieci arresti in flagranza, il sequestro di quantitativi di cocaina, eroina, hashish e marijuana, che avrebbero potuto inondare il territorio con quasi 5.000 dosi da piazzare al dettaglio.
Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce ha ritenuto gravi gli elementi investigativi acquisiti dai Carabinieri della Compagnia di Gallipoli, ha condiviso l’impostazione accusatoria della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, emettendo dunque l’ordinanza di custodia cautelare a cui il Comando Provinciale Carabinieri di Lecce ha dato esecuzione nella mattinata odierna. 
È obbligo rilevare che gli odierni indagati e destinatari della misura restrittiva, sono, allo stato, indiziati di delitto, pur gravemente, e che la loro posizione sarà definitivamente vagliata giudizialmente solo dopo la emissione di una sentenza passata in giudicato in ossequio ai principi costituzionali di presunzione di innocenza.

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