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33 cittadini indiani ridotti in schiavitù a Verona - In carcere i due "caporali"

 


In continuità con la recente attività svolta dalla dipendente Compagnia della Guardia di Finanza di Legnago che aveva consentito di denunciare due cittadini di nazionalità indiana, residenti in Cologna Veneta (VR), indagati per i reati di cui all’art. 600 c.p. (Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù) e all’art. 603 bis c.p. (Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro), l’Autorità Giudiziaria scaligera ha emesso nei loro confronti due ordinanze di custodia cautelare in carcere.


Dalle attività di indagine era emerso che i due responsabili avevano costretto a lavorare 33 cittadini indiani - tutti sprovvisti di documento di identità - in totale stato di sfruttamento, maltrattamento e segregazione, costringendoli a vivere in condizioni precarie e degradanti, in evidente spregio di qualsivoglia norma igienico-sanitaria.


La tempestiva emissione delle ordinanze si è resa necessaria alla luce dell’elevato rischio di inquinamento probatorio: infatti, uno dei due caporali – repentinamente rientrato in India il giorno seguente al blitz – aveva iniziato ad esercitare forti pressioni nei confronti delle famiglie dei braccianti affinché gli stessi ritrattassero quanto riferito ai Finanzieri. Le stesse si erano indebitate, arrivando anche ad impegnare tutti i loro beni, per pagare i 17.000 euro richiesti dai caporali con cui avevano garantito il permesso di lavoro per l’ingresso e la permanenza nel territorio Italiano. Qualche giorno dopo il suo rientro in Italia, l’amara sorpresa.


Nella mattinata di oggi, infatti, i Finanzieri della Compagnia di Legnago hanno dato esecuzione ai due provvedimenti – emessi dal GIP del Tribunale di Verona – a carico dei responsabili, i quali sono stati tradotti presso la Casa Circondariale di Montorio Veronese a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.


La colpevolezza dei due soggetti sarà definitivamente accertata solo all’esito del giudizio con sentenza penale irrevocabile, vigendo la presunzione di innocenza prevista dall’art. 27 della Costituzione.



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