Prestavano soldi con tassi d’interesse anche al 240% annui soprattutto a persone anziane in difficoltà economiche.
A Taranto, la Squadra mobile, questa mattina, ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 8 persone responsabili di usura ed esercizio abusivo di attività finanziaria.
L’organizzazione, composta in gran parte da donne era specializzata nell’usura.
A capo una 72enne del centro città che avvalendosi dell’aiuto di suoi familiari e conoscenti, era diventata il punto di riferimento di una larga cerchia di persone; si rivolgevano a lei per le ragioni più disparate, dai bisogni primari fino alle più futili esigenze come trascorrere le serate nelle sale Bingo.
Le indagini prendono il via nel 2018 dopo la segnalazione di una donna con i genitori anziani vittime di usura. Pochi gli elementi a disposizione degli investigatori che però in breve tempo sono riusciti a ricostruire le dinamiche dell’attività illecita dell’organizzazione.
È emerso che proprio gli abituali frequentatori di due sale bingo della città fossero le “prede” preferite degli usurai: giocatori compulsivi o in alcuni casi anche anziani soli avvicinati dai componenti dell’organizzazione e messi in contatto con la donna che era diventata un vero e proprio bancomat della zona.
Le indagini hanno accertato che nella maggior parte dei casi le richieste di denaro venivano immediatamente esaudite. Chi aveva bisogno di soldi si recava di persona nell’appartamento della donna o addirittura ritirava le somme in contanti attraverso un montacarichi installato presso il balcone interno nel cortile dello stabile.
Nel caso in cui la vittima non fosse riuscita ad adempiere alla restituzione del debito e dopo alcuni tentativi telefonici da parte dell’organizzazione, veniva letteralmente “umiliata” pubblicamente in maniera plateale e sguaiata. Questo bastava per assoggettare le vittime ed assecondare le richieste usuraie.
A febbraio dello scorso anno, gli investigatori avevano eseguito una perquisizione nella casa della donna riuscendo a recuperare dei quaderni che riportavano numeri di telefono e somme “prestate”.
Un vero e proprio libro mastro dove venivano registrati tutti gli importi elargiti, le rate pagate alle scadenze, fino al cosiddetto “montante”: l’importo finale da riscuotere.
Dall’analisi delle date e delle somme ritrovate nei quaderni, gli investigatori sono risaliti indietro nel tempo e hanno potuto accertare che l’attività andava avanti fin dal 2012 con un notevole giro d’affari.
L’entità dei singoli prestiti e i tassi di interesse applicati nella maggior parte dei casi erano compresi tra il 60 e l’80% annuo, fino ad arrivare in alcune altre circostanze anche al 240%.