OMICIDIO DI MAFIA A PESARO: NON CADERE MAI NELLA TRAPPOLA CHE LA MAFIA NON SPARA PIÙ O DIMENTICA... di Giuseppe Lumia
A Pesaro si è consumato un gravissimo omicidio di mafia proprio in pieno centro. Ad agire due killer a volto coperto; ad essere colpito il fratello di un collaboratore di giustizia calabrese. L’agguato è stato realizzato platealmente la notte di Natale.
Il Capo della Procura Nazionale Antimafia, Federico Cafiero De Raho, ha spiegato bene il carattere mafioso dell’omicidio e il segnale di sfida che con esso viene lanciato allo Stato.
C’è, insomma, da riflettere per individuare e superare alcune trappole in cui spesso si cade.
PRIMA TRAPPOLA: LE MAFIE NON SPARANO PIÙ.
Per mesi e mesi si è diffuso uno strano _leitmotiv_ legato all’analisi che le mafie non ricorrono più all’uso della violenza, e in particolare degli omicidi, perché ormai si sono trasformate in “mafia d’affari”. Una cosa è invece certa: le mafie più si tuffano negli affari più mantengono sul tavolo del proprio agire il possibile uso della violenza. In sostanza al famoso _kalashnikov_ non si rinuncia mai. L‘Ndrangheta, come le altre mafie, è un sistema integrato formato da diversi lati tra di loro complementari: proiezioni negli affari e nella finanza; collusioni politico-istituzionali-burocratici; un certo modo di agire e di pensare sociale e infine, sempre presente, l’uso della violenza anche militare. Anche quando la mafia si veste di “colletto bianco” non dismette mai il lato violento. A seconda dei momenti, delle possibilità e delle necessità avanza un lato del sistema, spesso quello economico, ma gli altri lati sono tutti pronti ad essere usati. Vanno pertanto colpiti tutti i lati del sistema mafia senza limitarsi a descriverne come esclusivo soltanto uno di essi. Viceversa si rischia di farsi trovare impreparati o di fare addirittura il loro gioco, soprattutto quando si passa alle armi. All’ultimo Vertice Nazionale della Fondazione Caponnetto il Presidente Salvatore Calleri ha messo chiaramente in discussione l’idea che la mafia non spara più.
LA SECONDA TRAPPOLA: POSSIAMO SMETTERE DI PROTEGGERE CHI SI ESPONE PERCHÉ LA MAFIA DIMENTICA.
Un altro luogo comune che va sfatato è che la mafia dimentica. Non è così! Quando è necessario si consumano vendette o si eseguono le loro condanne a morte anche a distanza di anni e anni. Abbassare la guardia è pertanto un gravissimo errore. Lo Stato ci cade spesso: prima promette sicurezza, poi pian piano si rimangia tutto. Questo aspetto vale per i Collaboratori di Giustizia ma anche per i Testimoni di Giustizia e per tutti quegli esponenti della società civile o delle istituzioni che hanno subito delle vere e proprie condanne a morte per avere combattuto sul serio e concretamente le mafie. Ad esempio Giuseppe Antoci, Paolo Borrometi, Ignazio Cutro’ da mesi e mesi nei rispettivi ruoli ripetono che sperare nella distrazione o dimenticanza della mafia rende debole lo stesso Stato che deve mantenere gli impegni di sicurezza e protezione assicurati a caldo quando l’esposizione è eclatante.
TERZA TRAPPOLA: LE MAFIE SPARANO SEMMAI SOLO AL SUD
Altro tragico errore è pensare che le mafie usino violenza solo nelle tradizionali Regioni di provenienza perché nel Centro Nord fanno solo affari. Non è mai stato così e non sarà mai così. Certo il lato degli affari è quello che viene privilegiato ma dietro la facciata anche gli altri lati sono pronti ad essere usati, compreso il lato violento. È successo a Natale a Pesaro, così in altri posti lontani dal Sud. Pensate a quello che successe a Duisburg nella notte del Ferragosto del 2007 nel ristorante italiano, _Da Bruno_. Anche allora la lezione non fu capita. Quando in Germania arrivavano i capitali di mafia per riciclare ed investire nella ricostruzione dell’Est non si ebbe il coraggio di denunciare e di prendere le necessarie contromisure, quando si passó alle armi si gridò allo scandalo solo per qualche giorno. Il “negazionismo” e, sempre più oggi, il subdolo “minimalismo” fanno male al Paese intero, anche a quei territori del Centro Nord del Paese dove oramai le mafie sono ben radicate e pronte ad agire anche con l’uso della violenza mafiosa. Documenti della Commissione Antimafia e processi di un certo spessore come “Infinito” o “Crimine” in Lombardia o “Minotauro” in Piemonte o Il recentissimo processo “Aemilia”, solo per ricordare i più famosi, devono piuttosto stimolare la scelta di colpire l’intero e integrato sistema mafioso anche al Nord, senza mai sottovalutare alcun profilo, compreso quello violento della presenza mafiosa.
Giuseppe Lumia