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Roma: furto e riciclaggio internazionale di auto, 12 arresti



Si è conclusa questa mattina all’alba, con 12 arresti, l’operazione della Polizia Stradale “Hybrid“, che ha permesso di scoprire un’associazione per delinquere specializzata in furto e riciclaggio di auto. Gli arresti sono stati eseguiti tra Roma e i comuni laziali di Nettuno e Marino, con l’impiego di oltre 90 uomini della Stradale e con l’ausilio delle unità cinofile della questura di Roma; uno degli associati è stato preso a Udine. In quasi un anno di lavoro, sono state arrestate complessivamente 30 persone tra cittadini italiani, albanesi, moldavi e polacchi che risponderanno, in associazione, di riciclaggio di veicoli, furto, ricettazione, falso e occultamento di documenti. In molti casi, i crimini venivano commessi, pianificati, diretti e controllati anche da altri Paesi (Polonia, Bulgaria, Albania, Spagna e Germania). Nel corso dell’intera operazione sono stati recuperati un centinaio di veicoli rubati, talvolta già smontati e ridotti in pezzi di ricambio; sono inoltre stati sequestrati documenti e attrezzature utilizzati per le attività illecite. Il gruppo criminale si muoveva su due fronti. La prima “attività” era quella di ricettare i pezzi di ricambio scegliendo i veicoli più idonei per la “cannibalizzazione”, ovvero lo smontaggio dei costosi pezzi di ricambio che, privati degli elementi identificativi, venivano immessi nel mercato internazionale clandestino, anche attraverso i circuiti di vendite online. Nel secondo caso, mettendo in campo le loro competenze, i criminali individuavano i veicoli di grossa cilindrata da vendere in nero nel mercato parallelo, dopo averle “ripulite”. Ne effettuavano la nazionalizzazione attraverso l’impiego di documenti esteri falsi o di illecita provenienza. Le auto “ripulite” venivano, poi, distribuite in Italia e nei Paesi dell’est europeo. Il capo della banda era un cittadino albanese che si avvaleva della stretta collaborazione di due fidati complici italiani e di un assortito gruppo di malviventi a cui erano affidati precisi incarichi: il furto delle auto, il trasporto delle stesse presso le officine improvvisate, le attività di smontaggio, il reperimento dei documenti per le nazionalizzazioni, fino ad arrivare alla spedizione dei veicoli ripuliti. Nell’attività criminale erano coinvolti anche due autodemolitori della periferia romana che avevano il compito di far sparire definitivamente le parti delle auto “scomode” frantumandole dentro le presse. L’organizzazione, ben inserita nei contesti criminali romani, vantava un forte vincolo associativo, e il possesso di ingenti risorse di denaro, derivate dal riciclaggio di veicoli, ma anche dallo spaccio di sostanze stupefacenti. È emerso inoltre che parte dei proventi illeciti venivano impiegati nell’acquisto dell’attrezzatura meccanica e tecnologica per le attività criminose, nonché nel sostegno delle famiglie e nell’assistenza legale ai membri dell’organizzazione rimasti coinvolti in vicende giudiziarie. Per non essere scoperti, i vertici dell’organizzazione avevano imposto l’adozione di diverse cautele come cambiare frequentemente base di appoggio (capannoni, box e officine), sempre prescelte in luoghi isolati, e telefoni cellulari, registrando sia le une che gli altri ad intestatari fittizi. In uno degli interventi della Polizia stradale è stato fermato un autotreno, con gli interni perfettamente “schermati”, ove erano stati nascosti centinaia di pezzi di ricambio, appartenenti a 18 veicoli di media e grossa cilindrata, rubati a Roma e provincia e diretti in Polonia.

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